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Notiziario Marketpress di Mercoledì 16 Febbraio 2011
 
   
  SINTESI INDAGINE CONGIUNTURALE SULLE PICCOLE E MEDIE IMPRESE DEL LAZIO II SEMESTRE 2010

 
   
  Roma, 16 Febbraio 2011- Lo Scenario Nazionale Secondo Le Fonti Istituzionali - L’anno 2010 è stato caratterizzato da una ripresa prima annunciata, poi rinviata a data da destinarsi, se consideriamo come la risalita di alcune variazioni non sia stata né consistente né stabile. A ciò si aggiunge la descrizione, da parte della stampa, della crescita economica nel 2011 vista come “lenta, zoppicante, discontinua, timida, modesta”, in quanto le proiezioni stimano una variazione del Pil oscillante intorno al punto percentuale. Quindi una crescita pressoché asfittica, ma paradossalmente in parte anche rassicurante dato che potrebbe replicare, forse superandolo, il tasso del 2010 (+0,7%). Ciò tenendo presente che il nostro scenario economico nazionale è potenzialmente accerchiato dal rischio di contagio esercitato da ulteriori crisi del debito da parte di altri paesi europei. 2. Il Lazio Secondo Le Fonti Istituzionali - Rispetto al quadro nazionale, il Pil del Lazio nel 2010, secondo le stime più recenti, è indicato al +1,1%; un valore che a fronte del crollo del -3,3% conseguito nel 2009 è certamente incoraggiante. A fronte della variazione del Pil nazionale conseguita nel 2010, dunque, il distacco con l’andamento del Pil della nostra regione si ribalta, e non solo per la positività del segno assunta in entrambe le variazioni percentuali (+1,1% Lazio rispetto al +0,7% Italia), ma per la il valore più elevato del Pil del Lazio rispetto al dato nazionale. Un andamento questo che si riscontra anche nel caso della demografia delle imprese (tav. 1.3): difatti, nel terzo trimestre 2010 il tasso di crescita nel Lazio è più alto (+0,59%), sia pure lievemente, di quello registrato per l’Italia (+0,49%). Tav.1.3- Lazio: demografia delle imprese nel 3° trimestre 2010
Tutti settori Registrate Attive Iscrizioni Cessazioni* Saldo Tax crescita Tax natalità Tax mortalità
Viterbo 38.322 34.457 530 367 163 0,43 1,39 0,97
Rieti 15.331 13.441 210 158 52 0,34 1,38 1,07
Roma 440.462 326.448 6.559 3.967 2.592 0,60 1,51 1,08
Latina 58.027 48.087 924 624 300 0,52 1,60 1,08
Frosinone 46.052 39.213 893 536 357 0,78 1,96 1,19
Lazio 598.194 461.646 9.116 5.652 3.464 0,59 1,54 1,08
Italia 6.115.323 5.291.575 85.220 55.593 29.627 0,49 1,40 1,15
Fonte: elaborazioni Ufficio Studi Federlazio su dati Movimprese. (*) cessazioni al netto delle cessate d’ufficio. Performance migliore anche sul fronte del commercio con l’estero che, da gennaio a settembre 2010 rispetto allo stesso periodo del 2009, ha visto le esportazioni e le importazioni del Lazio rispettivamente aumentare del 23,3% (in Italia del 14,3% ), e dell’8,3% (in Italia del 20,9%) con un differenziale pari a 15 punti. Le esportazioni del Lazio in particolare sono aumentate in modo pressoché analogo sia verso l’Unione Europea, con un +23,5% (+13,7% per l’Italia) sia verso il mercato Extra-unione Europea (+23,0% rispetto al +15,1% dell’Italia). In termini di quota di beni e servizi esportati dal Lazio sul totale nazionale esportato, nel confronto con lo stesso periodo del 2009, essa passa dal 4,0% al 4,4%. Per quanto concerne invece la Cig, nel secondo semestre 2010 le ore autorizzate nel Lazio sono aumentate del 15,9%, un valore superiore al tasso di crescita calcolato a livello nazionale, pari a +5,1%. Disaggregando il dato per tipo di gestione, abbiamo che nel Lazio il tasso di crescita della Cig Ordinaria è stato negativo e pari al -45,9% ma in questo caso la riduzione a livello nazionale è stata maggiore (-58,2%). Per quanto concerne la Cig straordinaria invece, nella seconda parte del 2010 è aumentata del +20,4% nel Lazio rispetto all’81,6% rilevato per l’Italia. Infine la Cig in deroga,aumentata del +187,6% nel Lazio rispetto al +97,3% in Italia. 