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Notiziario Marketpress di Mercoledì 12 Marzo 2003
 
   
  AL PARLAMENTO EUROPEO ROMANO PRODI PRESIDENTE DELLA COMMISSIONE PARLA DELLO STATO DELL´UNIONE NEL 2003

 
   
  Strasburgo, 12 marzo 2003 - Di seguito il testo della relazione del presidente della Commissione europea Romano Prodi ieri ha esposta nel corso della riunione plenaria del Parlamento europeo: "Signor Presidente, Onorevoli deputati, Essere qui con voi, oggi, è per me motivo di particolare compiacimento. Il dibattito sullo Stato dell´Unione costituisce un punto fermo della nostra comune agenda di lavoro. Esso ci offre l´occasione di riflettere sul cammino che abbiamo percorso nell´anno appena terminato e su quello che ci apprestiamo a compiere nell´anno in corso. Il dibattito di quest´anno cade in un momento particolarmente delicato tanto per la politica internazionale quanto per la vita dell´Unione. La crisi irakena, l´allargamento e la Convenzione sono talmente presenti alle nostre menti e ai nostri cuori che non c´è neppure bisogno che io li ricordi. Se non per ribadire che il dibattito di oggi impone a tutti noi il dovere, da un lato, di misurare le opportunità e le sfide legate all´unificazione del nostro continente e, dall´altro, di riflettere sugli insegnamenti da trarre dalla crisi irakena nel momento in cui scriviamo la nuova carta costituzionale della nostra Unione. È dall´allargamento che voglio iniziare il mio discorso. Lo scorso mese di dicembre, abbiamo concluso i negoziati di adesione con dieci paesi. Dieci paesi che ormai non dobbiamo più chiamare "candidati" ma "prossimi membri dell´Unione". Intanto proseguono i negoziati con Bulgaria e Romania nella prospettiva di una adesione ritardata soltanto di poco mentre, con la opportuna diversificazione, procede il lavoro in comune con la Turchia. Ci tengo, di fronte a tutti voi, a ringraziare per il loro impegno e per il loro lavoro i servizi della Commissione e il Commissario Verheugen. Ma l´impegno dell´Unione in tema di allargamento non si esaurisce con la decisione presa a Copenhagen lo scorso dicembre. La recente domanda di adesione presentata dalla Croazia indica infatti che un´altra regione europea bussa alla nostra porta. Mi riferisco ai Balcani occidentali. Vorrei dire con assoluta chiarezza che l´unificazione dell´Europa, iniziata con la presente tornata di allargamento, non potrà dirsi conclusa fin quando anche i Paesi dei Balcani saranno diventati membri dell´Unione. Questa prospettiva deve essere chiaramente assicurata per tutti i paesi balcanici, sottolineando allo stesso tempo che i criteri seguiti per la prima tornata di allargamento saranno applicati con la stessa serietà. Dopo anni di incertezze, il dibattito democratico, tanto nei vecchi quanto nei nuovi paesi membri dell´Unione, può ora svolgersi abbandonando il fragile appoggio delle aspettative e delle ipotesi e ancorandosi, invece, a basi concrete. Il risultato ampiamente positivo del referendum di Malta vale come un augurio e come uno stimolo per un impegno ancora più forte. Per quanto importante, il processo di adesione dei nuovi paesi membri non costituisce che una tappa del nostro cammino. Una tappa che non ci deve fare dimenticare il molto che ancora ci resta da compiere. Il primo imperativo è quello di completare l´integrazione economica. Per quanto riguarda la crescita, l´occupazione, la riduzione delle diseguaglianze, i quindici attuali membri dell´Unione possono e debbono fare molto di più. Ma è ai futuri membri dell´Unione, quelli che entreranno il prossimo anno e quelli che entreranno un poco più in là nel tempo, che dovrà essere dedicata la massima attenzione. La nostra ambizione comune deve essere quella di favorire una crescita sostenuta, una più forte coesione, una più efficace protezione dell´ambiente, una riduzione delle disparità e, a termine, l´adozione da parte di tutti dell´euro. Queste, in grandi linee, sono le componenti essenziali del nostro progetto di integrazione economica. Se questo è, come ho detto, il primo dei nostri