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Notiziario Marketpress di Lunedì 07 Marzo 2011
 
   
  COPAM 2011, CON LE TECNOLOGIE SEMPRE MENO PERFORAZIONI

 
   
   Potenza, 7 marzo 2011 - Non solo nuove fonti di produzione di energia verde, ma anche nuove tecnologie per lo sfruttamento delle energie tradizionali, che riducono drasticamente l’impatto ambientale e migliorano la resa delle attività. Se l’orizzonte della sostenibilità energetica è decisamente “green”, il presente è ancora inevitabilmente legato alle fonti fossili e allora bisogna fare ogni sforzo per far sì che le attività estrattive siano il più possibile rispettose dell’ambiente. Così, il 4 marzo, nella seconda giornata di lavori del Copam c’è stato spazio anche per questo peculiare settore della ricerca in particolare con le relazioni di due docenti dell’Università di Bologna, Ezio Mesini e Paolo Macini, che hanno illustrato le sfide dell’industria estrattiva. La disponibilità di nuovi strumenti e metodi per l’esplorazione e lo sfruttamento petrolifero costituisce una condizione imprescindibile per continuare a garantire al mondo gli idrocarburi di cui ha bisogno. Anche se non si dovessero scoprire nuovi giacimenti, si prevede che l’uso di tecnologie sempre più avanzate consentirà di allontanare nel tempo l’estrazione dell’ultima goccia dell’indispensabile “olio di pietra”. E questo vuol dire anche che c’è sempre minore necessità di nuove perforazioni. L’esplorazione e la perforazione dei giacimenti di idrocarburi sono dei processi molto complessi; in particolare, la ricerca petrolifera rappresenta un investimento a rischio che parte da ipotesi geologiche per valutare le percentuali di successo e per individuare la “trappola geologica” ovvero il punto in cui il petrolio e il gas potrebbero essersi accumulati. In Italia si calcola che la probabilità di scoprire un giacimento di idrocarburi è pari mediamente al 16 per cento: ciò significa che ogni volta che si perfora un pozzo esplorativo si ha l’84 per cento di possibilità di fallire. Anche laddove i pozzi esplorati risultano produttivi, bisogna fare i conti con il fatto che il tasso medio di recupero del petrolio contenuto nei giacimenti è pari mediamente al 30-35 per cento. Se si considera che nel 1980 la stessa percentuale si attestava intorno al 20 per cento, è evidente il ruolo fondamentale delle tecnologie utilizzate che, grazie ai continui miglioramenti introdotti, promettono di far aumentare ancora nei prossimi anni la quantità estraibile di greggio intrappolato nei pori delle rocce. Temi di particolare interesse, introdotti dal Pro Rettore dell’Università di Basilicata, Giovanni Carlo Di Renzo, che hanno evidenziato come la ricerca ingegneristica possa aiutare ad ottimizzare le operazioni di estrazione degli idrocarburi e, quindi, di come l’accesso a risorse oggi non disponibili possa avere ricadute non impattanti sull’ambiente: l’utilizzo di tecniche di recupero innovative evita un’ulteriore occupazione di superficie e la produzione di sotto-prodotti inquinanti come i gas acidi. Insomma un passo avanti per la convivenza tra petrolio e natura. In attesa che un modo mosso tutto da energia verde diventi realtà.  
   
 

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