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Notiziario Marketpress di Giovedì 10 Marzo 2011
 
   
  LEGGERE IL PENSIERO NON È PIÙ FANTASCIENZA “VEDERE” IL CERVELLO DURANTE I PROCESSI COGNITIVI. SETTIMANA DEL CERVELLO A PAVIA 13-20 MARZO 2011

 
   
   Pavia, 10 marzo 2011 - La Fondazione “Istituto Neurologico Nazionale Casimiro Mondino” di Pavia aderisce per il secondo anno consecutivo alla “Settimana Mondiale del Cervello” (13-20 marzo 2011), un’occasione di incontro con i cittadini per far conoscere le strutture e i servizi dell’Istituto. Con l’iniziativa “Ospedale aperto” nei giorni 14-15-16-18 marzo, dalle ore 14 alle ore 16, a chiunque volesse visitarlo e ricevere informazioni. Accanto a numerose conferenze divulgative, in calendario sabato 19 marzo, è prevista anche una conferenza per gli operatori sanitari lunedì 14 marzo in Aula Berlucchi, dal titolo emblematico “Leggere l’attività del cervello”. Negli ultimi tempi si stanno sperimentando tecniche sempre più innovative nel settore delle neuroimmagini, finalizzate a leggere e registrare l’attività elettrica delle cellule cerebrali: grazie a sofisticati computer, micro-chip e scanner in via di sperimentazione, si potrà comprendere appieno il funzionamento del cervello e studiare nuovi farmaci per la cura delle malattie neurologiche come, ad esempio, l´Alzheimer, ma anche – perché no – investigare i sogni e il pensiero di ognuno di noi. Nel nostro cervello, infatti, in particolare nella zona lobo temporale, dove avvengono i processi mentali, restano “tracce di memoria”, ricordi indelebili, che possono essere decifrati. La conferenza in programma il 14 marzo al Mondino intende fare il punto della situazione su questa nuova frontiera delle Neuroscienze, tra timori e speranze per il futuro. “Il recente sviluppo tecnologico ha consentito una estesa analisi non invasiva del sistema nervoso, che può essere impiegata sia a scopi clinici che per comprendere approfonditamente le funzioni cerebrali dell´uomo – spiega il prof. Egidio D’angelo, fisiologo dell’Università di Pavia coinvolto nel progetto - La magnetoencefalografia (Meg) e la risonanza magnetica funzionale (fMri) permettono di visualizzare vari aspetti delle funzioni cerebrali. La stimolazione magnetica transcranica (Tms) consente di stimolare il sistema nervoso centrale inducendo plasticità sinaptica ed attivando selettivamente specifici circuiti. Infine le tecniche di fisiologia cellulare consentono di studiare i meccanismi funzionali dei neuroni che possono poi essere ricostruiti mediante complessi modelli matematici. In questo simposio verrà illustrato il ruolo fondamentale della fMri, Meg e Tms nello studio delle funzioni cerebrali in relazione ai sottostanti processi neuronali e di rete.” 19 Marzo Conferenze Divulgative Per I Cittadini - Ore 10-11.30 Aula Berlucchi - Malattia Di Parkinson E Cellule Staminali - Dr Claudio Pacchetti - La terapia con cellule staminali nelle malattie neurodegenerative, e in particolare nelle sindromi parkinsoniane, ha per i pazienti il fascino di una terapia risolutiva che porta alla guarigione definitiva. Nonostante i pochi studi controllati pubblicati su riviste scientifiche abbiano dato esiti sostanzialmente negativi, sono molte le persone che a fronte di gravi malattie e di assenza di terapie affrontano il “viaggio della speranza” alla ricerca di una cura. Sono molti i centri all’estero che fuori dalle rigide regole di una sperimentazione clinica ufficiale offrono terapie a base di staminali con costi rilevanti e invariabilmente con risultati non soddisfacenti. Per constatare quanto il mercato sia fiorente basta una rapida ricerca sul web dove sono numerosissime le offerte di cura con staminali in vetrina per i pazienti parkinsoniani. Occorre trovare nuovi equilibri per la cura della “cronicità”, e occorre anche dare risposte a quello che già