imperativi, il secondo, ma non meno importante, è quello di approfondire la nostra discussione politica. È venuto ormai il tempo di dibattere sino in fondo e con il massimo di trasparenza e sincerità su quale sia il tipo di Europa che insieme ci proponiamo di costruire. Il tempo è venuto di un vero dibattito politico. Il successo stesso della nostra integrazione lo aveva già reso obbligatorio. Complice la crisi irachena, l´attualità internazionale lo rende ora indilazionabile. L´eventualità di una guerra in Iraq tocca gli europei perché la riconciliazione e la pace sono la storia e il fondamento stesso dell´Europa. Essa tocca ancor più gli europei, qui e oggi, perché il caso ha voluto che in questi giorni sedessero al Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite quattro paesi membri dell´Unione e un paese candidato. In questo contesto, due sono le tentazioni dalle quali ci dobbiamo guardare. La prima tentazione sarebbe quella di costruire l´Europa in contrapposizione agli Stati Uniti. Questa crisi--è sotto gli occhi di tutti--è segnata da forti divergenze sugli strumenti da adottare. Si tratta di divergenze importanti perché segnano il confine tra la guerra e la pace. Ma si tratta di divergenze che né coinvolgono l´obiettivo ultimo delle nostre politiche e la solidità della nostra alleanza né rimettono in causa il complesso dei rapporti transatlantici, la nostra storia comune, la portata dei nostri legami. La seconda tentazione dalla quale ci dobbiamo guardare è quella di concentrarsi solamente sul dissenso all´interno dell´Unione. Tanto tra i Quindici quanto tra loro e i futuri membri nelle ultime settimane si sono manifestate in modo palese delle diversità di vedute. Tuttavia, e il Consiglio europeo straordinario dello scorso 17 febbraio l´ha giustamente sottolineato, noi tutti siamo d´accordo su una lunga serie di punti, tutti essenziali. Noi tutti vogliamo che le Nazioni Unite restino l´elemento centrale dell´ordine internazionale. Noi tutti sosteniamo il Consiglio di Sicurezza nell´esercizio delle sue responsabilità. Noi tutti crediamo che la guerra non sia inevitabile e, nel contempo, poniamo l´Iraq di fronte alle proprie responsabilità. Detto tutto questo, affrontiamo a viso aperto le nostre debolezze. Gli europei non hanno, infatti, un obbligo soltanto politico di ricercare una posizione comune. Dopo Maastricht, essi, in virtù dei trattati, sono tenuti a dare prova di lealtà e di reciproca solidarietà. Gli Stati membri che siedono al Consiglio di Sicurezza, in particolare, sono tenuti a concertare tra loro la propria azione e a tenere gli altri al corrente, mentre i membri permanenti devono difendere le posizioni e gli interessi dell´Unione. Si tratta di meccanismi--è del tutto evidente--che hanno dimostrato di non essere sufficienti. Dobbiamo per questo rassegnarci e concludere che l´obiettivo di un´azione comune è fuori dalla nostra portata? Io non lo credo e non lo voglio credere. Senza procedure e strumenti efficaci, cioè in grado di agevolare l´emergere di posizioni condivise, la costruzione di una politica estera comune dell´Unione sarà improbabile e, in ogni caso, rimandata nel tempo. I nostri sforzi di immaginazione e le nostre volontà debbono essere all´altezza della sfida. Rassegnarci è semplicemente impensabile. Le questioni che ci stanno davanti e alle quali dobbiamo dare risposta sono--e come potrebbe essere altrimenti dato ciò che abbiamo detto?--ad un tempo difficili ed essenziali. Che Europa vogliamo? Qual è il progetto che ci guida? Non posso accontentarmi di un "supermercato", o, se volete, di un grande mercato comune. Noi vogliamo costruire uno spazio autenticamente politico che ci permetta di affermare e di difendere i nostri principi e i nostri valori su scala globale. Non possiamo continuare a lungo con quella sorta di "schizofrenia europea" che consiste nel chiedere all´Unione e all´integrazione di fornire prosperità e sviluppo e di attendere, invece, dall´America la garanzia della sicurezza. L´opinione pubblica europea, un´opinione pubblica che passo dopo passo si