3. L’indagine Della Federlazio Dal quadro qui sommariamente descritto sulla base delle fonti istituzionali, passiamo ora ai risultati della nostra indagine, svolta su un campione di 350 aziende associate, e relativa al secondo semestre 2010. Cominciamo dagli ordinativi ricevuti dalle imprese nella seconda parte del 2010 (graf.2.1). Nel corso del secondo semestre 2010 il saldo di opinioni sull’andamento degli ordini ottenuti in base al mercato di provenienza mostra un rallentamento rispetto allo scorso semestre, periodo nel quale invece si era registrato un generale miglioramento. In particolare, per quanto concerne gli ordini dall’Ue il saldo, pur ancora positivo, crolla di 10 punti attestandosi a +3 dal precedente +13. La situazione è analoga per gli ordini provenienti dall’area Extra-unione Europea, dove il saldo è +8 dal precedente +24, con una riduzione di 12 punti. In lieve controtendenza l’andamento degli ordini dal mercato nazionale: il saldo difatti, pur restando negativo, passa da – 9 a -5, recuperando + 4 punti. Nel secondo semestre 2010 si rileva quindi un certo raffreddamento nella dinamica dei saldi d’opinione sugli ordini dal mercato estero mentre sembra proseguire, ma piuttosto lentamente, il recupero sul mercato nazionale. L’andamento del fatturato, nel secondo semestre 2010, è sostanzialmente analogo a quello riscontrato per gli ordinativi (graf. 2.3). In particolare, si registra un relativo miglioramento, ma limitatamente al mercato interno, dove il saldo di opinioni, pur ancora negativo, si attenua da -8 a -3, recuperando 5 punti (tav. 2.5). Diventa negativo il saldo sul fatturato ottenuto sul mercato estero, in special modo per l’area Extra-unione Europea, il cui saldo da +17 scende a -4, diminuendo di -21 punti in soli sei mesi. Andamento analogo, sebbene un po’ più contenuto, per il mercato Ue: il saldo flette a -3 dal precedente +9, con una riduzione di 12 punti. Torna negativo il saldo di opinioni sull’andamento della produzione nel secondo semestre 2010, ora pari a -2 dal + 1 riscontrato nella prima parte del 2010 . Sul versante degli investimenti, la percentuale di imprese che ha dichiarato di averne effettuati nel secondo semestre 2010 è pari al 31,7%, in diminuzione rispetto al precedente 34,5%. Nel secondo semestre 2010 si attenua la percentuale di imprese che ha ridotto l’occupazione e, sebbene le imprese che hanno assunto siano anch’esse in calo il saldo di opinioni, pur negativo, migliora con un recupero di 8 punti, passando così da -14 a -6. La nostra indagine ha rilevato anche le previsioni a breve sui prossimi sei mesi, dalle quali emerge che, per quanto concerne gli ordinativi, le imprese si attendono un forte recupero dal mercato estero. In particolare, l’attesa di recupero è riposta un po’ di più sul traino dai paesi Extra-unione Europea (saldo atteso da +14 a +33) che da quella proveniente dai paesi dell’Ue (saldo atteso pari a +22 dal precedente +4). In affanno le attese sugli ordini dal mercato nazionale: il saldo di opinioni, pur ancora positivo, scende a +1 dal +17 con una contrazione sensibile di 16 punti. Abbiamo poi chiesto alle imprese del campione di esprimersi sulla loro previsione di ampliamento dell’organico nei prossimi sei mesi. Il saldo atteso recupera 4 punti, tornando lievemente positivo a +1, dal precedente -3, grazie all’incremento della percentuale di imprese che prevede di aumentare l’organico. Infine, per quanto concerne le previsioni d’investimento, il 28,9% delle imprese prevede di fare investimenti nel primo semestre 2011. Si tratta di una percentuale in calo rispetto al 32,1% del semestre precedente. Come di consueto abbiamo poi invitato gli imprenditori del campione a segnalare le principali problematiche che, a loro avviso, hanno influenzato più negativamente l’attività della propria azienda nel secondo semestre 2010. Anche in questo periodo il problema principale resta la domanda insufficiente; tuttavia, rispetto alla prima parte dell’anno, si notano alcune difformità. Innanzitutto, se la “domanda insufficiente” resta al primo posto nell’elenco delle problematiche delle imprese, la percentuale scende al 27,7% dal precedente 41,9% del primo semestre 2010. Aumenta il peso del “ritardo dei pagamenti da parte di clienti privati” che è indicato nel 27,3% dei casi rispetto al 21,6% di sei mesi fa. Si rafforza anche il problema del “ritardo dei pagamenti da parte della Pa”, ora segnalato nel 16,1% dei casi rispetto al precedente 13,5%. La graduatoria dei problemi delle imprese riserva novità nella parte finale, dove l’aspetto finanziario assume un peso maggiore rispetto al semestre precedente. Difatti, le “insufficienti risorse finanziarie proprie” (5,6% dei