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Notiziario Marketpress di Giovedì 19 Maggio 2011
 
   
  XI CONGRESSO DELLA SOCIETÀ ITALIANA DI MEDICINA DELLE MIGRAZIONI PRESENZA DEGLI STRANIERI IN ITALIA E SOSTEGNI PER L’INTEGRAZIONE

 
   
  Palermo, 19 maggio 2011 - All’inizio degli anni Novanta, l’Italia aveva 354.000 immigrati; nel 2001 il numero è salito a 1.334.000, nel 2004 a 1.990.000 e nel 2009 è schizzato a 4.235.000. Secondo le stime del dossier Caritas Migrantes sarebbero 4.919.000 gli immigrati residenti nel nostro Paese, se si aggiungono quelli in attesa di registrazione, con un tasso di incidenza pari al 7,2 per cento della popolazione nazionale. Per quanto riguarda gli irregolari e i clandestini, il loro numero si stima possa essere pari a 300-500 mila presenze (non più del 10 per cento rispetto alle presenze regolari). Anche gli irregolari hanno possibilità di accesso alle strutture sanitarie pubbliche, ma esistono marcate differenze regionali: la fruibilità non è assicurata su tutto il territorio nazionale. Nonostante la presenza degli immigrati sia un fenomeno ormai strutturale, nel 2009 il Fondo nazionale per l’inclusione sociale è rimasto sprovvisto di copertura. Questa carenza, oltre tutto in fase di crisi economica, di certo non aiuta l’integrazione. Nel 2011 è stato tagliato, nel silenzio assoluto, il 76,3% delle spese per i servizi sociali: Il Fondo nazionale delle politiche sociali (che dovrebbe nutrire il cosiddetto welfare) è stato ridotto a 275 milioni di euro. Tre anni fa la sua dotazione era più del triplo. Il Fondo per la famiglia è passato dai 185 milioni dell’anno scorso a 51 . Migrazioni e malattie. Dati ricoveri ospedalieri (Fonte ministero dell’Interno – ultimi dati disponibili relativi al 2005) - I ricoveri di cittadini stranieri sono stati oltre 450 mila (pari al 3,6% dell’ospedalizzazione complessiva nel nostro Paese), effettuati quasi esclusivamente in reparti per acuti e per il 73% in regime ordinario. Le cause più frequenti di ricovero negli uomini sono i traumatismi (25,9%), seguiti dalle malattie dell’apparato digerente (13,8%), del sistema circolatorio (9,4%) e quelle dell’apparato respiratorio (8,2%). Per questi problemi di salute, in termini di tassi emerge che i valori dei cittadini stranieri sono sempre più bassi rispetto ai residenti, con l’esclusione dei traumatismi (16,6 per mille persone contro 14,8) e delle malattie infettive e parassitarie. Per le donne ben il 56,6% delle dimissioni ha riguardato i parti naturali e le complicanze delle gravidanza, del parto e del puerperio. Seguono le malattie del sistema genitourinario (16,8%), seguite dalle malattie dell’apparato digerente (14,4%) e dai tumori (10,5%). Anche in questo caso i tassi delle cittadine straniere sono più bassi rispetto alle residenti ad esclusione di quelli relativi alle malattie infettive e parassitarie. I dati non evidenziano specifiche criticità sanitarie se non l’elevata frequenza di ricoveri per traumatismi (da imputare in genere all’elevato numero di incidenti lavorativi in particolare se lavoro in nero) ed un’espressione di rischio maggiore per le malattie infettive, seppur con tassi bassi e con un trend in diminuzione, che però sono quasi il doppio rispetto ai residenti. Molte delle malattie infettive riscontrate, sono espressione di una fragilità sociale tradotta spesso in promiscuità abitativa, difficoltà di accesso ai servizi, scarsa igiene negli ambienti di vita e lavoro e poca attenzione alla prevenzione. L’immigrato arriva nel nostro paese con un ’patrimonio’ di salute pressoché integro: è il cosiddetto effetto migrante sano, che fa riferimento a un’autoselezione nel paese di origine. Programmazione e pianificazione delle politiche socio-sanitarie in Italia. Differenze tra Regioni - Uno studio della Simm e della Caritas romana, nell’ambito di un vasto progetto coordinato dall’Istituto Superiore di Sanità e commissionato dal Ministero