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Notiziario Marketpress di Martedì 18 Gennaio 2011
 
   
  L´EUROPA E IL RITORNO ALLA CRESCITA DURATURA. L´OPINIONE DI DIEGO MARANI.

 
   
  Roma, 18 gennaio 2011 - Il varo dell´Analisi annuale della crescita è uno di quei piccoli passi che spesso passano inosservati nel cantiere della costruzione europea ma che nel medio termine possono creare il terreno propizio alle grandi svolte. Dopo la definizione del piano anti-crisi, governi e Commissione discuteranno insieme della stabilità macroeconomica, delle riforme strutturali e della crescita in una prospettiva inedita di coordinamento scandita dal nuovo "Semestre europeo". La perdurante crisi ha dimostrato ancora una volta che non vi può essere Europa forte senza politiche economiche convergenti e ha messo a nudo le grandi debolezze del sistema europeo. Il rigoroso risanamento dei bilanci sarà necessariamente al centro dello sforzo, ma il campo in cui i governi dovranno dar prova di vera capacità innovativa è quello della crescita. Oggi non è più possibile concepire la crescita nei termini dell´economia classica e diventano sempre più veri gli scenari presagiti dal Club di Roma nel suo noto testo "I limiti della crescita". Le grandi questioni ambientali ed energetiche, assieme alla crisi finanziaria che ha rivelato lo strapotere delle agenzie di rating e la loro capacità di mettere in scacco Stati sovrani, dovrebbero ulteriormente indurci a esplorare nuovi orizzonti. Ma soprattutto i governi non possono più ignorare un fattore che sta avendo effetti devastanti sul vero e proprio tessuto sociale della nostra società: la profonda trasformazione del lavoro. Mentre nell´èra della globalizzazione capitale e industria possono migrare ovunque alla ricerca dei migliori mercati e delle migliori condizioni di produzione, il lavoratore è legato ad un luogo specifico, dove tesse quella maglia di relazioni che sono il fondamento del vivere civile. Il ruolo di collante sociale del lavoro, la sua centralità fra i valori su cui l´Unione europea si fonda, devono sottrarlo alla logica della pura mercificazione, come ormai viene detto da molte autorevoli voci. Si consolida in questo pensiero la concezione del lavoro che Karol Wojtyla definiva "dimensione fondamentale dell´esistenza" e che lo psicologo americano James Hillman chiama "una gratificazione istintiva". L´uomo trae piacere dal lavoro, cui è portato da un naturale istinto, ma a condizione che il lavoro gli offra la gratificazione dell´autonomia, della realizzazione di sé, del riconoscimento sociale e della sicurezza economica. Non è più pensabile oggi una mobilità del lavoro che non tenga conto di questi elementi e che non accompagni la necessaria flessibilità a strumenti di consolidamento e di sostegno dell´occupazione. E´ a rischio proprio quella coesione sociale che la Commissione cerca di sostenere con altri suoi strumenti. La precarizzazione permanente dei giovani impedisce loro di prendere le redini del ricambio e di stabilizzare quei consumi non volatili che assicurano il benessere. La dispersione del lavoro è anche un ostacolo all´insediamento e alla conservazione in uno specifico territorio di un sapere e di un´industria. Una delle grandi ricchezze dell´Europa è proprio questa appartenenza territoriale di certe produzioni e conoscenze. La loro specificità è un plusvalore che sposta la prospettiva della crescita dalla quantità alla qualità e che produce una ricchezza di ritorno anche in termini ambientali. Le catastrofi naturali come le inondazioni, le frane e gli incendi boschivi possono essere sventati con una presenza di attività radicate che assicurino un controllo del territorio e un suo equilibrato sfruttamento. In questa cornice, l´Analisi annuale della crescita deve essere un´opportunità per mettere sul tavolo delle discussioni anche un profondo ravvicinamento delle legislazioni sul lavoro degli Stati membri. In particolare, deve essere sviluppata la legislazione che con la direttiva sul comitato aziendale europeo affronta questa tematica a livello di Unione. Solo in questo modo si potranno dare al lavoro gli strumenti per adeguarsi alla modernità. Una spinta in avanti in questa direzione permetterà ai lavoratori europei di essere più competitivi, darà più forza alle imprese e rafforzerà quella dimensione della conoscenza che è il pilastro della strategia Europa 2020.  
   
 

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