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Notiziario Marketpress di
Lunedì 10 Gennaio 2011 |
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GIUSTIZIA EUROPEA: AIUTI A FAVORE DI SOCIETÀ RECENTEMENTE QUOTATE IN BORSA – RECUPERO
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Con decisione 2006/261, la Commissione ha dichiarato che il regime di aiuti di Stato, cui l’Italia ha dato esecuzione sotto forma di agevolazioni tributarie a favore di società ammesse alla quotazione in una Borsa valori regolamentata europea, era incompatibile con il mercato comune. Il regime di aiuti conferiva due tipi di vantaggi economici. Innanzitutto, un’aliquota ridotta del 20% dell’imposta sul reddito delle società (aumentando così per un triennio l’utile netto realizzato dalle medesime nell’ambito di qualsiasi attività economica). In secondo luogo, riduceva il reddito imponibile nell’esercizio fiscale nel quale aveva avuto luogo l’operazione di ammissione in Borsa. Tali riduzioni si traducevano inoltre in un’aliquota fiscale effettiva più bassa sui redditi del 2004. Nel 2005, l´Italia ha chiesto al Tribunale di primo grado l’annullamento della decisione 2006/261, senza chiedere i provvedimenti provvisori. Con sentenza del 2009, causa T-211/05, il Tribunale ha respinto detto ricorso. L´italia ha impugnato tale sentenza. La causa è attualmente pendente dinanzi alla Corte (C-458/09 P). Al fine di dare esecuzione alla decisione 2006/261, le autorità italiane hanno adottato un certo numero di provvedimenti amministrativi, fiscali, giudiziari e pure legislativi (Decreto-legge n. 59/2008). Il presente ricorso per inadempimento Durante tutta la fase precontenziosa, la Commissione ha insistito sull’esecuzione immediata ed effettiva della decisione e chiesto informazioni. Le autorità italiane la hanno informata, con diverse lettere successive, circa lo stato e le modalità dell’esecuzione. La Commissione ha considerato insufficiente il procedimento di recupero, atteso che l’importo totale degli aiuti non ancora rimborsati ammontava, al mese di ottobre 2008, ad un totale di Eur 4 365 265,04. A suo parere, l’obbligo di recupero costituisce un vero e proprio obbligo di risultato che dovrebbe essere effettivo ed immediato. La condizione relativa all’esistenza di un’impossibilità assoluta di esecuzione non sarebbe soddisfatta allorché lo Stato membro non intraprende alcuna vera iniziativa, presso le imprese, al fine di recuperare l’aiuto. I provvedimenti di sospensione applicati dai giudici nazionali (Commissione tributaria provinciale di Modena e Commissione tributaria Regionale di Bologna) non sarebbero conformi alla giurisprudenza, che impone che la decisione della Commissione non sia privata di effetto utile. Oltre quattro anni dopo l’adozione della decisione 2006/261, le autorità italiane avrebbero recuperato solo il 25,91% degli aiuti per i quali è stata inviata un’ingiunzione di pagamento. Inoltre, dinanzi al Tribunale Ue, l´Italia ha impugnato la decisione, senza tuttavia chiederne la sospensione dell’esecuzione. La Corte ricorda che l´Italia era tenuta a sopprimere il regime al più presto. Qualora l’aiuto fosse già stato concesso sotto forma di riduzione dei pagamenti delle imposte dovute, doveva riscuotere l’intera imposta dovuta unitamente agli interessi con l’ultimo versamento previsto per il 2004. In tutti gli altri casi, l’imposta esigibile, doveva essere recuperata al più tardi alla fine del periodo fiscale in cui cadeva la data di notificazione di tale decisione, ossia il 17 maggio 2005. E´ pacifico che, diversi anni dopo la notifica all´Italia della decisione e dopo la scadenza di tutti i termini fissati da quest’ultima, una parte considerevole degli aiuti illegittimi non è stata ancora recuperata. La condizione dell’impossibilità assoluta di esecuzione non è soddisfatta quando lo Stato membro convenuto si limita a comunicare alla Commissione le difficoltà giuridiche, politiche o pratiche che presentava l’esecuzione della decisione, senza intraprendere alcuna vera iniziativa presso le imprese interessate al fine di recuperare