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Notiziario Marketpress di Lunedì 22 Novembre 2010
 
   
  TRENTO, DELLAI: AUTONOMIA VUOL DIRE RESPONSABILITÀ IL PRESIDENTE AD AOSTA, OSPITE DELL´EDIZIONE 2010 DI "INCONTRO CON IL PERSONAGGIO"

 
   
   Trento, 22 novembre 2010 - ´´Lo Stato ci chiede di essere corresponsabili, come siamo sempre stati. Avremo bilanci meno ricchi ma, speriamo, un´autonomia più consolidata. E più autonomia vuol dire più responsabilità, non più privilegi´´. Lo ha detto ieri il presidente della Provincia autonoma di Trento, Lorenzo Dellai, ad Aosta. ´´Il federalismo - ha aggiunto - è stato pensato per le regioni ordinarie e significa che lo Stato cede qualche competenza. Le autonomie sono diverse, preesistevano storicamente, e in questa fase assumono un valore sempre maggiore´´. L´occasione dell´intervento di Dellai è stata offerta, presso il Seminario vescovile, da “Incontro con il personaggio”, appuntamento promosso dal vescovo di Aosta, monsignor Giuseppe Anfossi, in collaborazione con il Consorzio degli Enti Locali della Valle d’Aosta. L’ospite dell’edizione 2010 è stato appunto il presidente della Provincia autonoma di Trento, Lorenzo Dellai, che ha proposto un approfondimento sul tema “Le nuove sfide dell’Autonomia: le comunità autonome di fronte ai cambiamenti del nostro tempo”. Ha partecipato all’incontro il presidente della Regione autonoma Valle d’Aosta, Augusto Rollandin. L’iniziativa è giunta alla sua quarta edizione e si inserisce in un piano formativo destinato agli amministratori di ente locale, per promuovere un momento di riflessione e di approfondimento. Nel suo lungo ed articolato intervento – dopo aver ringraziato per l’invito in una terra che, così come il Trentino, conosce bene il percorso severo e faticoso dell’autonomia – il presidente Dellai ha affrontato il tema del federalismo, “che non è autonomia”. E delle sfide di quest´ultima, che “sono esterne – proprio il federalismo ne è un esempio - ma anche interne”. Dellai ha iniziato dalle sfide esterne. “Il processo di federalismo oggi in atto nel nostro Paese – ha detto – non deve farci dimenticare che federalismo ed autonomia sono cose diverse. Il federalismo è il tentativo di decentrare, l’autonomia non è questo. Noi siamo autonomi perché lo Stato centrale ha intelligentemente riconosciuto che per noi l’autonomia era ed è il vestito che più si adatta alla nostra storia, al nostro percorso. Non c’è stato e non può esserci alcun paternalismo in questo, noi siamo portatori di un percorso diverso all’interno del quale è il senso di responsabilità, prima di tutto, a prevalere”. “Oggi abbiamo davanti – ha proseguito Dellai – un’altra sfida importante, quella contro la banalizzazione di chi vorrebbe ridurre tutto questo ad un ammasso di apparati e risorse finanziarie, quando invece la globalizzazione ci chiama a confrontarci fra i luoghi e i flussi. Sì, perché le nostre autonomie sono state costruite ed impostate nell’epoca in cui il problema era avere poteri e strumenti per governare ciò che accadeva dentro i nostri territori. Si trattava di processi nostri, in una certa misura prevedibili. Oggi dobbiamo invece misurarci con tutti i flussi culturali, oggi si è autonomi non tanto e non solo se si governa “dentro”, ma se ci si rapporta con autorevolezza con l’esterno. Se ci si rappporta con problemi che erano totalmente sconosciuti ai nostri padri”. Ecco dunque la sfida interna. “Il rischio di adagiarsi, la tentazione di scelte che non considerino la responsabilità, magari in nome di quella sindrome che ci fa dire “sì”, purché “non sul mio”. Il rischio che si considerino la ricchezza sociale e collettiva, che le generazioni che ci hanno preceduto hanno saputo conquistare, come un traguardo raggiunto una volta per sempre. Non è così”, ha detto Dellai. Ed ha aggiunto: “Il Trentino era una delle zone più povere, prima di diventare quello che è. Ricordo che fino agli inizi degli anni Settanta l’emigrazione era realtà, da noi. Non è passato tanto tempo e non smetto di rammentarlo ai miei concittadini. L’epoca della globalizzazione può produrre ricchezza o povertà in un lasso di tempo sconosciuto. E dunque non ci si deve attardare in pericolosi letarghi e va compreso che la ricchezza prima va prodotta e poi distribuita, con velocità e dinamicità”. Il presidente Lorenzo Dellai ha poi parlato della seconda sfida interna: “Il rischio della perdita della memoria storica. Parte dell’opinione pubblica non ha compreso perché avessimo voluto introdurre in Trentino l’insegnamento della storia locale nei programmi scolastici. Ed invece io vedo questo passaggio come una sfida enorme in una realtà, quella odierna, e in questo tempo convulso che tutto appiattisce sull’oggi. Rischiamo davvero di non avere la percezione del passato e men che meno quella del futuro. Per le autonomie speciali il rischio di perdere la memoria storica è tremendo. Non parlo solo della memoria istituzionale, sia chiaro. Certo, abbiamo voluto non a caso istituire la Giornata dell’autonomia, nel giorno dell’accordo tra Degasperi e Gruber che sancì la specificità autonomia della nostra terra. Ma non è solo questo: si tratta della memoria del processo storico e del processo umano che ha