sta costruendo e rivelando, ci dice con notevole chiarezza quale sia la sua risposta. I sondaggi dell´Eurobarometro condotti con regolarità dalla Commissione mostrano come i cittadini in particolare chiedano all´Unione di assicurare la loro sicurezza. Una sicurezza tanto interna quanto esterna. Per ottimizzare il nostro impegno nel settore della difesa il Collegio questo pomeriggio adotterà una Comunicazione che rafforza l´industria europea della difesa. Sulla guerra e sulla pace, poi--ma di questo abbiamo avuto una dimostrazione senza precedenti, ben al di là dei risultati dei sondaggi, nelle strade e nelle piazze delle nostre città--, il filo comune delle opinioni non conosce frontiere all´interno dell´Europa. Segno di un avvicinamento dei popoli che precorre e anticipa le riforme delle istituzioni e degli ordinamenti. Questo sentire comune, questa condivisione spontanea di valori non riducono l´importanza ma, anzi, sottolineano ancor più la necessità di un profondo e aperto dibattito politico. Non a caso, nella sua prima comunicazione alla Convenzione, lo scorso 22 maggio, la Commissione ha scelto di iniziare proponendo un "progetto" per l´Europa che sottolinea, tra gli altri, il bisogno per l´Unione di "esercitare le responsabilità proprie di una potenza mondiale". Insisto nel pensare che il dibattito sulle finalità della nostra azione comune debba precedere e guidare le discussioni sui ruoli rispettivi delle diverse istituzioni e sui meriti delle diverse soluzioni che si possono suggerire per regolare i rapporti tra di esse. Uno dei pochi meriti della crisi irachena è quello di costringerci a un dibattito senza falsi pudori sull´essenza stessa del nostro modo di stare insieme e di procedere. Non dobbiamo avere paura di un dibattito aperto. È solo dal confronto che possono nascere le possibili soluzioni. Questo mi porta a parlare della Convenzione. Una Convenzione che, insieme a voi, ho promosso e sin dal primo momento sostenuto con passione. Una Convenzione caricata di una responsabilità che la crisi attuale rende ancora più grande: quella di elaborare una proposta di Costituzione, cioè un testo di legge fondamentale, unico e coerente. Proporre delle opzioni o, ancor più, lasciare delle questioni aperte costituirebbe oggi un pericoloso passo indietro. Non riesco neppure a pensare come una Conferenza intergovernativa potrebbe mai riuscire là dove avesse fallito una Convenzione più diversificata, più trasparente, meno prigioniera degli schemi nazionali. Ho sempre pensato--e voi lo sapete bene perché questo è il messaggio che ho portato ripetutamente in questa aula--che la nostra missione fosse quella di condurre in parallelo l´allargamento e la riforma istituzionale dell´Unione. Le istituzioni e le procedure attuali, nate e concepite per una Unione di sei Stati tra loro largamente omogenei, non rispondono ai bisogni di una Unione più vasta e più diversificata. Per questo considero un bene che i paesi candidati all´adesione siano stati sin dall´inizio rappresentati a pieno titolo nella Convenzione e che stiano portando un contributo attivo. Vorrei, anzi, sottolineare come uno degli aspetti più incoraggianti dei lavori della Convenzione sia rappresentato dal "mescolarsi" dei delegati alla Convenzione in forme e occasioni tali che rendono una distinzione tra i rappresentanti degli attuali e dei futuri paesi membri sostanzialmente impossibile se non addirittura priva di significato. Non è questa la sede per esaminare il progresso dei lavori della Convenzione. Ma ci tengo a dire che il largo consenso su questioni come la natura costituzionale del testo che dovrà essere prodotto, la razionalizzazione degli strumenti e delle procedure, l´inserimento a pieno titolo della Carta dei diritti fondamentali e la personalità giuridica dell´Unione inducono all´ottimismo. Per parte mia, voglio confermarvi che la Commissione partecipa e parteciperà a questi lavori con spirito di apertura. Come ho avuto modo di dire lo scorso anno in occasione della seduta inaugurale della Convenzione, l´Europa è chiamata ad adattarsi