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Notiziario Marketpress di Lunedì 10 Marzo 2003
 
   
  AGROBIOTECNOLOGIE, UNO STUDIO FOTOGRAFA LA SITUAZIONE ITALIANA

 
   
  Verona, 10 marzo 2003 E´ stata presentata a Fieragricola/agrifood un´indagine dell´Università di Milano sul sistema agroindustriale italiano e l´innovazione biotec. Veronafiere collegata via satellite con Milano, Torino e Roma. Alla tavola rotonda hanno partecipato alcuni dei più importanti economisti agrari del mondo Un´analisi sull´universo degli organismi geneticamente modificati per capire, approfondire e valutare le loro possibili applicazioni in agricoltura. Questa mattina a Fieragricola/agrifood, in collegamento via satellite con Milano, Torino e Roma, si è svolto il convegno dal titolo "Ogm e alimentazione animale: conoscere per decidere", organizzato da Veronafiere e Assalzoo (Associazione nazionale tra i produttori di alimenti zootecnici) allo scopo di presentare una ricerca del dipartimento di Economia e Politica agraria, agroalimentare ed ambientale dell´Università di Milano sull´utilizzazione delle agrobiotecnologie in Italia. L´indagine, dedicata al "Sistema agroindustriale italiano e l´innovazione biotec: conoscere per decidere", fotografa lo stato dell´agricoltura italiana, mettendola in relazione con la situazione internazionale e con le prospettive di affermazione delle biotecnologie su scala mondiale. Ad illustrarla c´erano, tra gli altri, alcuni dei massimi esperti mondiali di economia agraria: Clive James, direttore dell´Isaa (Servizio internazionale per l´acquisizione delle applicazioni agrobiotecnologiche), Eduardo Trigo, direttore del Gruppo Ceo (Consultores en Economia y Organizaciòn - Argentina). Leonard Gianessi, Program Director and Senior Research Associate del National Center for Food and Agricultural Policy degli Stati Uniti, Graham Brookes, economista, e Dario Casati, direttore del Dipartimento di Economia e politica agraria, nonché pro-rettore dell´Università di Milano. Dal convegno, a cui ha partecipato, da Roma, anche il viceministro delle Attività produttive Adolfo Urso, è emerso che nel 2002 la superficie mondiale complessiva stimata di colture geneticamente modificate (gm) ha raggiunto i 58.7 milioni di ettari, coltivati da circa 6 milioni di agricoltori in 16 paesi contro i 5 milioni di agricoltori in 13 paesi nel 2001. In pratica il dato in ettari equivale a 4 volte la superficie agricola dell´Italia o al 5% della superficie pianeggiante totale della Cina o degli Stati Uniti. L´aumento della superficie dal 2001 al 2002 è stato del 12%, pari a 6.1 milioni di ettari. Sempre lo scorso anno quattro paesi hanno realizzato il 99% delle colture gm globali. Gli Stati Uniti hanno coltivato 39 milioni di ettari (66% della superficie totale), seguiti dall´Argentina, che malgrado la congiuntura economica ha toccato i 13.5 milioni di ettari, dal Canada, arrivato a 3.5 milioni di ettari (6%) e dalla Cina, fermatasi a 2.1 milioni di ettari (4%). Sette paesi industrializzati ed ex comunisti hanno realizzato il 73% delle colture gm globali: in ordine decrescente di superficie si tratta di Stati Uniti, Canada, Australia, Romania, Spagna, Bulgaria e Germania. Dal ´96 al 2002 le aree coltivabili a livello mondiale sono aumentate di ben 35 volte e tra i prodotti spiccano in particolare soia, mais, cotone e canola. Tra questi la soia è stata la più importante, con una copertura del 75% dei 58.7 milioni di ettari occupati da colture gm tolleranti agli erbicidi. Quanto all´Italia, i dati della ricerca indicano che il campo potenziale delle produzioni geneticamente modificate attualmente disponibili rappresenta il 50% del valore delle produzioni vegetali, il 30% della superficie agricola utile e poco meno del 60% della superficie a seminativi. "La giornata di oggi" ha commentato Francesco Ferrari, presidente di Assalzoo, "è servita ad uscire da inutili e sterili polemiche ideologiche sul tema degli Ogm e a confrontarci su quanto sta accadendo nel mondo, sulla realtà del nostro sistema agroindustriale e sui vantaggi offerti dalle nuove tecnologie. La chiusura verso gli Ogm non pone solo problemi di competitività economica, ma preclude l´accesso a tecnologie in grado di risolvere rischi presenti e rilevanti". Rischi che ha sottolineato Giordano Veronesi, già presidente di Assalzoo e tra i titolari del Gruppo Veronesi - Aia operante nel settore dei mangimi, dell´allevamento e dell´agroalimentare. "Gli Ogm in Italia, secondo la moratoria, non