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Notiziario Marketpress di Mercoledì 22 Gennaio 2003
 
   
  IL DISCORSO DI ROMANO PRODI PRESIDENTE DELLA COMMISSIONE EUROPEA ALLA CONFERENZA: SULLA POLITICA INDUSTRIALE NELL´EUROPA DELL´ALLARGAMENTO

 
   
  Bruxelles, 22 gennaio 2003 Bruxelles, 22 gennaio 2003 - Di seguito il discorso che il presidente della Commissione europea Romano prodi ha tenuto nel corso della conferenza "Industrial policy in an enlarged Europe" - "È con grande piacere che vi do il benvenuto a questo convegno dedicato alle politiche industriali nell´Unione europea allargata. Lo stato di salute dell´industria europea è una preoccupazione costante dell´azione dell´Unione europea. Nel corso degli anni abbiamo eliminato le barriere doganali interne all´Unione; in seguito abbiamo creato il Mercato unico e più di recente abbiamo realizzato l´Unione economica e monetaria, che solo lo scorso anno ci ha portato gli euro in tasca. Questa tradizionale attenzione prosegue nel presente. Come sapete, lo scorso dicembre la Commissione ha approvato una comunicazione sulla politica industriale in un´Europa allargata, dove si ribadisce il nostro impegno a mantenere l´industria e la sua competitività al centro dell´attività politica della Commissione. Questo convegno tiene fede a uno dei propositi della comunicazione che è quello di aprire un dibattito sulle nostre politiche. E quello odierno è solo il primo passo di una consultazione che vogliamo ampia e sostenuta nel tempo. La Commissione si impegna a tener conto delle conclusioni di tale dibattito nelle sue iniziative future. Voglio dare il via ai lavori di oggi chiarendo la mia personale posizione verso la politica industriale: l´industria è importante. Il settore industriale è tanto più importante in questa fase in cui ci prepariamo ad accogliere dieci nuovi paesi nella nostra Unione. Il successo dell´allargamento dipenderà in gran parte dalla nostra capacità di integrare economie relativamente più povere nell´area di prosperità che l´Unione ci ha consegnato in mezzo secolo di vita. Si tratterà certo di dare sostanza al principio di solidarietà che è per noi un valore fondante e tradizionale; ma anche di cogliere una straordinaria opportunità. L´industria deve prepararsi a integrare nel suo sistema il gran numero di tecnici e di lavoratori specializzati che saranno fra pochissimo nostri concittadini e che rappresentano una grande occasione di crescita e di sviluppo. Nei paesi dell´allargamento, d´altra parte, dovrà nascere un nuovo spirito imprenditoriale, perché lo spirito di impresa è la sfida autentica per le nostre economie in questa fase storica. La Commissione ha preparato un Libro verde sull´Imprenditorialità in Europa che sarà reso pubblico oggi stesso. L´industria è importante perché genera l´occupazione e la ricchezza senza le quali non potremmo raggiungere nessuno dei traguardi a cui tutta la società aspira. Nonostante la terziarizzazione dell´economia, il settore industriale resta una componente essenziale in termini di dimensioni e di occupazione. Il benessere dei nostri cittadini dipende quindi da un´industria dinamica. E quando parlo di ´benessere´ non mi riferisco solamente alla ricchezza ma al beneficio complessivo della collettività. Si tratta di un circolo virtuoso. Da una parte un corpo sociale sano è condizione di un sistema industriale dinamico e, dall´altra, la prosperità di quest´ultimo consente di salvaguardare e di accrescere i benefici per tutti i componenti della società. Non c´è tensione fra un´industria prospera e lo sviluppo del nostro modello sociale. Prendiamo ad esempio uno dei nostri obiettivi sociali: la distribuzione più equa del reddito per costruire una società inclusiva e solidale. Come possiamo dimostrare la nostra solidarietà se non abbiamo reddito da distribuire? Ciò che conta, quindi, è trovare un giusto equilibrio fra tutti gli elementi per dare all´Europa uno sviluppo armonico. E questo è forse il senso più profondo della nostra strategia partita a Lisbona. Su questo punto vorrei essere chiaro. Alcuni Stati membri stanno già centrando molti di quegli obiettivi. Ciò dimostra che una combinazione intelligente di politiche favorisce lo sviluppo su tutti i fronti: economico, sociale ed ecologico. Tuttavia, il progresso non è uniforme e, nel suo complesso, l´Europa è ancora lontana dallo sfruttare in pieno il suo potenziale. Ma è anche ora di dare concretezza all´affermazione, condivisa da tutti, che per essere competitivi la cosa più importante è investire in ricerca, conoscenza e innovazione. Si tratta della priorità della mia Commissione per quest´anno ed è il cuore della Relazione che la Commissione ha approvato la settimana scorsa e che presenterò al Consiglio europeo di primavera. Occorre investire di più e meglio nel campo dell´istruzione, della formazione professionale e della ricerca. Dobbiamo sviluppare i nostri centri di studio per farli tornare a essere i migliori del mondo. Solo così saremo capaci di tenere in Europa i nostri giovani più brillanti e attrarre ricercatori e studiosi da oltre i nostri confini. L´europa deve riconquistare il suo tradizionale primato tecnico, scientifico e culturale. Inoltre, la conoscenza da sola non basta. Occorrono sistemi semplici ed efficaci per mettere la conoscenza a disposizione dell´industria. È proprio nel passaggio fra la scoperta, l´innovazione e l´utilizzazione commerciale e nell´assorbimento delle innovazioni che vedo gli anelli più deboli del nostro sistema industriale. Dobbiamo renderci conto che per un sistema industriale moderno progettare tenendo conto della qualità dell´ambiente è un costo solo in apparenza. In realtà si tratta di una grande opportunità. Non solo evita costi