si prospetta come un nuovo flusso migratorio, dopo quello degli anni ’90 per la Dbs, verso paesi Cee o extraeuropei che offrono terapie con cellule staminali. Durante l’ incontro con i cittadini interessati verranno affrontati i punti salienti, riguardanti la ricerca e le attuali possibilità terapeutiche. Aula Mondino - La Gestione Delle Cefalee Croniche Dr.ssa Marta Allena - Il capitolo delle cefalee croniche interessa trasversalmente l’intera classificazione delle cefalee e dei disordini dolorosi del capo; sono croniche, infatti, alcune complicanze di cefalee primarie (emicrania cronica), ed alcune cefalee primarie stesse che si presentano come croniche in alcuni loro sottotipi (cefalea di tipo tensivo, cefalea a grappolo, hemicrania parossistica, hemicrania continua). Alcuni studi di popolazione hanno evidenziato che circa il 2.5% dei pazienti con emicrania episodica a bassa o alta frequenza mensile di crisi progredisce ogni anno verso l’emicrania cronica, una sindrome caratterizzata da crisi di cefalea per > 15 giorni al mese da almeno tre mesi, molto disabilitante e meno sensibile ai trattamenti acuti e preventivi rispetto alla forma episodica. E’ stato stimato che circa il 4% della popolazione generale soffre di cefalea cronica, e ne sono colpite tutte le fasce di età. Queste percentuali aumentano notevolmente se riferite ai centri cefalee specialistici, dove la cefalea cronica rappresenta una delle forme più comuni di cefalea per cui il paziente richiede assistenza. Sono stati individuati dei fattori di rischio connessi con lo sviluppo di cefalea cronica, alcuni dei quali non modificabili (il sesso femminile, l’età, la predisposizione genetica, il basso livello socio-economico) ed altri modificabili (l’uso eccessivo di farmaci sintomatici e di caffeina, la frequenza mensile degli attacchi, le comorbidità psichiatriche ed i disturbi del sonno, l’obesità) sui quali è possibile intervenire per prevenire il peggioramento e la cronicizzazione della cefalea. L’uso eccessivo di sintomatici è, tradizionalmente, considerato uno dei fattori più comuni di cronicizzazione dell’emicranica. Un settore di particolare importanza è costituito, infatti, dalla cefalea da abuso di farmaci, una cefalea cronica secondaria che si sviluppa da una forma primaria di cefalea (più spesso emicrania o cefalea di tipo tensivo) in seguito all’uso elevato e regolare di farmaci sintomatici assunti per il trattamento acuto degli attacchi dolorosi. Dopo il trattamento e l’interruzione brusca del farmaco di “abuso” (effettuata con strategie differenti, sia in regime di ricovero ospedaliero che ambulatoriale), un’alta percentuale di pazienti può presentare una recidiva a distanza di mesi o anni ed il rischio maggiore si verifica entro 12 mesi dalla disintossicazione. La gestione delle cefalee croniche rappresenta, data la loro complessità, una sfida per il medico specialista sia sul piano clinico che socio-economico. La differenziazione delle varie forme croniche, la prevenzione della progressione in cefalea cronica, l’identificazione dei fattori di cronicizzazione e l’impostazione del trattamento farmacologico e non farmacologico, richiedono una strategia di gestione integrata della malattia che coinvolge numerose discipline e servizi sanitari interconnessi al fine di migliorare la qualità di vita dei pazienti che ne sono affetti. Aula Rossi - Epilessia In Eta’ Pediatrica: Nuove Prospettive Prof. P. Veggiotti - L’epilessia in età pediatrica è un’evenienza non rara e colpisce l’1% della popolazione infantile con punte più elevate fino al 5% nei primi tre anni di vita. Le nuove tecniche di indagine sia in ambito neurofisiologico/neuroradiologico sia in ambito genetico metabolico hanno permesso di identificare nuove forme infantili che fino ad oggi avevano un’eziologia non conosciuta , aprendo per esse nuove prospettive terapeutiche