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Notiziario Marketpress di
Giovedì 15 Maggio 2003 |
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INDUSTRIA MANIFATTURIERA USA: INVESTIMENTI DIRETTI ESTERI IN CALO DEL 37% NEL 2002 È QUANTO EMERGE DA UNO STUDIO DI DELOITTE CONSULTING. POSSIBILE UNA RIPRESA A MEDIO TERMINE MA SOLO SE MIGLIORERÀ LA CONGIUNTURA INTERNAZIONALE. GLI USA INVESTONO NEI PAESI CON I SALARI PIÙ ALTI
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Milano, 15 maggio 2003 - Gli investimenti diretti esteri dell´industria manifatturiera americana sono in sensibile calo dopo il boom del 2000 e potrebbero diminuire ancora nel breve periodo a causa della stagnazione dell´economia mondiale, della crisi in Medio Oriente e di alcuni fattori regionali come l´epidemia Sars. E´ quanto rivela uno studio di Deloitte Research, la divisione di ricerca di Deloitte Consulting, dal quale emerge che lo scorso anno gli Ide (Investimenti diretti esteri) dell´industria manifatturiera Usa sono ammontati a circa 23 miliardi di dollari rispetto ai 36 del 2001, per una riduzione del 37% su base annua. Un calo che diventa un vero e proprio crollo se si mette a confronto il dato dello scorso anno con quello del 2000, quando gli investimenti diretti esteri dell´industria americana raggiunsero la cifra record di 58 miliardi di dollari. "Il difficile momento del settore manifatturiero e l´incertezza derivante dalla criticità dello scenario internazionale e dalle minacce di attentati terroristici hanno contribuito in modo determinante alla riduzione degli investimenti diretti esteri americani" commenta Primo Molin, Partner di Deloitte Consulting Italia e Responsabile della industry Manufacturing. Tutti questi fattori, secondo lo studio di Deloitte Research, continueranno a pesare sugli Ide statunitensi nel breve periodo, mentre nel medio termine la situazione appare più incerta. "Ritengo che gli investimenti diretti esteri americani torneranno a crescere nel 2004 - aggiunge Molin - perché difficilmente la sequenza di avvenimenti negativi verificatasi negli ultimi tre anni potrà ripetersi in futuro. Credo che si possa guardare ai prossimi anni con un certo ottimismo, come dimostrano anche alcuni segnali di ripresa nel business della consulenza legata al settore manifatturiero. Nel prossimo futuro, inoltre, gli Ide dell´industria manifatturiera Usa sembrano destinati ad aumentare, soprattutto in Europa, anche per effetto dell´indebolimento del dollaro sui mercati internazionali". Al momento, gli investimenti diretti esteri statunitensi continuano a prediligere aree geografiche nelle quali i salari sono più elevati. Nel 2001, ad esempio, il 94% degli Ide americani ha interessato paesi con elevati costi del lavoro. Si tratta del cosiddetto "paradosso dell´alta retribuzione", in base al quale, contrariamente a quanto si potrebbe pensare, le aziende manifatturiere Usa preferiscono investire in paesi che, pur avendo dei costi di produzione più elevati, presentano altre caratteristiche favorevoli come la stabilità politica, gli elevati standard formativi e la specializzazione del lavoro. "Il costo del lavoro è un criterio importante - conclude Molin - ma nelle decisioni di investimento all´estero contano anche altri fattori, soprattutto il sistema infrastrutturale del paese, il contesto politico degli stati destinatari e le opportunità esistenti legate al mercato di sbocco. Sono convinto che anche in futuro le aziende Usa continueranno a preferire l´Europa a paesi con costi di produzione minimi per i loro investimenti esteri". A guidare la graduatoria dei settori che investono maggiormente all´estero c´è l´industria chimica e farmaceutica con oltre 13 miliardi di dollari di Ide. Ma i margini di crescita maggiori sono quelli dell´industria alimentare, passata dagli 1,7 miliardi di dollari investiti all´estero nel 2001 agli 11,9 del 2002. Tale aumento è essenzialmente il prodotto delle acquisizioni delle aziende Pillsbury (Regno Unito) e Bass Brewers (Belgio) da parte rispettivamente di General Mills e Adolph Coors. In rosso, invece, è il settore dei macchinari industriali, passato a -3,8 miliardi di dollari nel 2002 dopo i 12 miliardi dell´anno precedente. Il drastico calo è dovuto principalmente ai massicci disinvestimenti di grandi società come General Electric, Metals Usa e John Deere e ai tagli "overseas" nel settore automobilistico. |
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