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Notiziario Marketpress di Giovedì 10 Marzo 2011
 
   
  «RIGOLETTO», UNA DISPUTA TRA FATO E VOLONTA’ TERZO E ULTIMO APPUNTAMENTO CON «TUTTI ALL’OPERA», LA MINI-RASSEGNA DI MUSICA LIRICA PROMOSSA DAL SOCIALE DI BUSTO ARSIZIO

 
   
   Busto Arsizio (Varese), 10 marzo 2011 – «E’ il più gran soggetto e forse il più gran dramma dei tempi moderni. [...] E’ creazione degna di Shakespeare!! [...]». Così Giuseppe Verdi, in una lettera del 25 aprile 1850 indirizzata al librettista Francesco Maria Piave, descriveva «Le Roi s’amuse» («Il re si diverte») del drammaturgo e poeta Victor Hugo. L’opera, convincente affresco delle dissolutezze che animavano la corte francese e del libertinaggio di Francesco I, fece da motivo ispirato al melodramma «Rigoletto». «Rigoletto», un evento di «Ba Teatro» Questo primo tassello della «trilogia popolare verdiana», della quale fanno parte anche «Il trovatore» e «La traviata», sarà sul palco del teatro Sociale di Busto Arsizio nella serata di giovedì 10 marzo, nell’ambito della stagione cittadina «Ba Teatro», cartellone che riunisce, sotto l’egida e con il contributo economico dell’amministrazione comunale di Busto Arsizio, le programmazioni di quattro tra le principali sale cittadine. L’allestimento, a firma di Mario Riccardo Migliara, vedrà in scena il Teatro dell’Opera di Milano, «prima compagnia itinerante di produzione di allestimenti completi di opera lirica in Italia», con la sua nuova tournée che sta proponendo cinque spettacoli in tredici piazze differenti, tra Lombardia, Liguria, Piemonte e Svizzera, per un totale di quaranta date. Sul palco per questo terzo e ultimo appuntamento della rassegna «Tutti all’Opera», che nei mesi passati ha visto in scena due apprezzati allestimenti de «Il trovatore» e di «Madama Butterfly», saliranno anche l’Orchestra filarmonica europea e la Corale lirica ambrosiana, dirette rispettivamente da Francesco Attardi e Roberto Ardigò. A dare corpo e voce al deforme Rigoletto sarà il baritono Mauro Augustini; la dolce Gilda sarà interpretata dalla soprano Yudith Pezoa; mentre nei panni del libertino duca di Mantova ci sarà il tenore Fabio Buonocore. Una disputa tra fato e volontà «Rigoletto», terza commissione per l’artista emiliano da parte del teatro La Fenice di Venezia (dopo «Attila» ed «Ernani»), esordì la sera dell’11 marzo 1851. Prima del debutto, il capolavoro del compositore di Busseto -avvincente storia dell’eterna diatriba tra fato e volontà- fu oggetto d’attenzione da parte della censura dell´Imperial Regio Governo asburgico, che non accettava l’attribuzione di un ruolo negativo a un sovrano e che riteneva il soggetto di «ributtante immoralità ed oscena trivialità». Giuseppe Verdi optò per qualche compromesso, spostando l’ambientazione dalle rive della Senna a quelle del Mincio, trasformando il re di Francia nel duca di Mantova (con un richiamo, forse intenzionale, alla figura dello spregiudicato Vincenzo Gonzaga) e cambiando l’originale titolo del componimento, «La maledizione», in «Rigoletto». L’opera fu accolta con calore dal pubblico sin dalla sua prima rappresentazione, anche se la critica non fu affatto tenera nei confronti del compositore di Busseto. La «Gazzetta di Venezia» scrisse per esempio: «Il maestro o il poeta si presero d´un postumo affetto per la scuola satanica, ormai scaduta e tramontata, cercando il bello ideale nel difforme, nell´orrido (…) non possiamo lodar questi gusti». E Chorley, nel suo «Musical Recollections» (1862), pur esprimendosi