mirate frutto della comprensione della problematica (malformativa , metabolica , genetica) che sta alla base della malattia. Altro grande problema dell’epilessia infantile è la presenza di una percentuale vicina al 30% di pazienti che non rispondono ai farmaci antiepilettici tradizionali; in questo ambito verranno presentate nuove terapie alternative ai tradizionali farmaci e che possono aiutare questi soggetti a superare la loro farmacoresistenza. Ore 11,30- 13.00 Aula Berlucchi - Ictus E Genetica Dr.ssa Anna Bersano - L’ictus è una delle più importanti cause di disabilità e mortalità nei paesi occidentali ma i suoi meccanismi patogenetici non sono ancora completamente chiariti. Vi sono evidenze da studi condotti sui gemelli o sulle famiglie che i fattori genetici contribuiscono alla patogenesi dell’ictus. I disordini a eredità monogenica, in cui esiste una mutazione causativa, spiegano solo una minima parte di ictus familiari, ma si ritiene tuttavia che la bassa incidenza di queste malattie sia in parte imputabile alla loro sottodiagnosi. Tuttavia si ritiene che la maggior parte degli ictus sia di origine poligenica e che ci siano fattor genetici che agiscono in maniera sinergica nel contribuire alla patogenesi dell’ictus o dei suoi fattori di rischio. Una serie di studi sono stati condotti sia su malattie rare ad eredità monogenica (mendeliana o mitocondriale) sia mirati all’identificazione di geni o polimorfismi associati all’ictus cerebrale o ai suoi fattori di rischio. Identificare una possibile causa genetica di ictus è importante per mettere in atto misure terapeutiche, laddove possibile, di prevenzione, di counseling genetico e di pianificazione familiare. Aula Mondino - Sclerosi Multipla E Ipotesi Vascolare Dr Roberto Bergamaschi - L’incontro “Sclerosi Multipla e ipotesi venosa” si propone di informare sulle attuali conoscenze riguardanti un argomento che sta suscitando grandissimo interesse in ambito medico e da parte dei mass-media. In particolare, è stato recentemente ipotizzato che una difficoltà di deflusso del sangue dal cervello, per la presenza di restringimenti o occlusioni nelle vene del collo o della colonna vertebrale (definita globalmente come Insufficienza Venosa Cerebro-spinale Cronica, Ccsvi) possa avere un ruolo nello sviluppo della sclerosi multipla (Sm). Il flusso del sangue venoso rallentato o addirittura invertito potrebbe determinare, a monte, un danno al tessuto cerebrale e potrebbe dare inizio al processo infiammatorio immuno-mediato proprio della Sm. Alcuni studi hanno confermato la presenza di Ccsvi in un’elevata percentuale di malati di Sm, altri studi hanno osservato percentuali inferiori, altri ancora sono risultati totalmente negativi. La notevole discrepanza tra i risultati delle varie ricerche porta al momento a considerare con prudenza quale sia l’effettivo ruolo della Ccsvi nella Sm, e rende necessari ulteriori studi per chiarire una serie di quesiti tuttora irrisolti sulla Ccsvi: 1. È la causa della Sm? 2. È una concausa della Sm? 3. È la conseguenza della Sm? 4. È un riscontro occasionale senza rilevanza patologica? La risposta a tali quesiti è di fondamentale importanza, perché solo quando sapremo rispondere adeguatamente ad essi saremo in grado di sostenere l’utilità o meno di un intervento chirurgico per correggere la Ccsvi. Aula Rossi - Malattie Neurodegenerative E Sclerosi Laterale Amiotrofica Prof. Mauro Ceroni - Charcot ha scoperto e descritto con precisione ancora oggi stupefacente la Sla nel 1870 La grande maggioranza delle altre malattie degenerative del Sn è stata descritta entro i primi 20-30 anni del ‘900 Eppure sino al 1990 nessun significativo avanzamento è stato fatto nella comprensione dei meccanismi patogenetici di queste forme Il capitolo delle malattie degenerative rappresenta nella sistematizzazione della Patologia Generale (branca