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Notiziario Marketpress di Mercoledì 02 Aprile 2003
 
   
  I DUBBI DEI DIRETTORI DEL PERSONALE SULLA RIFORMA BIAGI A CIRCA DUE MESI DALLA SUA APPROVAZIONE:FLESSIBILITA´ NON VUOL DIRE PRECARIETA´

 
   
  Milano, 2 aprile 2003. I direttori del personale si dichiarano contrari (70% dei casi) o quantomeno perplessi (30%)all´introduzione del "job sharing" nella propria azienda dimostrando un certo scetticismo nei confronti di questo istituto, mentre si registra un cauto interesse verso il "job on call"o contratto a prestazioni discontinue che specie nelle realtà della grande distribuzione potrebbero contribuire alla flessibilità della gestione aziendale senza andare a scapito della sicurezza del posto di lavoro. E´ quanto emerge da una ricerca su un campione di oltre 200 direttori del personale di aziende medio-grandi, realizzata da Mcs (Management Consulting on Selection), società specializzata nella ricerca e selezione del personale che opera da 25 anni sul mercato italiano e fa parte del gruppoAccord(30 uffici nel mondo)per venire incontroalle esigenze globali dei clienti. (www.Mcs-accord.com). Mcs in collaborazione con il Club Risorse Umane, ha realizzato questa ricerca incontrando oltre 200 direttori del personale di aziende presenti in Italia e rappresentative dei principali settori merceologici, permettendo così un confronto diretto tra "addetti ai lavori" sulle recenti novità in fase di introduzione dalla presente legislatura sul tema della flessibilità (disegno di legge 848-B approvato dal Senato il 05/02/03). Il confronto è avvenuto in tre delle quattro diverse zone geografiche italiane in cui sono presenti gli uffici di Mcs: Roma, Padova e Bologna. Agli incontri hanno partecipato Antonio Rispo, Amministratore Delegato di Mcs e Donato Menichella, esperto di Disciplina del Lavoro e Direzione del Personale della suddetta società. La riforma Biagi aumenta la flessibilità del part time, introducendo nuove tipologie contrattuali, dallo staff leasing (lavoro in affitto a tempo indeterminato) al job sharing (un posto di lavoro diviso su due aziende), dal lavoro "a chiamata" a quello "a progetto". Dalla ricerca Mcs emerge che lo stage è lo strumento maggiormente utilizzato dalle aziende per inserire nuova forza lavoro (43 %). Il ricorso a questo contratto di lavoro viene motivato con la maggiore flessibilità riscontrabile nel suo utilizzo. Nel caso di Cfl (contratto formazione lavoro) il dato più significativo emerso è la costante applicazione di questa tipologia contrattuale come contratto di pre-assunzione vera e propria, laddove nel 90% dei casi questo diventa a tempo indeterminato alla scadenza. L´elemento che frena maggiormente la mobilità è l´abitudine a risiedere nello stesso territorio, causata dalla carenza della rete infrastrutturale, che agevolerebbe gli spostamenti da e verso aree ritenute depresse. Chi si trasferisce verso nord per lavoro desidera spostarsi insieme alla propria famiglia, e questo comporta uno dei maggiori problemi irrisolti per le aziende, che ormai da anni non investono più nella realizzazione di alloggi per i propri dipendenti vicini al luogo di lavoro, come è stato fatto ad esempio dalla Olivetti negli anni ´60. Le aziende del nord est (in particolare quelle metalmeccaniche) lamentano la difficoltà di trovare sul proprio territorio personale qualificato, constatandone al contrario la presenza in zone del centro-sud Italia. Il lavoro interinale e il part-time vengono utilizzati in percentuale minore rispetto allo stage e soprattutto queste percentuali variano da settore a settore. Così mentre la percentuale di chi utilizza l´interinale per aumentare la flessibilità si attesta al 29 % nella media, essa scende drasticamente se si fa riferimento a settori specifici come il trasporto aereo (5%) o bancario (6%) dove problemi intrinseci legati alla sicurezza e alla riservatezza (viene ritenuta "pericolosa" la divulgazione di informazioni riservate a personale "in transito") ne rendono difficile l´applicazione. Al contrariola percentuale del lavoro interinaleè molto più alta della media nel campo delle telecomunicazioni (50 %) e dei beni di largo consumo (48%), dove i picchi stagionali vengono gestiti spesso con queste tipologie contrattuali. Il part time, secondo l´indagine Mcs, viene utilizzato in media dal 21 % delle aziende:in 9 casi su 10 sono le donne che utilizzano questo tipo di contratto, probabilmente per venire incontro alle esigenze di flessibilità richieste da chi si occupaanche della gestionedella famiglia. Le problematiche legate alla sicurezza del posto di lavoro pongono un grosso freno all´applicazione del telelavoro (nel 90% dei casi questo è l´unico limite alla realizzazione di postazioni domestiche adatte allo scopo), che al contrario viene ritenuto uno strumento potenzialmente molto efficace. Riguardo la Cassa Integrazione,quanto mai attuale di questi tempi, le opinioni si dividono tra chi giudica buono lo strumento così come è strutturato ora (40 %) e chi invece lo ritiene utile ma vedrebbe con favore un cambiamento, una riforma che lo rendesse meno oneroso per lo Stato e più impegnativo per l´azienda (48 %). In tal senso si vorrebbe spingere la Cig verso la forma di un "prestito" momentaneo all´azienda in difficoltà, garantendo comunque l´assistenza statale, ma nell´ottica di un successivo rimborso graduale. Pochi sono coloro che credono che lo Stato debba essere soggetto passivo nel mercato non intervenendo mai, nemmeno nelle condizioni in cui ricorre l´utilizzo della Cig (solo il 12 %). Un altro elemento che emerge dal confronto è la differenza di trattamento nei diversi Paesi per quanto concerne le politiche del lavoro. Chi opera in aziende multinazionali si scontra spesso con norme che differiscono da Paese a Paese anche in maniera significativa. Questo crea problemi a livello di organizzazione comportando l´adeguamento delle strutture aziendali alle differenti esigenze. Quindi viene auspicata una maggiore uniformità di vedute a livello Europeo che metta le aziende in grado di adottare una strategia unitaria di azione in merito ad assunzioni e licenziamenti. E´ stato affrontato anche il problema della grossa differenza di comportamento tra gli organi competenti in materia di lavoro (Inail, Ispettorato, etc.) di province diverse. Alcuni dei Direttori del Personale presenti espongono casi in cui ad una stessa richiesta vengono date differenti risposte a seconda della provincia di appartenenza, provocando perplessità in chi deve poi applicare le regole. "La richiesta più forte che emerge da questa indagine - ha dichiarato Antonio Rispo - è che venga lasciato più spazio alla libera iniziativa delle imprese in materia di accordi contrattuali, per permettere flessibilità e adattabilità alle diverse esigenze settoriali e territoriali. Viene ritenuto più idoneo un intervento diretto da parte di chi conosce bene il mercato del lavoro specifico di settore piuttosto che da parte del legislatore. D´altra parte - ha proseguito Rispo - flessibilità non vuol dire mercato del lavoro selvaggio e assenza di qualsiasi certezza per i dipendenti. La contrattazione diretta tra le parti è il modo migliore per coniugare flessibilità per il datore di lavoro e certezze per i dipendenti.In questo senso i direttori del personale si sono dichiarati contrari all´estensione indiscriminata e generalizzata dei contratti interinali." Infolink: www.Mcs.it    
   
 

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