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Notiziario Marketpress di Lunedì 06 Giugno 2011
 
   
  IL MIRACOLO CINESE FRA ECONOMIA E STORIA

 
   
  Trento, 6 giugno 2011 - La Cina come nodo centrale dell’economia contemporanea in un’ascesa che appare irresistibile e sta portando il paese orientale ad essere il nuovo impero finanziario ed economico del Xxi secolo. Un’ascesa al centro dell’analisi proposta, il 4 giugno, da Fabrizio Zilibotti, professore ordinario di Macroeconomia ed Economia politica presso l’Università di Zurigo, protagonista dell’incontro “Dalla Cina imperiale all’impero finanziario” introdotto dal direttore del quotidiano "l’Adige", Pierangelo Giovanetti. Ne è uscito un quadro affascinante di una nazione capace di affrontare le sfide della trasformazione, di mutare con coraggio le sue forme economiche ma nello stesso tempo simbolo di una possibile minaccia allo sviluppo del nostro Occidente chiamato a rispondere alla crescita del dragone cinese. Una crescita che offre, secondo Zilibotti, grandi opportunità per chi saprà coglierle a livello globale. Punto di partenza dell’analisi di Zilibotti proprio le radici storiche della Cina, di quel grande impero millenario, fino al 1500 la regione tecnologicamente più avanzata del mondo, che pareva essere caduta in un inesorabile declino. “Un declino iniziato nel 19°secolo e poi proseguito nel ventesimo, grazie prima ad una serie di scelte fra tradizionalismo e isolazionismo che divennero ostacoli allo sviluppo economico e in seguito alle trasformazioni in Repubblica nel 1912 e poi nella Repubblica Popolare Cinese nel 1949”. Un processo d´involuzione e di declino che aveva fatto della Cina uno dei più poveri del mondo con episodi come la Grande Carestia che causò milioni di morti fra il 1958 e il 1961. La svolta grazie a Deng Xiaoping che ha diretto "de facto" la Cina dal 1978 al 1992 e a cui va il merito di aver avviato le prime riforme economiche su tre direttive fondamentali: il sistema delle responsabilità famigliari, le imprese di città e di villaggio e le zone economiche speciali. Secondo Zilibotti , che dirige un centro di ricerca finanziato dall’European Research Council che si occupa di crescita e sviluppo economico, con interesse particolare rivolto alla trasformazione economica della Cina: “Questo portò negli anni Ottanta ad una rapida crescita economica con una graduale transizione dall´economia pianificata, ad un´economia aperta al mercato che sfociò nel 1992 in un’ulteriore serie di riforme con la creazione delle prime imprese a capitale privato che si affiancarono a quelle statali”. Oggi la Cina è il secondo paese in termini di reddito totale, ed il maggiore esportatore mondiale. Un vero e proprio impero finanziario destinato a diventare nel giro di una decina d’anni, secondo le previsioni, la prima potenza economica globale che poggia le sue fondamentale sul forte investimento nelle infrastrutture e nelle imprese, sull’implementazione delle tecnologie e sull’esercito di manodopera frutta della migrazione dalle campagne ai centri industriali. E grazie ad un avanzo commerciale che sembra inarrestabile, la Cina ha accumulato riserve in oro e valuta estera pari a 2500 miliardi di dollari. Ma non mancano certo i problemi come ha evidenziato Zilibotti a partire da quelli legati alla crescente disuguaglianza interna, ai problemi legati all’impatto della crescita sull’ambiente e alla domanda se sia possibile e sostenibile una vera crescita senza democrazia. Altro nodo è quello del trend demografico che dopo le scelte legata alla politica del figlio unico (con la legge del 1978) sta di fatto portando ad un progressivo invecchiamento della popolazione e questo avrà ovviamente delle ripercussioni sul quadro economico. Viene da chiedersi allora se la crescita cinese continuerà o sarà piuttosto destinata ad un rallentamento. La risposta di Zilibotti è chiara: “Un rallentamento probabilmente ci sarà, ma non certo nell’immediato perché in Cina ci sono ancora ampi margini di inurbamento, c’è un capitale umano sempre più preparato e si sta investendo in maniera importante in innovazione e sviluppo, passando dall’imitazione all’innovazione”. Bisognerà capire però se questa crescita, che pare inarrestabile, potrà avere una sua sostenibilità ambientale ma soprattutto bisogna riflettere sul fatto che nel giro di pochi anni la più grande potenza economica mondiale non avrà più il vessillo della democrazia.  
   
 

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