a favore della creazione verdiana, disse: «La parte della figlia del buffone (…) è fredda e puerile. L´aria che lei canta prima di ritirarsi a dormire alla sera del rapimento, non è altro che uno sbadiglio pieno di noia. Anche nel quartetto, peraltro molto ben equilibrato, il suo contributo si riduce a una serie di sospiri sconnessi fra di loro (…) Tali mezzi appartengono a un genere di arte molto basso». A prova del fatto che le critiche iniziali hanno sempre portato fortuna alle opere liriche, «Rigoletto» è diventato uno dei titoli più amati del repertorio, oggetto addirittura di tre film-opera per la regia di Gerolamo Lo Savio, Carmine Gallone e Jean-pierre Ponnelle e di un recente cinema per la televisione, diretto da Marco Bellocchio per la Rai e girato nei luoghi e nelle ore previsti dal libretto dell´opera. I temi che innervano il capolavoro verdiano, quel sapiente mix di passione, tradimento, amore filiale e vendetta, continuano, dunque, ad emozionare e incantare il pubblico. La trama Rigoletto, deforme e pungente buffone alla corte rinascimentale di Mantova, ha una figlia «segreta», Gilda, che tiene lontana dal mondo corrotto di Palazzo ducale. Duro e cattivo con tutti, sempre pronto a scherzi e vendette crudeli, l´uomo si dimostra, invece, con la ragazza un padre tenero e premuroso. Per uno scherzo del destino, la giovane diventa oggetto delle attenzioni del duca di Mantova, libertino impenitente. Nel frattempo, le reazioni dei cortigiani alle malefatte del buffone daranno il via a una serie di delitti: Gilda sarà rapita e violata dal nobiluomo; Rigoletto, per vendicare l´offesa, pagherà Sparafucile, un bandito, perché uccida il suo padrone, ma a morire, per mano del sicario sarà l´amata figlia. Musicalmente, il dramma verdiano dimostra una perfetta combinazione di ricchezza melodica e potenza drammatica, come ben documentano le tre arie più celebri: «La donna è mobile», «Caro nome» e «Cortigiani, vil razza dannata», con la quale viene sancita la nascita di una nuova voce per il melodramma italiano, quella “spinta” del baritono verdiano, dal potente declamato. Altra importante caratteristica musicale di questo lavoro è la schiacciante prevalenza di forme dialogiche, da «Sì, vendetta, tremenda vendetta» a «V’ho ingannato, colpevole fui», tanto è vero che lo stesso autore parlò per «Rigoletto» un’«opera di duetti». In scena i Tarocchi Visconti - L’allestimento del Teatro dell’Opera di Milano, che si avvale per le scenografie del prezioso lavoro di «Arti in Scena» s’ispira agli studi sulla magia degli Arcani e dei Tarocchi, con tutte le loro raffigurazioni e simbologie provenienti dal passato. «Rigoletto –spiega il regista Mario Riccardo Migliara- s’incarna nella carta numero 0, simbolo dell’inconscio e della follia e, come «Il Matto» dei Tarocchi, cammina con un fardello leggero e non utilizza l’esperienza. Il principe è «Il Diavolo», la carta numero 15, con tutta la sua capacità di sedurre e di trasformare la materia a suo favore. Gilda è rappresentata dalla carta numero 6, quella de «Gli innamorati», dove la passione e il sentimento predominano su tutto». «Gli arcani maggiori –racconta ancora il regista- non solo sono dentro inconsapevolmente ai personaggi dell’opera, ma sono anche fatale scenografia delle azioni sceniche, spada di Damocle pendente sulla testa dei personaggi e del pubblico che, con mistero, guarda il finale, dove il Trionfo della morte è illuminato insieme a Rigoletto, pazzo di dolore».  
   
 

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