futuri assai più pesanti ma permette di sviluppare prodotti migliori, con maggior efficienza, e di acquisire prima di altri tecnologie presto indispensabili appena il concetto di sviluppo sostenibile a noi ben chiaro diventerà per necessità patrimonio comune. Purtroppo i numeri relativi alla ricerca in Europa non vanno nel senso giusto, anzi, in alcuni paesi si assiste a un evidente deterioramento. Eppure si tratta di un lavoro urgentissimo, perché se non poniamo subito mano al problema non saremo in grado di tenere il passo con i nostri concorrenti internazionali che corrono già più in fretta di noi. L´obiettivo è a portata di mano, se moltiplichiamo gli sforzi, sono certo che l´Europa sarà in grado ancora una volta di smentire gli scettici. Signore e signori, Ho parlato di sviluppo armonico e questo si fonda sul concetto di sostenibilità. Il Consiglio europeo di Göteborg del 2001 ha tracciato la strategia di sviluppo sostenibile dell´Unione in termini ambientali, economici e sociali. Non possiamo trascurare l´ambiente. Se non arrestiamo l´inquinamento, lasceremo in eredità ai nostri figli un ambiente degradato ed essi saranno costretti a sottrarre risorse all´economia per farvi fronte. Come ho detto, l´inquinamento di oggi è un costo per il futuro. Inoltre c´è la sostenibilità economica in senso stretto. Per esempio, occorre ridurre al minimo i costi superflui e tener conto degli oneri derivanti dalle ristrutturazioni. Dobbiamo attingere a tutta la nostra immaginazione politica per favorire il cambiamento e premiare i comportamenti responsabili sul piano sociale e ambientale. Infine, la produzione economica ha bisogno di una forza lavoro qualificata, disponibile e partecipe. L´industria infatti esprime il potenziale di immaginazione e di creatività di tutto il corpo sociale. Se non rinnoviamo queste risorse, nel futuro non ci saranno né innovazione né spirito imprenditoriale. Signore e signori, questi obiettivi sono oramai ben chiari; il punto è come muoverci per raggiungerli. È ormai condiviso da i più che una parte di ciò che chiamiamo politica industriale non è altro che l´insieme delle nostre azioni in altri campi. Ovviamente, ciò non significa mettere l´industria innanzi tutto, significa invece tenere presenti le esigenze dell´industria in ogni nostro intervento. Per sua stessa natura, la politica industriale ha carattere orizzontale. Le questioni sul tappeto sono chiare: occorre completare la realizzazione del Mercato unico liberalizzando le reti europee dei trasporti, dell´energia e della finanza ed è ora di chiudere le trattative sul brevetto europeo che darebbe un grosso impulso alla ricerca e all´innovazione. Ma dobbiamo anche porci il problema di alcune debolezze profonde ancora presenti in Europa e legate all´insufficiente integrazione industriale in alcuni settori trainanti per l´innovazione tecnologica. Penso all´industria della difesa ancora frammentata nell´assenza della volontà di costruire un sistema di difesa europeo davvero integrato. Penso al nostro aerospazio ancora incerto tra le applicazioni civili e quelle per la sicurezza; alle energie rinnovabili; all´uso dell´idrogeno come mezzo di accumulo e di trasferimento alternativo di energia e alle biotecnologie. Penso infine al settore dell´informazione e della comunicazione dove la nostra leadership nelle telecomunicazioni mobili rischia molto in una nuova battaglia di standard e di sistemi operativi. Per tutti il superamento del concetto dei ´campioni nazionali´ e l´organizzazione di una domanda pubblica integrata marciano troppo lentamente. Questi fattori frenano la nascita di campioni europei sul mercato globale. Il giorno in cui per questi settori, tutti molto avanzati nella tecnologia, il mercato di riferimento sarà quello del mondo, anche la problematica della concorrenza e dei suoi rapporti con i processi di concentrazione andrà visto sotto una luce diversa. ´Grande´ non significa necessariamente pericolo di trust; spesso la dimensione è la sola garanzia per reggere la concorrenza americana e asiatica. Ciò non significa però sottovalutare il ruolo delle piccole e medie imprese, che producono circa due terzi del valore aggiunto europeo e che sono la spina dorsale del nostro sistema produttivo. Significa offrire loro il riferimento indispensabile di uno strato di grandi gruppi capaci di accedere ai grandi capitali necessari ad investire quanto è necessario in settori tanto complessi e di espandersi con forza dai mercati nazionali verso il mondo. Per questo sono indispensabili anche strutture proprietarie più adatte delle attuali alla dimensione globale. Infine, l´industria deve far fronte alle proprie responsabilità nei confronti della società. E questo si lega alle regole di governo delle imprese. Il dibattito che si è aperto sulla scia dei grandi fallimenti, negli Stati Uniti ma anche qui in Europa, segna la fine di un periodo che seguiva una logica miope. Ne hanno pagato lo scotto migliaia di lavoratori e di investitori. Occorre riportare una dimensione etica nelle mondo degli affari passando per un quadro istituzionale che regoli la governance industriale e assicuri lo sviluppo efficiente e sostenibile di imprese competitive. In primavera la Commissione presenterà un Piano d´azione sul diritto societario. Anche in questo modo contribuiremo alle ricerca del giusto equilibrio fra i pilastri economico, sociale e ambientale. Vi è infine un altro equilibrio da ricercare a livello dell´Unione: quello di politiche che siano allo stesso tempo generali e flessibili. Si tratta di equilibri difficili, ma la politica è l´arte delle soluzioni possibili e, con il contributo di tutti, sono certo che li troveremo. "  
   
 

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