l’aiuto e senza proporre alla Commissione altre modalità di esecuzione della decisione che avrebbero consentito di superare le difficoltà. La Corte ha già chiarito anche che uno Stato membro, il quale, in occasione dell’esecuzione di una decisione della Commissione in materia di aiuti di Stato, incontri difficoltà impreviste e imprevedibili, deve sottoporre tali problemi alla valutazione di quest’ultima, proponendo appropriate modifiche della decisione; lo Stato membro e la Commissione devono superare le difficoltà, in forza del principio di leale cooperazione. Il decreto legge n. 59/2008, destinato a risolvere il problema procedurale della sospensione degli ordini di recupero degli aiuti disposta dai giudici nazionali, può essere considerato un’azione seria. Tuttavia, non ha consentito di porre rimedio al ritardo nel recupero dell’aiuto. La Corte ricorda che le azioni legislative destinate a garantire l’esecuzione, da parte dei giudici nazionali, di una decisione della Commissione, le quali vengono adottate in ritardo o risultano inefficaci, non soddisfano i requisiti che derivano dalla giurisprudenza. Inoltre, i provvedimenti di sospensione possono essere concessi, purché talune condizioni siano soddisfatte, ossia: – se il giudice nutre gravi riserve sulla validità dell’atto, il rinvio alla Corte della questione di validità dell’atto contestato (indicando i motivi di invalidità al momento della sospensione stessa); – se ricorrono gli estremi dell’urgenza (per evitare che la parte che li richiede subisca un danno grave e irreparabile); – se il giudice tiene pienamente conto dell’interesse dell’Unione; – se, nella valutazione di tutti questi presupposti, il giudice nazionale rispetta le pronunce della Corte o del Tribunale di primo grado in ordine alla legittimità dell’atto dell’Unione o un’ordinanza in sede di procedimento sommario diretta alla concessione, al livello dell’Unione europea, di provvedimenti provvisori analoghi. La Corte esamina se le decisioni di sospensione della Commissione tributaria soddisfino tali requisiti. Essa constata che le sospensioni sono state concesse per due motivi: - l´atto di ingiunzione sarebbe stato adottato in assenza di fondamento giuridico (Commissione tributaria provinciale di Modena nel 2007) - era pendente dinanzi al Tribunale (causa T-211/05) il ricorso di annullamento della decisione 2006/261 (Commissione tributaria regionale di Bologna, nel 2010). In effetti un ricorso di annullamento presentato dinanzi al Tribunale contro una decisione che ordina il recupero di un aiuto non ha effetto sospensivo e l´Italia non ha chiesto provvedimenti provvisori nell’ambito di detto ricorso. I giudici italiani non indicano, nelle loro decisioni, i motivi per cui gli organi giurisdizionali dell’Unione dovrebbero constatare l’invalidità della decisione. Inoltre, il procedimento è stato sospeso per litispendenza dinanzi al Tribunale il 21 gennaio 2010, nonostante il fatto che il Tribunale avesse già respinto il ricorso con sentenza del 4 settembre 2009. Infine, le decisioni nazionali non fanno riferimento all’interesse dell’Unione né all’urgenza dei provvedimenti disposti. La Corte constata che le decisioni di sospensione sono state adottate dagli organi giurisdizionali italiani in manifesta inosservanza dei requisiti del diritto dell’Unione. Per questi motivi, la Corte (Prima Sezione) dichiara e statuisce: Non avendo adottato, entro i termini stabiliti, tutti i provvedimenti necessari al fine di sopprimere il regime di aiuti dichiarato illegittimo ed incompatibile con il mercato comune dalla decisione della Commissione 16 marzo 2005, 2006/261/Ce, relativa al regime di aiuti C 8/2004 (ex Nn 164/2003) cui l’Italia ha dato esecuzione a favore di società recentemente quotate in Borsa, e di recuperare presso i beneficiari gli aiuti concessi in virtù di tale regime, la Repubblica italiana è venuta meno agli obblighi che ad essa incombono in forza degli artt. 2 e 3 di tale decisione. (Sentenza del 22 dicembre 2010 nella causa C-304/09 Commissione/italia) |
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