a una nuova dimensione e a nuovi compiti. Questo--lo dissi allora e lo ribadisco oggi--vale per gli Stati e per tutte le istituzioni delle Unione. Tutte, nessuna esclusa. Ripeto che non è questa la sede per entrare nel dettaglio delle questioni sul tavolo della Convenzione. C´è un punto, tuttavia, che ritengo essenziale, tanto più alla luce della crisi internazionale e del necessario ruolo dell´Unione sulla scena internazionale. Mi riferisco alla generalizzazione del voto a maggioranza. Il vincolo dell´unanimità è fonte di paralisi. Questo è già vero oggi e lo sarà ancora più in una Unione allargata come quella che abbiamo deciso di costruire. Anche per questo è essenziale un dibattito politico aperto sul progetto della nuova, grande Europa. Soltanto se avremo elaborato e avremo condiviso un progetto comune saremo pronti ad accettare fino in fondo la regola di base di ogni istituzione democratica che è il voto a maggioranza. Soltanto se avremo raggiunto la consapevolezza di essere in ogni caso d´accordo sull´essenziale di ciò che ci tiene insieme, potremo, tutte le volte che questo sarà necessario o inevitabile, accettare di essere in minoranza e, ciononostante, sentirci pienamente rappresentati. Ho parlato, sino a questo momento, di progetti e di visioni per l´Europa. Noi Commissione, con la responsabilità di proporre e poi di dare esecuzione alle politiche, voi Parlamento Europeo, con la responsabilità di concorrere alle decisioni e poi di controllare il nostro operato, sappiamo, tuttavia, sin troppo bene che progetti e visioni hanno bisogno, per realizzarsi, di strategie coerenti e di validi strumenti operativi. La strategia politica annuale di cui oggi dibattiamo definisce l´orizzonte politico e il quadro delle risorse per il 2004. Esso apre un processo che si chiuderà con l´adozione del bilancio e la presentazione del programma legislativo di lavoro per il medesimo periodo. Lungo tutto l´arco di questo percorso condurremo un dialogo approfondito e serrato con questa assemblea e con il Consiglio dei ministri così da giungere alla definizione delle opzioni politiche fondamentali. Di grande importanza sarà, in particolare, e ci tengo a sottolinearlo, il lavoro delle commissioni parlamentari. Un elemento di novità della strategia per il prossimo anno è rappresentato dalla programmazione multiannuale 2004-2006 che spetterà al Consiglio Europeo--e si tratta di una novità assoluta--di approvare. Confido che dalla nostra cooperazione interistituzionale scaturirà un programma di lavoro all´altezza delle nostre ambizioni. Ambizioni che, come risulta con evidenza dalle priorità politiche che ci siamo fissati per il 2004, sono molto alte. Il prossimo anno, infatti, i nostri sforzi si concentreranno ; * sull´allargamento, per assicurare una corretta ed efficiente gestione del processo di adesione ; * sulla crescita, per consolidare le base di uno sviluppo sostenibile ; * sulla sicurezza interna ed esterna per assicurare la stabilità alle frontiere dell´Unione e al di là di esse. Senza entrare nel dettaglio delle singole azioni previste in questo quadro, voglio tuttavia richiamare la vostra attenzione sul tema delle relazioni con i paesi che già oggi sono i nostri vicini o che saranno i vicini della Unione allargata. Mi riferisco all´anello dei paesi che vanno dalla Russia e dall´Ucraina sino al Marocco. Si tratta di un anello di paesi amici con i quali proponiamo di intensificare la collaborazione per avviare un processo che ci possa portare, nel tempo, a condividere "tutto tranne le istituzioni". Un mercato comune, un dialogo politico rinnovato sulla base di principi e di valori condivisi, la piena utilizzazione di tutto il potenziale esterno delle nostre politiche comuni: questi rappresentano i pilastri del nuovo concetto strategico per l´Unione che ci prepariamo ad affidare a una comunicazione intitolata Wider Europe. Solo nel quadro di una più vasta area di stabilità e di benessere l´Europa potrà affrontare in piena sicurezza l´evolversi, non sempre rassicurante, della politica internazionale e potrà