|
|
|
 |
  |
 |
|
Notiziario Marketpress di
Giovedì 09 Giugno 2011 |
|
|
  |
|
|
COME LE BANCHE CENTRALI REAGISCONO ALLA CRISI LUCREZIA REICHLIN: «AUTORITÀ CHE DEVONO RIMANERE INDIPENDENTI PER TUTELARCI DAI RISCHI»
|
|
|
 |
|
|
Trento, 9 giugno 2011 - Cosa sono le banche centrali e come si muovono nella crisi? Dalla condanna di Fazio, al trasferimento di Mario Draghi alla Bce, fino al posto vuoto alla Banca d’Italia e alla crisi dell’euro: il Festival dell’Economia di Trento prende appuntamento, il 3 giugno, con l’attualità e si occupa del ruolo delle Banche centrali e del bene prezioso dell’indipendenza dei banchieri centrali nei confronti dei poteri nazionali. Di questo ha parlato Lucrezia Reichlin, economista della London Business School e del Centre for Economic Policy Research (ma anche prima donna ad occupare il ruolo di direttore generale per la ricerca alla Bce), che ha ripercorso le varie tappe della crisi, dal suo esordio fino alla stabilizzazione ad opera della banche centrali. A introdurre il tema, la giornalista di Repubblica, Elena Polidori. «I confini della libertà economica, tema del Festival di quest’anno, c’entrano molto con il ruolo delle banche centrali, che devono rimanere autorità indipendenti rispetto ai governi nazionali» ha esordito Lucrezia Reichlin, davanti al pubblico riunito nella sala conferenze della Facoltà di Economia dell’Università di Trento. «Nella recessione che ha caratterizzato il 2008-2009, le banche centrali hanno agito in modo diverso rispetto a quanto fanno di solito. La risposta alla crisi dei governi e della banche è stata infatti senza precedenti e ha portato a risultati di stabilizzazione. Gli interventi sono infatti serviti ad evitare il disastro che avvenne, ad esempio, negli anni ’30.» Per capire meglio come è andata bisogna capire il funzionamento delle banche centrali in tempi normali: «La Banca centrale è il manager del sistema dei pagamenti, la banca del governo, la banca delle banche. Ha il compito di stabilire le regole che garantiscono il buon funzionamento del sistema finanziario e interviene in caso di crisi per effettuare salvataggi. Soprattutto, ha il monopolio di creazione di moneta, perché gode di credibilità, aumentando le riserve creando ad hoc i fondi. Durante questa crisi ne ha creati molti. Con implicazioni sul piano fiscale perché i profitti così ottenuti sono pagati al governo, costituendo così un’importante fonte di entrate. Ma se ne produce troppo, il rischio è quello di produrre inflazione. Inoltre, la Banca Centrale esercita un’influenza sul sistema economico attraverso la determinazione dei tassi di interesse di politica monetaria, compresi quelli a breve termine che sono quelli che influiscono sulle condizioni dei mutui per i cittadini. In tempi di crisi, quando tutti questi tassi non sono collegati, per la Banca centrale è molto complicato svolgere il suo ruolo». Ma cosa è successo durante la crisi alle banche centrali? «Nell’agosto 2007 si apre la prima fase della crisi, quella relativa alla liquidità. La Bce decide di immettere temporaneamente liquidità nel mercato per tentare di evitare un blocco delle operazioni. Con il fallimento della Lehmann nel settembre del 2008 il problema di liquidità si trasforma in un problema di solvibilità, di crisi bancaria con conseguenze che hanno portato verso la recessione. Tutte le banche erano colpite perché potenzialmente ritenute non solvibili. Oltre ad abbassare il tasso di policy, la Bce ha messo in campo uno strumento non standard, completamente nuovo: quello di sostituirsi al mercato, come “intermediario di ultima istanza” rimpiazzando le transazioni con operazioni a tasso fisso per offrire liquidità alle banche e per tentare così di ristabilire il funzionamento del mercato. Una soluzione che è servita a restaurare un allineamento tra i vari tassi e nel controllare l’offerta di moneta, evitando anche un crollo dei depositi, come invece si era verificato nella crisi del ’29». Durante la crisi però, oltre a prendere liquidità dalla Bce, le banche hanno anche depositato. «Ciò è indice di una segmentazione del mercato e di una divisione tra banche “buone” e “cattive”, solvibili e non. Questa segmentazione è un indice preoccupante. Il compito delle banche centrali è infatti quello di dare liquidità contro “collaterale”, non di tenere in vita delle banche non più solvibili. Questo è eventualmente compito dei governi. Se poi il collaterale (le garanzie) non è buono, sorgono ulteriori problemi.» Poi l’ultima fase: «Con la crisi sovrana scoppiata nel maggio 2010, la Bce lancia il Securities Market Program per restaurare liquidità nei mercati dove c’è bisogno (ad esempio sul debito greco), riassorbe la liquidità creando depositi a termine e comperando buoni del Tesoro (ad oggi 75 miliardi di cui due terzi sono greci). Il principio era quello di dare al governo il tempo necessario per trovare una soluzione per il debito dei Paesi periferici e le banche insolvibili, ma il problema persiste e questo ha creato un conflitto di interessi, perché si sostiene una parte particolare del sistema finanziario. Il rischio di fallimento di questi Paesi si estende così al resto del sistema con rischi di credito generalizzati che potrebbero sfociare anche in un’estensione della bancarotta e di fallimento della Bce (che potrebbe verificarsi in caso di bancarotta di Grecia, Portogallo e Irlanda), che sarebbe da ricapitalizzare con i soldi dei cittadini europei. Questa relazione stretta tra politica monetaria e fiscale è ciò che sta oggi alla base del sistema». A questo punto, la soluzione è quella di accettare il compromesso per evitare una crisi finanziaria oppure evitare il conflitto d’interesse e chiudere il rubinetto verso i Paesi in difficoltà? «La risposta non è semplice – chiude la Reichlin – ma in ogni caso il sistema rimarrà fragile e occorre chiedersi se si debba ragionare per arrivare col tempo ad un’unione fiscale». |
|
|
|
|
|
<<BACK |
|
|
|
|
|
|
|