casi), e la “mancata concessione/erogazione del credito bancario” (5,2% dei casi), sono problemi maggiormente avvertiti rispetto a quanto indicato nel primo semestre 2010, (rispettivamente 2,0% ed 1,4% dei casi). In fondo alla lista dei problemi, con pari percentuali dei casi (3,2%) troviamo “l’impossibilità di partecipare ad appalti” e “la difficoltà nel reclutare manodopera qualificata”; sono tuttavia percentuali entrambi in aumento rispetto a sei m Nel questionario abbiamo poi introdotto alcune domande sul tema dell’usura, dato che questo fenomeno assume maggiore visibilità e spazio nei momenti di crisi del sistema economico, quando le difficoltà quotidiane diventano sempre più profonde e complicate da superare, rendendo l’impresa che le attraversa vulnerabile e potenzialmente esposta al rischio usura. Abbiamo dunque rilevato la percezione delle imprese circa la diffusione del fenomeno dell’usura, il loro grado di loro conoscenza degli strumenti esistenti per combatterlo e, infine, le due azioni che ritengono più utili da porre in essere. Per quanto riguarda la percezione la diffusione del fenomeno (tav. 2.8), solo il 7,8% ritiene che tale fenomeno sia molto diffuso, mentre per il 20,3% è poco diffuso. L’8,6% delle imprese invece ritiene che l’usura non sia per niente diffusa sul proprio territorio, mentre ben il 63,3% dichiara di non saperlo. Quest’ultima opzione di risposta è spiegabile in parte con un atteggiamento di comprensibile cautela che si vuole mantenere nei confronti di tale problematica; in parte forse con il fatto che il fenomeno dell’usura è oggettivamente più diffuso tra le imprese commerciali che non tra quelle industriali, che rappresentano la netta maggioranza della nostra base associativa. Uno degli effetti della crisi economica è una possibile accentuazione del fenomeno dell´usura. In base alla Sua percezione, quanto ritiene che questo fenomeno sia diffuso tra le imprese del suo territorio?
Molto 7,8
Poco 20,3
Per niente 8,6
Non so 63,3
Tra gli strumenti di contrasto al fenomeno dell’usura conosciuti dalle imprese, emerge in primo luogo l’azione posta di essere dalle Forze dell’Ordine, indicato dal 36,8% . C’è poi lo strumento della normativa anti-usura nazionale, segnalato dal 23,2% delle imprese cui segue il ruolo esercitato dai Consorzi Fidi e dalle Associazioni di imprese, con il 14,2%. Solo il 13,2% delle imprese ha dichiarato di conoscere la normativa anti-usura della Regione Lazio, e questo deve essere oggetto di riflessione da parte della Regione stessa, che probabilmente non a caso ha avviato una campagna informativa in questa direzione. Il 12,6%, infine, afferma di non conoscere alcun strumento o azione di contrasto di questo fenomeno. Quale dei seguenti strumenti di contrasto a questo fenomeno Lei conosce?
La normativa anti usura nazionale (Legge 108/1996 e Legge 9/2002) 23,2
La normativa anti usura della Regione Lazio (Legge Regionale 23/2001) 13,2
Il ruolo esercitato dai Consorzi Fidi e dalle Associazioni di Imprese 14,2
L´azione delle Forze dell´Ordine (Carabinieri e Polizia) 36,8
Nessuna 12,6
Fonte: Indagine Congiunturale Federlazio. Infine, alle imprese del campione è stato chiesto di indicare le due azioni che, nell’ambito di un elenco, ritenevano più utili delle altre per poter contrastare l’usura, e sulle quali lavorare contemporaneamente . La prima azione sulla quale è confluita l’indicazione delle imprese (31,7%), è il rafforzamento delle garanzie di tutela per il denunciante, cui segue l’esigenza di rendere più repressiva la legislazione anti-usura (22,0%), come a voler significare che sono il clima di paura e la conseguente omertà i principali alleati dell’usura ed i primi nemici da sconfiggere. Una maggiore informazione sugli strumenti di contrasto al fenomeno, nonché il rafforzamento del fondo di solidarietà che consente il reintegro nell’economia legale delle vittime dell’usura sono azioni indicate nel 16,1% dei casi. In particolare, il fondo di solidarietà opera a seguito del manifestarsi dell’evento, laddove la preferenza verso il fondo che previene tale fenomeno è stata invece indicata nel 10,6% dei casi. Tav.2.10 – Posto che per contrastare il fenomeno dell´usura occorrerebbe lavorare contemporaneamente su tutte le azioni elencate, potrebbe indicare le due che Lei ritiene più utili delle altre?