della Salute, offre una panoramica delle problematiche sanitarie della popolazione straniera nel nostro Paese e, al contempo, una mappatura delle politiche di assistenza sanitaria agli immigrati messe in atto regione per regione e provincia autonoma. Partendo dagli atti formali (leggi locali, piani, delibere, e note) emanati dal 1995 all’inizio del 2010, si sono analizzate in modo comparativo le politiche delle Regioni/province Autonome sulla salute degli immigrati (inclusi rom, richiedenti asilo e rifugiati) allo scopo di individuare le più efficaci. Dall’analisi di oltre 700 atti, emerge che quasi metà delle regioni italiane ha un alto livello di attenzione verso il tema della salute degli immigrati. In particolare, per gli immigrati irregolari, l´assistenza viene garantita mediamente in tutto il territorio nazionale, in linea con le disposizioni normative nazionali. Ma in Basilicata, Calabria e Lombardia manca una direttiva centrale che uniformi l´assistenza tra le diverse aziende sanitarie e ne garantisca livelli essenziali adeguati, con una particolare criticità per la Lombardia dove per gli immigrati irregolari è previsto solo l’accesso al pronto soccorso. Ci sono anche situazioni in cui la condizione giuridica dello straniero non incide sulla possibilità di accesso alle prestazioni sanitarie e dove sono gli stessi medici di medicina generale e pediatri di libera scelta a prendersi in carico gli immigrati irregolari. Questo avviene in Puglia, Umbria, Provincia di Trento, mentre il Molise e il Friuli Venezia Giulia fanno riferimento ai soli pediatri di libera scelta per i minori. Per quanto riguarda l’assistenza sanitaria ai comunitari sprovvisti di copertura sanitaria, solo l’Abruzzo, la Basilicata, la Calabria e la Valle d’Aosta non hanno emesso alcun atto a riguardo ed il Veneto non ha trasmesso le disposizioni ministeriali del 2008, ma solo quelle precedenti, che non prevedono l’erogazione di cure essenziali ed urgenti ai comunitari che non hanno i requisiti per l’iscrizione al sistema sanitario nazionale, né altre forme di assicurazione sanitaria. Campania, Lazio, Marche, Piemonte, Toscana hanno invece dimostrato di anticipare la politica nazionale, con atti che hanno preceduto quanto disposto dal Ministero della Salute oppure che includono l’iscrizione volontaria al sistema sanitario regionale come ulteriore opportunità di essere tutelati nell’assistenza sanitaria. La Provincia autonoma di Trento, invece, ha emanato un atto più restrittivo rispetto alle indicazioni ministeriali, prevedendo per esempio che le interruzioni volontarie di gravidanza debbano essere pagate dagli utenti non iscritti al servizio sanitario, ma a marzo 2011 ha sancito la possibilità dell’iscrizione volontaria per i cittadini comunitari. Il Friuli Venezia Giulia, nonostante abbia trasmesso le indicazioni ministeriali per tutelare l’assistenza per i comunitari sprovvisti di copertura sanitaria, si trova di fatto a non aver rilasciato quasi per niente i codici Eni (Europeo Non Iscritto). Per quanto riguarda la formulazione la normativa per l´accesso ai servizi per la popolazione straniera, soltanto cinque regioni (Lazio, Puglia, Sicilia, Umbria, Veneto) hanno sviluppato delle vere e proprie linee guida. Altre realtà locali (Campania, Emilia-romagna, Friuli Venezia Giulia, Liguria, Piemonte, Provincia autonoma di Bolzano e quella di Trento) hanno emanato atti singoli, in forma di delibere, circolari o note finalizzate a chiarimenti su aspetti specifici della normativa sull’assistenza agli immigrati, non coprendo però in maniera sistematica tutte le diverse tipologie di utenza (comunitario e non, in regola e non con le norme relativa all’ingresso ed al soggiorno, rifugiato e richiedente asilo). Altro nodo, l´analisi del bisogno di salute espresso, in modo da orientare l’offerta stessa e l’organizzazione dei servizi in maniera appropriata. Solo la metà delle regioni italiane ha sancito