Pubblicità | ARCHIVIO | FRASI IMPORTANTI | PICCOLO VOCABOLARIO
 













MARKETPRESS
  Notiziario
  Archivio
  Archivio Storico
  Visite a Marketpress
  Frasi importanti
  Piccolo vocabolario
  Programmi sul web








  LOGIN


Username
 
Password
 
     
   


 
Notiziario Marketpress di Martedì 08 Marzo 2011
 
   
  DONNE IN EMILIA-ROMAGNA, IL TASSO DI OCCUPAZIONE È OLTRE IL 61%. LE INIZIATIVE DELLA REGIONE PER L´8 MARZO

 
   
  Bologna, 8 marzo 2011 – Nascere in Emilia-romagna oggi, per una donna, significa avere un’aspettativa di vita di 84,3 anni, a fronte dei 79,3 per un uomo. Significa vivere in una Regione che, per quanto riguarda il tasso di occupazione femminile, ha superato già da tempo il traguardo (60%) fissato dagli accordi di Lisbona per il 2010, raggiungendo nel 2009 quota 61,5% (il dato nazionale è del 46,4%). Significa vivere in una dimensione dove, nell’istruzione secondaria e universitaria, la componente femminile supera i livelli di quella maschile. Nonostante tutto questo le donne guadagnano mediamente 300 euro in meno al mese rispetto ai colleghi uomini, la presidenza degli ordini professionali, salvo poche eccezioni (6 donne), è affidata a uomini (78), e nelle Università il tasso di “femminilizzazione” del corpo docente aumenta al diminuire della qualifica: più alto fra le ricercatrici (46,9%), più basso fra i professori ordinari (18,6%). Sono alcuni dei dati contenuti nell’ultima edizione del volume “Le donne in Emilia-romagna”, a cura del Servizio Controllo strategico e statistica della Regione. Una fotografia della popolazione femminile dell’Emilia-romagna da più punti di vista: struttura demografica, salute e fecondità, occupazione, redditi e retribuzioni, istruzione, rappresentanza nelle posizioni decisionali. “Anche se in Emilia-romagna siamo all’avanguardia rispetto al quadro nazionale nelle politiche di genere, c’è ancora molta strada da fare per arrivare alla parità tra donne e uomini – ha commentato l’assessore alle Pari opportunità della Regione Donatella Bortolazzi presentando i dati – . Le donne hanno meno uguaglianza, meno rappresentanza, e quindi meno potere, e meno libertà. Sono, dunque, ancora in posizione di svantaggio”. Tra le politiche attive in tema di conciliazione, l’assessore ha ricordato il nido pubblico d’infanzia interaziendale promosso dalla Regione, che aprirà a settembre. Una quota dei posti è riservata ai dipendenti regionali, che potranno presentare la domanda d’iscrizione per i propri bimbi dal 14 marzo al 2 aprile. Sul superamento degli stereotipi di genere, domani, 8 marzo, al Cinema Lumière di Bologna, ci sarà la presentazione dello spot realizzato sulla base della sceneggiatura – fatta dall’istituto “Einaudi” di Ferrara – che ha vinto il premio, promosso e realizzato dalla Regione Emilia-romagna, “Giochiamo alla pari!”. “Continuiamo a lavorare con le scuole – ha ricordato l’assessore – : è fondamentale istillare tra i più giovani qualche spunto perché ci sia un cambiamento culturale”. Sempre domani, 8 marzo, l’assessore Bortolazzi, insieme agli assessori Peri (Reti di infrastrutture materiale e immateriali) e Muzzarelli (Attività produttive) premierà imprenditrici donne dell’Emilia-romagna che hanno realizzato progetti innovativi con l’utilizzo dell’Information and communication technology (Ict). L’occupazione e i redditi - Analizzando i dati sull’occupazione, emerge come in Emilia-romagna la crescita registrata dal 1999 al 2009 sia da collegare sostanzialmente alla componente femminile: il saldo positivo registrato in quest’intervallo di tempo (213mila unità) è per quasi due terzi (130mila) ascrivibile alle donne. Un dato interessante: nel 2009 (anno della grande crisi), dopo un decennio di crescita costante, l’occupazione femminile ha raggiunto quota 864mila unità (44,2% dell’occupazione complessiva), registrando addirittura un aumento rispetto al 2008 di 4mila unità. Tutto questo in netta controtendenza rispetto alla componente maschile, che ha visto nel 2009 un saldo negativo di 28mila occupati. Per quanto riguarda le persone in cerca di impiego, coerentemente con il calo occupazionale, si è registrato nel 2009 un aumento nella fascia maschile (48mila persone), ma anche di quella femminile (aumentata ancora di più: 50mila, nonostante l’incremento di occupazione). Emerge così una sorta di antinomia al femminile, dove in tempo di crisi crescono sia le occupate che le disoccupate. Un fatto che potrebbe essere spiegato con la ricerca di entrate aggiuntive per la famiglia da parte delle donne, per far fronte alla contrazione dei redditi maschili. Sulla “tenuta” dell’occupazione femminile può aver influito anche la disponibilità delle donne a cambiare l’orario di lavoro pur di mantenere l’impiego. Una “tenuta”, tuttavia, che si è verificata 2009 e non oltre: il primo trimestre del 2010 ha registrato il punto più basso tanto per l’occupazione maschile (-70mila unità rispetto al 2008) che per quella femminile (-51mila rispetto al 2009). Rispetto alla situazione nazionale (46,4%) ed europea (media Ue 27 - 58,6%), l’Emilia-romagna nel 2009 ha raggiunto un