Rafforzare il Fondo di Solidarietà che offre agli operatori economici che hanno denunciato gli usurai l´occasione di reinserirsi nell´economia legale (mutuo senza interessi ed elargizioni;L. 44/99 e L.108/96 16,1
Rafforzare il Fondo per prevenire e combattere il fenomeno dell´usura (art. 2 Legge Regione Lazio 23/2001) 10,6
Fornire maggiori Garanzie Di Tutela a chi denuncia gli usurai 31,7
Rendere la legislazione Piu´ Repressiva nei confronti degli usurai 22,0
Fare più Informazione sui mezzi di contrasto al fenomeno dell´usura (leggi, fondi, ruolo dei Confidi e delle Associazioni di categoria, forze dell´ordine) 16,1
Altro 3,7
Fonte: Indagine Congiu Ci permettiamo qui di aggiungere, però, che la prima cosa che andrebbe fatta per contrastare l’usura è, semplicemente, evitare che si creino le condizioni perché un imprenditore possa essere tentato dal ricorrervi. In altre parole, una politica del credito meno rigida ed un accesso più semplificato potrebbero essere, da questo punto di vista, molto più efficaci di tanti altri provvedimenti. In conclusione, quali indicazioni complessivamente possiamo trarre dalla lettura dei dati fin qui condotta? Diciamo che l’elemento più evidente è il continuo stop and go della nostra economia, anzi forse sarebbe più opportuno parlare di oscillazioni tra avanzamento e indietreggiamento. Sono infatti talmente modesti gli impulsi che essa riceve di volta in volta, che si può passare da un segno “+” a un segno “-“, da un accenno di ripresa alla sua negazione e viceversa nel breve volgere di un semestre. Avevamo infatti appena rilevato, nell’indagine scorsa, quelli che sembravano i sintomi di un incipiente recupero, di una possibile, imminente inversione di tendenza, che eccoci qui oggi a constatare nuovamente un arresto in quella progressione. Come abbiamo visto dai dati appena illustrati, infatti, se sul mercato interno l’andamento degli ordinativi segna un lieve relativo miglioramento rispetto al semestre passato, non possiamo non vedere che su quello estero i saldi indicano inequivocabilmente un netto peggioramento. Certo, è vero anche che sull’estero gli imprenditori interpellati nutrono sentimenti un po’ più improntati all’ottimismo nelle previsioni a breve, ma questo non può certo essere sufficiente a tranquillizzarci, dato che si tratta per l’appunto di aspettative, che dovranno attendere un riscontro nel prossimo semestre, e che peraltro sul mercato interno anche le previsioni degli imprenditori continuano ad essere negative. In buona sostanza, potremmo sintetizzare così: laddove le cose migliorano (mercato interno), migliorano poco, laddove esse peggiorano (mercato estero) peggiorano più nettamente. Tutto questo ci fa affermare che siamo ancora lontani da una decisa inversione del trend. Quello che risulta è che le nostre imprese perseguono una strategia fatta di piccolo cabotaggio, di navigazione a vista, con il rischio della tempesta che incombe sempre sulla loro testa e, oltretutto, senza che si scorgano in prospettiva segnali di bonaccia, che facciano veleggiare con fiducia, con la certezza di una direzione e soprattutto di una meta da raggiungere. Insomma si avverte in modo palpabile la necessità che l’economia venga investita da una “scossa” virtuosa, quella che il Premier ha recentemente annunciato di voler dare al Paese e che noi invochiamo da un po’ di tempo per il nostro territorio. Noi abbiamo sempre più la sensazione che ci si trovi di fronte alla necessità che il sistema sia economico che istituzionale compia un salto di qualità da qui in avanti. La percezione che noi abbiamo è che è assai improbabile che il tessuto della Pmi, lasciato a sé stesso, possa ripristinare, una volta passata la buriana, la condizione precedente ma che, al contrario, occorra pensare ad elaborare un cambio di strategia nelle politiche economiche di questo territorio. E’ per questo che vi è bisogno di uno scatto in avanti da parte di tutti, proprio perché ci troviamo in una fase in cui non sembrano più sufficienti il governo ordinario dei processi, visto che il motore stenta ancora a riavviarsi. Come dicevamo qualche settimana fa alla nostra Assemblea generale, a una situazione “straordinaria” occorre rispondere con interventi “straordinari”. L’articolazione degli interventi deve riguardare due diversi piani. Il primo è il piano più operativo e meno strategico, ma forse ancora più importante e concerne quegli interventi finalizzati a ridare fiato alle