la costituzione di Osservatori per il monitoraggio e la valutazione del fenomeno migratorio nei suoi molteplici aspetti e delle sue ricadute in termini di impatto in ambito sanitario. Rimangono solo pochi contesti locali (Abruzzo, Calabria, Sicilia, Valle d’Aosta e Provincia autonoma di Bolzano) a non aver inserito nei documenti programmatici nessun riferimento alla necessità di analizzare il bisogno di salute degli immigrati, per intercettarlo prima anche laddove non si esprima in domanda di assistenza. Il Friuli Venezia Giulia aveva attivato un Osservatorio sull’immigrazione, ma l’abrogazione nel 2008 della legge regionale e del relativo piano sull’immigrazione ne ha interrotto l´attività. Dal punto di vista della prevenzione e promozione della salute, si dedica particolare rilievo alla salute materno-infantile, rispetto alla quale vengono date indicazioni di intervento soprattutto nei piani sanitari locali, anche se la metà delle realtà locali non presenta nessun focus specifico nei propri atti normativi o si limita a pochi cenni in riferimento su questo tema. Sotto questo profilo, risultano all´avanguardia solo Emilia-romagna, Marche, Puglia, Sardegna, Toscana e Provincia autonoma di Trento, che affrontano in maniera approfondita la questione della salute della donna e dei bambini immigrati attraverso sezioni dedicate all’interno dei documenti di programmazione sanitaria o progettualità specifiche. La formazione degli operatori è generalmente indicata come asse di intervento delle politiche sanitarie locali, che hanno riconosciuto il bisogno di formare il personale sanitario sugli aspetti inerenti la salute degli stranieri, la medicina delle migrazioni e l’approccio transculturale. Solo la Calabria, la Campania e la Provincia autonoma di Bolzano non hanno riferimenti in quest’ambito. Tuttavia, spesso le indicazioni sono di tipo generico, non esplicitano le modalità con cui tale formazione dovrebbe essere realizzata, né i temi da trattare, né la tipologia degli operatori da coinvolgere, né i metodi didattici. Un esempio positivo è il programma formativo deliberato dalla Regione Lazio per il 2011 rivolto agli operatori amministrativi, al personale medico, infermieristico ed ostetrico, con una analisi sotto il profilo socio-demografico, sanitario, relazionale e normativo organizzativo, comprendendo anche la problematica delle mutilazioni genitali femminili. Anche alla mediazione di sistema viene riservato un alto livello di attenzione da parte delle politiche sanitarie: solo la Calabria e la Provincia autonoma di Bolzano non hanno inserito alcun riferimento alla mediazione negli atti normativi, mentre oltre la metà delle regioni italiane presentano richiami più o meno approfonditi su questo aspetto negli atti. Risulta però necessario verificare l’effettiva applicazione delle indicazioni fornite per realizzare una vera prevenzione e promozione della salute degli immigrati. Impatto delle politiche sanitarie. Le pagelle delle Regioni - Considerando insieme i vari aspetti osservati in relazione all’accesso, alla lettura del bisogno di salute ed alla fruibilità dei servizi, ne deriva una raffigurazione delle politiche sanitarie regionali rivolta agli immigrati molto eterogenea: seppur generalmente diffuso un buon livello di attenzione per la popolazione straniera negli atti normativi e di programmazione sanitaria locali, rimangono molte le differenze territoriali, non riconducibili ad una diversa distribuzione della presenza degli immigrati nelle singole regioni. Promossa la Puglia, che si guadagna l’eccellenza. Ottimo il risultato di Piemonte, Liguria, Trentino, Emilia Romagna, Toscana, Marche, Umbria, Lazio e Sardegna. Ottengono un buono Veneto e Campania. Sono sufficienti, invece, Lombardia, Valle d’Aosta, Friuli Venezia Giulia e Sicilia. In difficoltà, invece, la Basilicata. Fanalino di coda la Calabria.  
   
 

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