portato alla costruzione della nostra autonomia. Questo punto riguarda la scuola, e i genitori. E riguarda le istituzioni scientifiche che non possono più stare rinchiuse nei loro musei – sempre più belli per fortuna - ma dovranno tornare di nuovo a contatto con la gente, inventando linguaggi capaci di comunicare alle nuove generazioni che cos’è questa autonomia, che strana bestia è”. Dellai ha poi parlato di una terza sfida interna: “Le autonomie speciali sono luoghi dove il rischio della concentrazione del potere è un rischio forte. Le province autonome esercitano poteri forti, succede perché l’acquisizione di funzioni è straordinaria. Penso che questo potere vada ripartito, perché la concentrazione produce effetti distorsivi. Si deve puntare dunque ad una autonomia diffusa. In Trentino abbiamo discusso a lungo di questo: abbiamo recentemente dato vita ad una esperienza nuova, le Comunità di valle, che hanno il compito di ricevere poteri e funzioni che la Provincia autonoma di Trento si è resa conto di non poter più gestire direttamente. Ecco, penso che questi rischi si superino proprio con tentativi di ripartizione dei poteri. Le Comunità sono state elette direttamente dal popolo, una esperienza assolutamente nuova. Certo, la concetrazione di potere pone sfide che coinvolgono anche la società civile che sembra talvolta, è opinione diffusa, quasi schiacciata dal pubblico. Penso che sia esagerata questa visione, però qualche volta capita. Per questo c’è bisogno che ad un potere istituzionale forte si opponga, costruttivamente, una società civile forte che sappia a sua voltacostruire comunità. Istituzioni forti presuppongono comunità forti e viceversa. Non lo nego: registriamo un po’ di stanchezza. Non è possibile, non ci è permessa. Bisogna alimentare l’autonomia con la benzina della partecipazione, pensiamo semmai a forme nuove di coinvolgimento, se è vero che i partiti sono in crisi”. Ancora una sfida, nell’analisi del presidente Dellai, “più sottile ma non meno insidiosa, quella dell’omologazione culturale. Non vi é autonomia speciale se prevale l’omologazione, perché l’autonomia non si cala dall’alto e perde legittimazione se non vive dentro la coscienza dei suoi protagonisti. Ecco il tema dei valori, dei modelli. Penso al tema della montagna e dei valori che sottende, penso ai processi di secolarizzazione in atto nei nostri territori, ma anche ai linguaggi, certamente necessari, della modernità. Tuttavia abbiamo un dovere in più: resistere ai processi dell’omologazione. È questo il tema dell’identità. A tutti noi occorre tanto l’ identità collettiva quanto quella territoriale. Essere cittadini di una autonomia speciale richiede dei doveri in più, altro che privilegi. È la cittadinanza più esigente quella dei cittadini che vivono nelle realtà a statuto speciale. Perché questo “vivere autonomi” ci pone dei doveri sul piano etico, comportamentale, dei principi e dei valori, del gusto di fare le cose che abbiamo il dovere di fare. Dello spirito di disponibilità verso gli altri. Dobbiamo avere il coraggio di essere esempio al resto del Paese, in particolare in un momento come questo, in questa stagione difficile. E non mi riferisco tanto alle contingenze politiche, quanto al venire meno del tessuto civile, del senso di appartenenza, di quel costume che denota democrazia matura e consapevole. Noi dobbiamo fare questo perché abbiamo degli strumenti in più. Dobbiamo con convinzione sentirci parte di un disegno più esigente, contro l’omolagazione culturale”. Infine l’ultima sfida, quella che riguarda i giovani. “Non dobbiamo perdere i ragazzi, non dobbiamo permettere che le loro tracce spariscano dai radar dell’autonomia. Certo, registriamo aspettative, domande, richieste di sostegno, leggi ma fatichiamo a registrare sul nostro radar i ragazzi ed i giovani. E forse questa è la sfida più importante, perché riguarda il futuro. Trasmettere ai ragazzi il senso e lo spirito dell’autonomia, questo dobbiamo fare. E l’autonomia non è quella cosa che sta dentro il palazzo, non è un museo, non è un localismo. La sfida è trasmettere l’idea glocal, il globale più il locale. I ragazzi sono per loro natura glocal, abitano territori a noi sconosciuti, dobbiamo offrire loro la percezione che questa autonomia speciale è un grande antidoto alla solitudine, è un sogno collettivo, è luogo della creatività e della costruzione del futuro. L’autonomia delle radici e delle ali, dunque. Dove le radici sono le tradizioni e le ali sono la disponibilità di vedere nell’autonomia lo strumento che permette di affrontare il mondo senza complessi di inferiorità e senza paure. E’ la sfida più difficile perché non si tratta di fare una legge, ma di disegnare l’autonomia. Dovremo potenziare molto il lavoro comune su questi temi, scambiarci esperienze di buone pratiche, aiutarci reciprocamente ad alzare il profilo della nostra autonomia. In Trentino, assumendoci competenze importanti, stiamo lavorando per quel che riguarda università e ammortizzari sociali, perché senza conoscenza e welfare non si costruisce un futuro. Dobbiamo legare insieme tutte queste cose e per farlo non dobbiamo perdere la bussola dei valori".  
   
 

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