imprese, e che le stesse imprese ci hanno voluto indicare nella nostra indagine: sto parlando in primis dell’annoso problema dei ritardi di pagamento della P.a., e non solo, di cui una esemplificazione eclatante è quanto sta accadendo alle imprese che gestiscono gli impianti di smaltimento dei rifiuti, le quali sono creditrici da molto tempo e per somme elevatissime nei confronti di moltissime amministrazioni comunali; sto parlando della necessità che vengano approvate rapidamente le graduatorie e concessi i finanziamenti già deliberati a quelle aziende che hanno già effettuato investimenti e stanno aspettando i contributi; sto parlando della necessità di ridurre la pressione fiscale e di agevolare il credito; sto parlando della possibilità di avere aree industriali a costi sostenibili dalle Pmi; sto parlando della necessità di contare su bandi gara più piccoli e più a misura di Pmi; sto parlando della necessità di rifinanziare in modo adeguato tutti gli strumenti che romuovono l’internazionalizzazione e la legge regionale 5/2008 in primo luogo; sto parlando della possibilità che si giunga rapidamente all’approvazione in Consiglio regionale del nuovo piano casa con le migliorie al testo che anche la Federlazio ha suggerito; sto parlando, infine, della necessità di arrivare in tempi rapidi all’approvazione della legge regionale sullo Small Business Act, che potrebbe rappresentare un autentico momento di svolta nelle politica per la Pmi; Ma accanto al piano più operativo, vi è naturalmente anche la necessità di un piano di interventi a valenza più strategica, che deve investire l’assetto infrastrutturale e la modernizzazione della rete dei servizi. E soprattutto, il sistema della Pmi ha bisogno anche di recuperare il senso del progetto comune, il senso di una direzione di marcia e di un obiettivo verso cui tendere. Oggi assistiamo invece ad una Politica, in primis quella nazionale, che sembra ormai aver smarrito la sua missione, tutta intenta com’è ad osservare il suo ombelico. L’eventualità di elezioni anticipate – con il conseguente rallentamento se non paralisi dell’attività parlamentare e dell’attività di governo – si affaccia sempre più prepotentemente all’orizzonte. Questo proprio quando vi sarebbe estremo bisogno invece di una Politica capace di promuovere e governare i processi economici. L’amministrazione pubblica deve tornare a dare impulso all’economia anche nel suo ruolo di soggetto di domanda. La modernizzazione della P.a. E del sistema infrastrutturale devono tornare ad assumere una finalità strategica, sia per innalzare il livello di qualità sistemica, sia perché ciò rappresenta una domanda per imprese e lavoratori, e una scossa per l’economia. Così come, in questa medesima direzione, andrebbe un grande programma per la manutenzione – dei fabbricati residenziali, di quelli non residenziali, delle opere pubbliche – che potrebbe creare una domanda aggiuntiva per il mercato di notevoli proporzioni. E di fronte a questo scenario, noi crediamo che le istituzioni di governo locale, ai vari livelli debbano produrre uno sforzo straordinario di collaborazione interistituzionale, individuando alcuni progetti, anche pochi, sui quali però concordare e riversare il massimo impegno non solo finanziario ma politico, organizzativo e progettuale. Se sapranno fare questo – e noi crediamo che vi siano spazi per farlo – senza lasciarsi risucchiare dalla logica sterile e improduttiva della politica politicante e dell’appartenenza agli schieramenti, che fa scattare sempre e solo dei “no” di fronte alle iniziative avanzate dalla parte avversa, allora forse questo territorio troverà la forza per uscire in avanti dalla crisi. Ciò che ci duole constatare, purtroppo, è che quello attuale non sembra essere il momento migliore da questo punto di vista. Come infatti in Italia accade molto di sovente, le elezioni anticipate alle porte non sono certo la cosa migliore per stemperare il clima politico. La competizione elettorale comporta sempre una radicalizzazione delle posizioni, un’accentuazione delle differenze e un richiamo della foresta al quale i partiti non riescono a sottrarsi. Tutto spinge dunque verso l’innalzamento del tasso di conflittualità piuttosto che verso la collaborazione istituzionale. Non ci resta quindi che aspettare che il clima si rassereni, sperando che nel frattempo il resto del mondo non si allontani troppo da noi.
 
   
 

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