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Notiziario Marketpress di Giovedì 03 Febbraio 2011
 
   
  MONI OVADIA E SHEL SHAPIRO: VARIAZIONI SU SHAKESPEARE

 
   
  Chiasso, 3 febbraio 2011 - Lo spettacolo in scena al Cinema Teatro di Chiasso giovedì 17 febbraio ore 20.30 è un lavoro a quattro mani ispirato al Mercante di Venezia, che si inserisce nel solco di quel teatro musicale su cui Moni Ovadia ha sempre incentrato la propria ricerca, fondendo l’esperienza di attore e musicista. Nel ruolo di Shylock troviamo un interprete d’eccezione: Shel Shapiro, pioniere della musica rock in Europa e mitico leader dei The Rokes, approdato negli ultimi anni sulle scene teatrali. In un luogo imprecisato, a metà tra un ospedale e un mattatoio, si incontrano un enigmatico mercante e un regista ebreo per discutere di un progetto che li legherebbe, una messinscena del Mercante di Venezia. Ecco che si delineerà una partita sottile e inquietante in cui è in gioco la stessa possibilità di tenere in vita il teatro come baluardo contro l’impostura e l’odio. In una sorta di hangar, un regista attende di incontrare un misterioso uomo di affari che l’ha ingaggiato per proporgli di mettere in scena un testo che ha lungamente e vanamente inseguito, Il Mercante di Venezia, di William Shakespeare. Dopo aver scambiato poche battute con alcuni giornalisti curiosi di conoscere le ragioni per cui ha accettato un simile ingaggio da un personaggio chiacchieratissimo (ci sono molti sospetti sulle origini criminose delle sue fortune finanziarie), il regista inizia a dialogare con il suo “mercante” e via via che i due discorrono si dipana la storia dell’ebreo Shylock, un ricco usuraio che nella Venezia cinquecentesca fa affari prestando denaro, disprezzato dai cristiani da lui odiati a sua volta, in particolare da Antonio, che lo insulta e lo umilia accordando prestiti gratuitamente. Sarà però proprio Antonio, per aiutare l’amico Bassanio, a cui servono soldi per poter corteggiare la ricca ereditiera Porzia, che dovrà chiedere un prestito a Shylock, il quale glielo accorderà chiedendo in cambio, in caso di mancato pagamento, una libbra della carne di Antonio. In un moderno gioco delle parti meta-teatrale, il Regista, che vorrebbe cambiare il finale del testo shakespeariano restituendo a Shylock la libbra di carne che gli è stata negata cinquecento anni fa, e l’Impresario, che vorrebbe ottenere la sua personale libbra appropriandosi del cuore di un artista, si confrontano e si fronteggiano, vestendo ciascuno alternativamente ora i panni di Shylock ora quelli di Antonio. Attraverso la vicenda del Mercante di Venezia, i due protagonisti, affiancati da musicisti, attori e attrici che entrano ed escono dal proprio personaggio, e da una seducente e provocante Porzia, daranno il via a riflessioni sull’antisemitismo e sulla storia, sul denaro e sul teatro, sul concetto stesso di arte, con suggestioni che spaziano dalla cultura ebraica a quella pop, grazie anche a un variegato repertorio di canzoni più o meno celebri inserite in quella che tra le opere di Shakespeare è annoverata come commedia, anche se possiede tutti i connotati di una tragedia. Il Mercante di Venezia è uno dei testi più densi e affascinanti di William Shakespeare, dove convivono genialmente (in un sottile variare di toni dal tragico al comico) temi diversi e cruciali come quello della sacralizzazione del denaro, o quello dell’omosessualità, legato al personaggio di Antonio, o ancora quello della legge, ossia della giustizia da applicare secondo i casi, ma sempre piegata al volere del denaro. Temi che appartengono ad ogni tempo, e che in ogni tempo risuonano in modo particolare. Ma il fuoco principale del play, ciò che ne costituisce lo charme inconfondibile, emana dal suo personaggio più sfuggente e insieme più connotato, Shylock, l’Ebreo.. Il Mercante di Venezia in prova prende la forma di un puzzle, le scene immaginate dal regista si alternano a divagazioni sulla verità e sulla menzogna. È una sarabanda sul senso (o non senso) del teatro? Un pastiche? O, piuttosto, un paesaggio dove, in controluce, è possibile riconoscere il rischio del teatro oggi, ciò che lo pone a un bivio, sparire nell’inessenziale marginalità o riprendere ad essere quello che una volta era, un paese dell’anima, quella speciale e riuscita acrobazia dell’uomo di farsi mercante di ciò che non è in vendita, ieri come oggi, nel tempo orribile che di volta in volta ci tocca in sorte, ieri nel tempo delle Venezie o delle Buchenwald, oggi in un tempo chiuso al respiro dell’altro, un tempo che sembrerebbe avere definitivamente escluso la vastità del vivere dal suo orizzonte, e con essa, la pietà e il dolore degli altri.  
   
 

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