tasso di occupazione femminile (61,5%) notevolmente più elevato. Si è ancora lontani, tuttavia, dai livelli di alcuni Paesi del nord, come Danimarca (73,1%), Svezia (70,2%), Regno Unito (65%). Part-time - In Emilia-romagna, analogamente a quanto accade in Italia e negli altri paesi europei, l’occupazione part-time presenta una componente di genere molto marcata: è per l’88,9% femminile e il 24,8% delle occupate ha un lavoro a tempo parziale, contro a un 4,3% degli uomini (2009). Se da un lato il ricorso al part-time può essere visto come un’opportunità che favorisce l’entrata e la permanenza nel mercato del lavoro, dall’altro non bisogna trascurare il fatto che questa modalità di lavoro può ripercuotersi negativamente sui percorsi di carriera e sulla possibilità di indipendenza economica. Retribuzioni - La differenza di genere segna la voce “stipendio”: pur scorporando dai dati l’effetto legato al part-time, le donne percepiscono una retribuzione netta mensile (escluse altre mensilità e voci accessorie non percepite regolarmente) più bassa di quella degli uomini. Complessivamente, le donne hanno uno stipendio medio mensile inferiore di 302 euro rispetto a quello dei colleghi uomini. Un differenza che sale a 509 euro per le dirigenti, a 391 per i quadri, scende a 261 per le impiegate per risalire a 318 per le operaie. Istruzione - Alle superiori e all’università non solo sono più numerose tra i banchi rispetto ai maschi, ma ottengono anche risultati migliori. Nell’anno scolastico 2007/08, per quanto riguarda l’istruzione secondaria il tasso di diploma (per 100 19enni) è stato del 77,9 per le donne e del 65,9 per gli uomini, mentre quello di laurea (per 100 25enni) del 19,3 per le donne e 13,6 per gli uomini. Nonostante i risultati, l’inserimento nel mondo del lavoro per le donne risulta più difficile: se si esamina la condizione occupazionale nel 2007 di diplomati nel 2004, risultano al lavoro un 62,7% di uomini e un 56,8% di donne. Dei laureati nel 2004 in corsi triennali, a distanza di tre anni (e quindi sempre nel 2007) risultano lavorare il 79,1% delle donne e l’84,3% degli uomini. Donne e politica - L’italia ha una percentuale di donne parlamentari bassa: 18,3% al Senato e 21,1% alla Camera, compresi i rappresentanti eletti nella circoscrizione estero e i senatori a vita. In Regione la rappresentanza femminile è passata dal 13,3% della scorsa legislatura al 22,1% (dato calcolato comprendendo sia i Consiglieri che le altre cariche). Fra gli amministratori provinciali la percentuale aumenta con un 27% di presenze femminili, anche se soltanto 3 Province (Bologna, Reggio Emilia e Ferrara) su 9 sono governate da donne. La rappresentanza femminile per i sindaci scende al 22,2%; fra i Comuni con ampiezza demografica al di sopra dei 50.000 abitanti, nessuno ha come sindaco una donna. Fa eccezione Bologna, amministrata da un commissario donna. I tempi di lavoro all’interno della famiglia - Nonostante la crescente partecipazione delle donne al mercato del lavoro, rimangono ancora forti divari nella distribuzione dei carichi di lavoro domestico tra donne e uomini. In Emilia-romagna gli uomini dedicano in media 6 30’ ore settimanali al lavoro domestico contro le 25 delle donne (media nazionale 5 40’ – 27 30’). La conciliazione fra lavoro di cura e lavoro retribuito continua quindi a essere il problema più rilevante per le donne occupate, non soltanto in relazione alla crescita dei figli, ma – data la struttura per età dell’Emilia-romagna – anche in rapporto all’accudimento degli anziani. La popolazione residente - La popolazione residente in Emilia-romagna ha superato i 4 milioni e 300 mila individui (dati al 1° gennaio 2010). Il 51,4% sono donne. Una caratteristica della struttura demografica della regione è sicuramente il forte peso della componente anziana, che caratterizza proprio la componente femminile: le over 65enni rappresentano il 25,3% della popolazione (dato nazionale, 22,7%; gli ultrasessantacinquenni uomini invece sono il 19,49% in regione), mentre quelle che hanno superato gli 85 anni rappresentano il 4,4% (3,45% il dato nazionale; 2,03% la componente maschile over 85 in Emilia-romagna). Un invecchiamento comunque complessivo della popolazione che “pesa” sulle donne, su cui ricade in gran parte il lavoro di cura. Come nella popolazione “autoctona” le donne sono più numerose degli uomini, lo stesso accade tra gli immigrati: le donne straniere rappresentano il 50,7% dei residenti stranieri (complessivamente più di 460mila). Negli ultimi anni le donne sono cresciute a ritmi più sostenuti rispetto agli uomini, fino a raggiungere gli stessi numeri (nel 2009) e superarli (nel 2010). Indice, questo, di un fenomeno migratorio sempre più stabile, caratterizzato da ricongiungimenti e matrimoni. Per quanto riguarda l’età le donne straniere residenti hanno una struttura notevolmente diversa dalla popolazione femminile nel suo complesso: su 100 donne straniere, 19 hanno meno di 15 anni e solo 2,5 superano i 65. Le straniere anziane rappresentano soltanto lo 0,3% delle emiliano-romagnole con più di 80 anni.  
   
 

<<BACK