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Notiziario Marketpress di Giovedì 14 Dicembre 2006
 
   
  ”TUTTE LE BUGIE DEL LIBERO COMMERCIO. ECCO PERCHÉ LA WTO È CONTRO LO SVILUPPO"

 
   
  Monfalcone, 14 dicembre 2006 - ”Tutte le bugie del libero commercio. Ecco perché la Wto è contro lo sviluppo” è il titolo di un volume nato dal monitoraggio delle attività della World Trade Organization, l’Organizzazione mondiale del commercio, presentato il 13 dicembre alla Biblioteca Civica di Monfalcone nell’ambito del Forum Pace 2006. Questo lavoro, redatto a cura di Crbm/mani Tese rappresenta un viaggio nel cuore del sistema dove si evidenzia che, al di là delle letture ideologiche, “libero commercio” non fa rima con crescita economica. All´incontro hanno partecipato Silvia Altran, Vicesindaco del Comune di Monfalcone, Marco Marincic, Assessore alla Pace della Provincia di Gorizia, Elena Gerebizza, rappresentante della Campagna per la Riforma della Banca Mondiale Crbm e Roberto Sensi, responsabile commercio Crbm/manitese e rappresentante di Tradewatch. La Gerebizza ha parlato delle origini di questo lavoro, sorto in un più organico percorso di analisi dei rapporti tra i singoli stati del cosiddetto “primo mondo” in connessione ai vincoli e alle trattative di scambio con i paesi meno sviluppati. Il monitoraggio attualmente viene condotto da un coordinamento di reti internazionali, in genere critiche sulle politiche della Wto, le quali pare siano arrivate principalmente a due conclusioni. La prima è che i singoli Stati ancora hanno, fortunatamente, un grosso peso politico all’interno dell’Organizzazione mondiale del commercio ma in genere questo non viene esercitato, in qualche modo, con la forza necessaria. Ciò può essere comunque ricondotto alla presenza di interessi talmente sovranazionali da determinare un clima economico di incertezza per aree vaste tali da includere anche l’Unione Europea, gravata di per se da problemi di coesione interna sotto questo profilo. Secondariamente, chi parla è anche portato a pensare che, aldilà degli evidenti interessi di capitale, in fondo ci sia seriamente una parte delle lobbies che rappresentano i Paesi occidentali convinta assertivamente che lo sviluppo economico determini il progresso generale di una nazione. Su questo versante, Roberto Sensi ha espresso molto chiaramente il suo pensiero: l’apertura al libero mercato può rendere competitiva una qualunque impresa che però prima si sia fortificata al suo interno, come è successo per gli stati occidentali prima del loro sviluppo su scala planetaria. Al momento, infatti, se certi Paesi, come l’America latina o l’Africa, si inseriscono completamente in un mercato come quello attuale, verrebbero fagocitati facilmente proprio perché privi degli stessi mezzi e potenzialità di base. Attualmente, la Wto si è trovata di fronte ad un congelamento delle trattative, che dovevano teoricamente concludersi entro il 2006, proprio perché i paesi più deboli al suo interno hanno iniziato a rifiutare le norme e regole dettate sostanzialmente dall’alto, dai paesi membri più facoltosi. Questo è il rischio che si profila anche nel panorama internazionale sognato dai plutocrati, dove si stanno inserendo, rovinando probabilmente lo scenario a molti, Paesi in grado di competere ad un livello più vantaggioso per la produzione di risorse, come i colossi Asiatici o il Brasile. Quali alternative e risposte si possono dare ad un processo in questi termini? L’intento di associazioni come Mani tese è quello di favorire una democratizzazione delle norme di sviluppo e di rendere coscienti i governi della loro mancata presa di posizione chiara su certe direttive della Wto, organizzazione che si sta occupando attualmente, non solo di produzione, ma anche, ad esempio, di proprietà intellettuale e di brevetti, facendo presupporre altri sconfinamenti in area considerate ancora al di fuori del commerciabile. Non secondariamente, i dati portati da questo volume indicano che la discutibile misura del Prodotto interno lordo non ha dato segnali positivi per numerosi Stati membri all’interno della Wto, fattore che metterebbe in discussione uno degli assiomi principali del suo Statuto. Come terzo aspetto, il monitoraggio serve anche a rendere evidenti i rischi della privatizzazione in settori cosiddetti primari, come quello dell’acqua. “Un agenda valida per tutti”, potrebbe essere il motto di una fine meno utopica di quello che si sarebbe portati a credere. .  
   
 

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