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Notiziario Marketpress di Lunedì 27 Novembre 2006
 
   
  IL RAYMOND CHANDLER AWARD 2006 A ELMORE LEONARD

 
   
   Milano, 27 novembre 2006 - Il Premio Raymond Chandler nasce nel 1986 con il sostegno della Fondazione Raymond Chandler, e si pone l’obiettivo di rendere omaggio a un maestro del genere mystery – in tutte le sue forme. Uno scrittore capace di ritrarre la realtà del nostro tempo, un artista che abbia studiato a fondo le sfaccettature del mondo in cui viviamo e che abbia saputo descrivere le contraddizioni e i paradossi dei personaggi e della società, come Raymond Chandler fece nei suoi libri. I mystery di Raymond Chandler hanno trasceso il genere letterario di cui fanno ufficialmente parte per entrare a pieno diritto nella storia della letteratura moderna. È per questa ragione che nelle edizioni precedenti il premio è stato assegnato a scrittori molto diversi tra loro, come per esempio, Graham Greene, Leonardo Sciascia, James G. Ballard, Manuel Vasquez Montalban, Fredrick Forsyth, P. D. James, Osvaldo Soriano, John le Carré e John Grisham. I vincitori, che ricevono una copia in argento del Brusher Dobloon, la moneta protagonista del romanzo La finestra sul vuoto (1943), hanno sempre onorato il festival della loro presenza fornendo così uno spunto interessante per affrontare con loro i temi più significativi della loro opera e della letteratura noir in generale. Quest’anno siamo particolarmente orgogliosi di celebrare con il nostro premio più prestigioso, il Raymond Chandler Award, un autore la cui storia creativa e il cui valore ci pare essere come mai nessun altro autore è stato per il nostro festival un vero e proprio “manifesto”. Chi meglio del grande Elmore Leonard può infatti riassumere in sé e nei propri bellissimi romanzi l’idea di un genere che nasce dalla polvere della letteratura popolare, si arroventa al clima della violenza epica dell’America, un paese nato dalla sopraffazione dei bianchi sui Nativi, affonda direttamente nelle vene di Hemingway e Steinbeck e percorre le migliaia di chilometri di strade, ferrate e asfaltate, che congiungono le mille città di quel vasto paese e che si ritrovano tutte in una sola, fosse pure la sua Detroit, per esempio? Nessuno ha saputo percorrere quelle strade, per carpire il suono dei discorsi degli uomini che le hanno calpestate, meglio di Leonard; nessuna “radio” meglio dei romanzi di questo malinconicamente allegro ottantenne che ha scelto la leggerezza per trasmetterci l’eredità pesante della Storia, sa restituirci quei dialoghi, quell’umanità che si intrecciano nelle pagine di Leonard e contengono i dialoghi e l’umanità di tutto il mondo. Se c’è un maestro, un vero maestro in questo genere di letteratura che ci ostiniamo a considerare l’unica veramente in grado di rendere la temperatura della nostra sciagurata vita contemporanea, questi è l’ invisibile Elmore Leonard, coi suoi disperati abitanti di universi che credono di dominare ma che loro per primi non conoscono affatto, universi che abbiamo imparato a riconoscere nei tanti film per il grande e piccolo schermo che da decenni ci raccontano l’America. Un maestro che non a caso ha incantato Tarantino, e che ben prima di Bob De Niro e George Clooney ha fatto parlare Glenn Ford e Burt Lancaster in un genere, quello del Western, che qualche critico dovrebbe riesplorare alla lente oscura del noir per scoprirne una filiazione più che casuale. Un maestro che il cinema ce l’ha nel sangue, anzi, nella penna, e che è riamato dal cinema al punto tale che sempre più progetti nascono e stanno nascendo a Hollywood basati sui suoi romanzi (l’elenco è impressionante, basti solo citare i nomi coinvolti: John Madden, James Mangold, Russel Crowe, Christian Bale, Don Cheaddle, Clooney & Soderbergh). Un maestro di scrittura certo, ma come tutti i grandi alla fine un maestro di vita, incapace di mentire sulla realtà cruda di chi vive ai margini (della società ma anche della morale) e capace di restituire alla speranza di una umanità autentica anche i suoi personaggi più neri. Ecco, il suo umanismo ci sembra un manifesto giusto dietro cui sistemarci in rispettosa fila indiana noi del Noir 2006. Mai come quest’anno il cinema e la letteratura si incontrano nel segno del noir con il Premio Chandler a Elmore Leonard. 8 sono i film tratti da opere dello scrittore di Detroit che accompagnano la sua presenza a Courmayeur, dall’originale Quel treno per Yuma del 1957 con Glenn Ford, che James Mangold sta rifacendo a Hollywood proprio in questi giorni, al consacrato Jackie Brown di Tarantino, passando per la commedia di Jim Mcbride Pronto, con un inatteso ed efficace Sergio Castellitto. Scelti dallo stesso scrittore, che ha voluto segnalare così il suo “best of”, questi film sono anche una galleria di ritratti tutti diversi e tutti necessari a comporre quel puzzle multiforme e unico dell’universo Leonard. Chiude la sezione cinema il documentario della Bbc Elmore Leonard’s Criminal Records, un inedito ritratto di Leonard “visto” dai suoi stessi personaggi. In catalogo troverete infine una serie di materiali diversi e tutti utili a restituire il profilo di questo scrittore così vitale e multiforme, che ha attraversato 50 anni di immaginario americano ed è arrivato a noi già negli anni ‘60 grazie al cinema, mentre il successo letterario è stata una conferma recente, soprattutto grazie all’interesse per il genere manifestato da Einaudi con la sua collana Stile Libero. Troverete, accanto alle riflessioni di due amici del festival come Maxim Jakubowski e Paolo Zaccagnini, soprattutto la voce di Leonard, con le sue 10 regole per scrivere ormai diventate leggendarie tra gli scrittori di genere, e con due interviste recentissime: quella raccolta in questi giorni dal suo più stretto collaboratore ormai da molti anni, Gregg Sutter, e centrata principalmente sulla scrittura; e quella realizzata da Adrian Wootton nel maggio 2006 a Londra, in cui è protagonista il cinema, dai suoi amati western ai successi di Tarantino e Soderbergh. Infine, Wu Ming1 che ha tradotto alcune opere recentemente pubblicate in Italia, compresa l’ultima, Hot Kid, mandata in libreria da Einaudi in questi giorni, ci racconta la lezione di scrittura in cui Leonard trasforma ogni suo romanzo. .  
   
 

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