possono essere seminati. Per quanto riguarda l´industria dei mangimi senza la soia Ogm la nostra attività può chiudere i battenti. La produzione europea è di 500mila tonnellate, mentre il consumo europeo è di 37 milioni di tonnellate tra farina estratta dalla soia e semi di soia. Ed i principali fornitori soia Ogm sono l´Argentina, il Brasile e gli Stati Uniti. In realtà se vogliamo continuare ad alimentare i nostri animali servono i mangimi di questo tipo. Problemi di sicurezza non ce ne sono: al massimo si possono fare polemiche ideologiche". Una valutazione condivisa da Giorgio Poli, preside della Facoltà di medicina veterinaria dell´Università di Milano. "Quando parliamo di Ogm", ha osservato, "è bene sfatare alcuni luoghi comuni che non corrispondono alla realtà dei fatti scientifici. Per quanto riguarda l´alimentazione animale gli Ogm mettono a disposizione dell´industria mangimistica materie prime vegetali quali soia e mais, sicure e di migliore qualità. Questo si traduce in animali che si nutrono meglio, che crescono meglio e che, di conseguenza, sono anche più sani". "A tutt´oggi", ha proseguito, "i rischi paventati per il consumo, da parte di animali od uomo, degli Ogm autorizzati sono stati smentiti da tutte le sperimentazioni, anche commissionate da enti governativi e di controllo quali l´Organizzazione mondiale della Sanità e l´Unione europea. Tali sperimentazioni hanno chiaramente dimostrato l´infondatezza dei rischi come la trasmissione dell´antibiotico-resistenza, l´induzione di allergie, potenziali effetti tossici e trasferimento di geni". Dario Friso, docente associato dell´Università di Milano, ha ricordato che nel nostro paese "il sistema agro-zootecnico è nel suo insieme deficitario e dunque si rende in ogni caso necessario importare le materie prime base degli alimenti per il bestiame, ovvero soia e mais. La soia, oggi la maggiore fonte proteica nell´alimentazione animale, è per oltre il 50% della produzione mondiale geneticamente modificata. Occorre inoltre valutare con attenzione il fatto che le principali voci di export della bilancia agroalimentare del nostro paese, per quanto riguarda i prodotti tipici, interessano formaggi e derivati delle carni quali prosciutti e salami. Questi vengono prodotti a partire dalle materie prime che a monte dipendono da sistemi produttivi legati alle colture geneticamente modificate". "Già oggi in Lombardia, Veneto e Friuli", ha precisato Friso, "oltre il 50% della superficie agricola utilizzata è potenzialmente interessata dall´innovazione biotecnologica ed il mais insilato costituisce la principale risorsa foraggera per gli allevamenti bovini. La chiusura verso gli Ogm non pone solo problemi di competitività economica, ma preclude l´accesso a tecnologie in grado di risolvere rischi presenti e rilevanti, come nel caso delle micotossine, e rischi emergenti, come la diabrotica, che potrebbero pregiudicare la stessa possibilità di coltivazione del mais con gravi ripercussioni nella filiera zootecnica che è quella che produce i più importanti prodotti tipici nazionali (formaggi e salumi)". Secondo lo studio il sistema agroindustriale, "globalmente deficitario", italiano evidenzia una sostanziale debolezza nelle produzioni agricole di base: vengono infatti importati prodotti agro-alimentari per un controvalore di circa 20.9 miliardi di euro all´anno a fronte di esportazioni per 16.5 miliardi di euro all´anno. E´ quindi necessario riflettere sul fatto che il mercato italiano dipende in maniera consistente dall´apporto di prodotti importati e che pertanto isolarsi dal contesto mondiale appare una strategia inapplicabile a prescindere dai vincoli di appartenenza all´Unione europea e da quelli derivanti dagli accordi internazionali del Wto. "Il sistema produttivo italiano", ha affermato Casati, "si presenta fortemente interconnesso con il mercato mondiale, al punto da rendere impensabile un suo isolamento che oltre tutto porrebbe la comunità nazionale di fronte alla drammatica realtà di un deficit alimentare importante e non sanabile a causa della carenza produttiva strutturale del paese. Sarebbe quindi più ragionevole", ha concluso, "avviare un approfondito esame del come si possa fare per governare l´introduzione di un´innovazione che sembra incontenibile per i motivi illustrati dallo studio, piuttosto che mantenere una posizione di rifiuto pregiudiziale che è destinata a far pagare all´Italia un duro prezzo".  
   
 

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