medica tipicamente italiana legata all’enorme impatto della figura di Golgi) quel gruppo di malattie che sfuggono per definizione all’individuazione di una causa precisa Esse sono essenzialmente malattie del Sn. Perché il Sistema Nervoso? • Perché è costituito da cellule neuronali perenni che non devono essere cambiate durante la vita (l’apprendimento verrebbe compromesso!) • Esistono cellule neuronali staminali, ma solo nei bulbi olfattivi e nelle aree periventricolari e non è stata dimostrata alcuna rilevanza funzionale delle stesse • Perché il Sistema Nervoso? • I neuroni embrionali dopo essersi replicati in ondate rapidissime (fino a 250.000 cellule al minuto) migrano radialmente e vengono selezionati attraverso la competizione per il target e l’apoptosi di tutte le cellule superflue • Si stanno accumulando evidenze che l’unità funzionale che permette la prodigiosa longevità dei neuroni è una stretta simbiosi con gli astrociti e gli oligodendrociti, cellule che invece vengono rinnovate a partire da un precursore comune durante tutto il life-span • Perché il Sistema Nervoso? • La lunga durata nel tempo dei neuroni li espone all’accumulo di alterazioni metaboliche e strutturali potenzialmente lesive dell’omeostasi cellulare • Per tale motivo, è verosimile che invecchiamento cerebrale e malattie degenerative siano strettamente correlati • In particolare, una funzione che sembra essere critica da questo punto di vista è rappresentata dalla corretta processazione delle proteine. Che cos’è la neurodegenerazione? • Provocatoriamente voglio proporre che le malattie neurodegenerative rappresentino per i neuroni quello che i tumori rappresentano per svariatissimi tessuti del nostro organismo • Tumori e neurodegenerazione, infatti, costituiscono un sovvertimento dei meccanismi che mantengono la vitalità e l’efficienza funzionale di tessuti • Che cos’è la neurodegenerazione? • Il meccanismo di gran lunga più diffuso in natura per il mantenimento della vitalità e dell’efficienza funzionale dei tessuti è rappresentato dalla replicazione cellulare • Nel Sn l’elevata complessità strutturale (anche del Snp!) e soprattutto la necessità nel Snc di assicurare il mantenimento di apprendimenti che durano anche svariati anni (linguaggio!), ha richiesto la scelta evolutiva di cellule (i neuroni) non ricambiabili • Che cos’è la neurodegenerazione? • Il processo neurodegenerativo rappresenta quindi l’intrinseca difficoltà biologica del mantenimento della vitalità e della efficienza funzionale di cellule non ricambiabili, che perdurano per tutto il life-span • Così, come il tumore rappresenta un problema biologico di difficile soluzione perché espressione della sregolazione di uno dei meccanismi fondamentali della vita biologica (la replicazione cellulare), la neurodegenerazione rappresenta un problema analogo per la sopravvivenza neuronale Che cos’è la neurodegenerazione? • Esiste una stretta correlazione tra invecchiamento e neurodegenerazione al punto che è possibile affermare che la neurodegenerazione rappresenta un limite all’estensibilità della durata della vita umana difficilmente valicabile • Invecchiamento e neurodegenerazione • La correlazione è particolarmente evidente nel caso della malattia di Alzheimer • L’incidenza della malattia sale rapidamente con l’aumento dell’età fino a raggiungere il valore di oltre 1:3 sopra gli 85 anni • Placche senili, degenerazione neurofibrillare, perdita neuronale e gliosi sono caratteristiche comuni alla m. Di Alzheimer e all’invecchiamento • Invecchiamento e neurodegenerazione • Una netta correlazione con l’età esiste anche per la malattia di Parkinson, mentre è ancora discussa per la Sla • Una degenerazione dei neuroni dopaminergici della substantia nigra è presente nell’invecchiamento cerebrale fisiologico.  
   
 

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