pienamente sfruttare le opportunità offerte dalla globalizzazione. Questa strategia a medio e lungo termine nei confronti dei paesi vicini così come tutte le altre politiche previste per l´Europa dei prossimi anni richiedono e impongono di preparare il progetto politico dell´Unione e di definirne le implicazioni dal punto di vista finanziario. In questa ottica giocherà un ruolo essenziale il programma politico a medio termine che prepari le prossime prospettive finanziarie. Esse dovranno non solo riflettere il trattato costituzionale che emergerà dai lavori della Convenzione e della successiva Conferenza intergovernativa ma dovranno fornire la base necessaria per una Unione allargata tesa a conseguire tre grandi obiettivi politici: la pace, la libertà e la solidarietà. A questo riguardo, entro la fine dell´anno o, al più tardi, all´inizio del 2004 presenteremo, il nostro progetto politico globale per l´Europa allargata e indicheremo le linee di massima delle proposte finanziarie necessarie per questo progetto. Poi prepareremo le conseguenti proposte legislative in modo che esse siano pronte ad essere adottate verso la metà del prossimo anno. Considero un nostro dovere lasciare ai nostri successori il progetto politico e il piano finanziario coerente con la nuova Europa allargata e il modello istituzionale che questa Commissione avrà portato a termine. È nostro dovere, infatti, lasciare ai nostri successori il frutto delle esperienze che abbiamo accumulato nell´esecuzione dell´attuale pacchetto finanziario e nella realizzazione dell´allargamento. Per quanto riguarda il contenuto delle nostre future proposte già ora posso dire che esamineremo tutti i temi connessi alla definizione del quadro finanziario dell´Unione in maniera aperta. Abbiamo portato a termine i negoziati di allargamento. Ora dobbiamo definire il progetto politico per l´Unione allargata. Dobbiamo cioè dire: * Che cosa può essere fatto a livello dell´Unione per promuovere e tutelare le libertà civili. * In che modo l´Unione può integrare le disposizioni degli Stati membri in materie fondamentali come la salute e la sicurezza o lo spazio di libertà e giustizia. * Quali politiche a livello dell´Unione possono meglio contribuire a offrire la prosperità duratura dell´Europa. * Quali obiettivi deve porsi l´Unione per promuovere la coesione regionale e sociale in un´Europa allargata che presenterà maggiori disparità economiche rispetto all´Unione dei Quindici. * Quali cambiamenti saranno necessari nel settore della politica della ricerca e dei fondi strutturali per raggiungere questi obiettivi. * Per contribuire a ridurre le disparità economiche tra i paesi dell´Unione e al loro interno, le spese destinate alla coesione dovranno essere mantenute inalterate, aumentate o diminuite. * Quali politiche per promuovere la proiezione esterna del modello europeo soprattutto fra i paesi a noi vicini. Signor Presidente, Onorevoli deputati, L´unione di oggi è una Unione in movimento. È una Unione che deve basarsi sull´esperienza che stiamo vivendo per rafforzarsi, per affermare in maniera più decisa una sua identità e un suo ruolo nel mondo. La crisi attuale deve servirci da stimolo per accelerare un processo di riforma in corso, necessario indipendentemente dall´allargamento, ma che l´allargamento e l´attuale contesto internazionale rendono ancora più importante e urgente. Oggi noi possiamo rilanciare la nostra unità: ce lo chiedono i nostri cittadini, ce lo impone l´incalzare degli eventi. La Convenzione può determinare una svolta nella nostra vita in comune: impegniamoci tutti per assicurarne il successo. Assieme, possiamo riuscirci. Assieme, accanto alle basi istituzionali, possiamo e dobbiamo porre anche le basi politiche e finanziarie necessarie per poter aprire questa nuova fase. Dal lavoro che insieme realizzeremo quest´anno e l´anno prossimo dipenderanno in larga misura la natura e il ruolo dell´Unione di domani in Europa e nel mondo, dell´Unione che consegneremo alle nuove generazioni. "  
   
 

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