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Notiziario Marketpress di Lunedì 18 Luglio 2011
 
   
  MISSIONE ATITLÀAN. RICERCATORI DELL’UNIVERSITÀ BICOCCA IN GUATEMALA PER RISANARE IL LAGO A COSTO ZERO

 
   
  Milano, 18 luglio 2011 - Un ferro da stiro per analizzare i batteri coliformi nell´acqua, un rivelatore di banconote false al posto del complesso e costoso sistema di analisi basato su lampade Uv e una pianta per purificare l’acqua. Sono alcune delle idee avute dai ricercatori dell’Università degli Studi di Milano-bicocca impegnati in una missione in Guatemala, nell’ambito del progetto di gestione ambientale e del rischio nel dipartimento di Sololà, una delle cittadine colpite dalla tempesta tropicale Agatha. Massimo Labra, Maurizio Casiraghi e Andrea Galimberti dello Zooplantlab del dipartimento di Biotecnologie e Bioscienze, per una settimana, hanno studiato le caratteristiche e le criticità del lago Atitlàan, tra i bacini idrici più ampi ed importanti del centro America. I ricercatori hanno incontrato gli esperti del posto e, insieme, hanno studiato le soluzioni per contrastare, praticamente a costo zero, l’inquinamento. Interventi necessari sia per preservare l’ecosistema sia per tutelare la salute dei cittadini. Le acque del lago di Atitlàn, contaminate da Escherichia coli (lo stesso batterio che nelle scorse settimane sarebbe stato individuato nei germogli di soia), finiscono infatti nelle case e sulle tavole degli abitanti dei paesi che si affacciano sul lago, con gravi conseguenze per la salute. I ricercatori hanno analizzato la qualità chimica e microbiologica dell’acqua del lago attraverso l’utilizzo di Immediatest-acqua - il kit fai da te brevettato dall’Ateneo - e di altri semplici sistemi strumenti a costo zero. «Abbiamo analizzato l´acqua – spiega Maurizio Casiraghi – aggiungendo una sostanza, in pratica un cibo, che solo i batteri coliformi fecali sono in grado di metabolizzare. Quando è presente un coliforme, questo "mangia" la sostanza, creando una molecola colorata di giallo, che rende visibile la reazione. E basta un solo batterio in 100 ml di acqua per vedere questo processo. Tuttavia, dopo l´aggiunta della sostanza, bisogna incubare per 18 ore a 37°C. L´incubazione avviene in apposite "sacche" che sembrano blister per pillole e che devono essere sigillate a caldo. In laboratorio abbiamo una macchina apposita per farlo, ma per contenere i costi abbiamo provato con un ferro da stiro e ha funzionato! Trascorse le 18 ore abbiamo preso i pozzetti colorati di giallo e li abbiamo irradiati con raggi Uv per verificare se fossero presenti gli Escherichia coli (se la colorazione diventa fluorescente, infatti, vuol dire che i batteri che sono presenti non sono genericamente dei coliformi fecali, ma sono appunto Escherichia coli). Noi avevamo portato la lampada a Uv, ma nel viaggio si è rotta la lampadina. Era piuttosto difficile riuscire a trovare una cosa del genere sul Lago Atitlàn, allora ci è venuto in mente di provare l´attrezzo che serve per identificare le banconote false». I test hanno evidenziato un inquinamento microbiologico piuttosto consistente e in alcuni punti un eccesso di fosfati, derivanti prevalentemente dai detersivi che vengono impiegati direttamente nel lago per il lavaggio dei panni. Insieme ad Africa 70, una Ong di cooperazione internazionale che coordina il progetto e che interviene in favore delle popolazioni del Sud del mondo, è stata quindi impostata un’attività di educazione ambientale per ridurre l’uso di detersivi inquinanti. «Gli abitanti del posto – spiega Massimo Labra -, usano quantitativi anche dieci volte superiori a quelli suggeriti e già nel 2009 il lago ha subito un gravissimo fenomeno di eutrofizzazione con una improvvisa fioritura di ciano batteri tossici che hanno messo in pericolo l’approvvigionamento idrico di tutti i paesi che si affacciano sul lago. Abbiamo quindi incontrato le donne del posto, il gruppo delle Mujer, e abbiamo spiegato loro come lavare senza inquinare». Per quanto riguarda l’inquinamento microbiologico si è provveduto ad analizzare l’acqua nei punti di prelievo dell’acquedotto cittadino e, soprattutto, nelle cisterne da cui viene prelevata l’acqua per essere distribuita nelle abitazioni. Grazie ai test semplificati è stato possibile valutare l’efficienza della clorazione come elemento di disinfezione e quindi monitorare la qualità dell’acqua nelle diverse aree della città. Nel municipio di Sololà, dove grazie al Progetto Emergenza "Ran Guatemala" coordinato da Cooperación Italiana, verrà implementato il sistema di idrico locale a partire dal punto di prelievo dell’acqua del lago sino alla distribuzione, è stato possibile non solo identificare quale debba essere il punto migliore per inserire le nuove pompe ma anche identificare criticità nel sistema di distribuzione dell’acqua. Insieme al Dipartimento de Acqua Municipale della Municipalità di San Lucas Tolimán è stata valutata la possibilità di inserire nuovi impianti di clorazione in punti strategici della rete per garantire l’eliminazione di batteri patogeni nelle acque potabili di quelle aree più lontane dal centro cittadino e in cui era stata evidenziata la crescita abnorme di coliformi. Un ulteriore elemento importante è rappresentato dalla scoperta che una pianta acquatica locale, nota come “Tul”, ha una notevole capacità di purificazione dell’acqua. «Le analisi evidenziano come il "tul" sia una vera barriera verso i fosfati - dice Andrea Galimberti -, oltre ad avere un ruolo importante per mantenere la biodiversità e l´ecosistema del lago in equilibrio. Il Lago Atitlàn racchiude una grande e ricca biodiversità, il nostro intervento è diretto a definire tutte le strategie possibile per proteggerla e trasferire queste conoscenze agli esperti del posto». Africa 70 e le associazioni locali hanno quindi attivato un programma di incentivazione alla coltivazione di questa specie. «I tecnici locali - afferma Labra - conoscono a fondo i problemi del territorio, ma talvolta non hanno mezzi tecnici per risolverli; quello che abbiamo fatto è stato semplicemente fornire loro dei sistemi semplificati per svolgere da sè le analisi dell´acqua. La missione ha permesso un vero e proprio trasferimento tecnologico delle metodiche. Grazie ai semplici test e ai costi ridotti, oggi anche nelle piccole realtà locali del lago si possono eseguire analisi dell’acqua e implementare quindi il sistema idrico locale». «In Guatemala – conclude Casiraghi- non siamo andati come insegnati, ma come collaboratori: unendo gli sforzi e le conoscenze abbiamo concretizzato molto in una sola settimana di lavoro. E si può far tanto anche avendo pochi strumenti. A loro abbiamo lasciato delle piccole attrezzature che permettono di abbattere i costi e i tempi delle analisi dell’acqua. Basti pensare che prima, gli operatori del posto, erano costretti ad andare a Città del Guatemala – 10 ore di viaggio in totale – e spendere circa 40 euro per dei semplici test microbiologici. Ora possono fare tutto nei loro laboratori, utilizzando semplici strumentazioni come il ferro da stiro che in questo caso va a sostituire la piastra termo riscaldante».  
   
 

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