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Notiziario Marketpress di Mercoledì 10 Gennaio 2007
 
   
  LA CITTÀ METICCIA, MUSICA TEATRO DANZA E FOTOGRAFIA PER RICONQUISTARE LA POLIS APPUNTAMENTO AL TEATRO DIEGO FABBRI DI FORLÌ CON IL CICLO L’OCCIDENTE NEL LABIRINTO CURATO DA ACCADEMIA IN ARTE

 
   
   Forlì, 10 gennaio 2007 - Anno nuovo, città nuova. O meglio nuovi occhi con cui guardarla. Questo è il proposito del ciclo “Polis da riconquistare” che prosegue il dibattito dedicato alla città al teatro Diego Fabbri di Forlì venerdì 12 gennaio alle ore 21 con “La città meticcia”. Lo spettacolo articolato in musiche, danze e teatro e fotografia (di Giorgio Giunchi) è curato da Accademia Inarte in collaborazione con il circolo “Lamberto Valli” e con Sadurano. Forse questo spettacolo meglio di qualsiasi altro appuntamento de La polis da riconquistare compendia lo spirito che ha ispirato gli organizzatori non solo per quest’ultimo ciclo di incontri culturali, ma anche per le passate edizioni. “In sei anni di attività – commenta Luca Panzavolta - ci si è sforzati di mostrare senza infingimenti l’illusione solipsistica secondo cui le persone, e per diretta conseguenza le città che queste persone abitano, abbiano soltanto una identità. Se così fosse, la scelta tra livello nazionale e globale si ridurrebbero a una perniciosa sfida tra o tutto o niente. Una delle questioni centrali è il modo di vedere gli esseri umani. Devono essere classificati in base alle tradizioni ereditate (in particolare: in base alla religione ereditata) dalla comunità in cui sono nati, dando per scontato che questa identità non scelta abbia automaticamente la priorità sulle altre affiliazioni, legate, ad esempio, alla politica, alla professione, alla classe, ecc. ; oppure devono essere considerati individui dalle tanti affiliazioni e associazioni, sulla cui importanza e priorità sono loro stessi a dover prendere una decisione”. L’aggettivo migliore per esprimere questo stato di cose è, per l’appunto, “meticcio”, che deriva dal latino miscere e che significa mescolare il bianco con il nero. Ma mescolando il bianco con il nero si ottiene il grigio, il colore dell’ambiguità. E l’ambiguità genera inquietudine. Non a caso il secondo significato del verbo latino miscere è “generare turbamento”, “mettere sottosopra”. Eccoci, allora, dinanzi a una delle interrogazioni più gravose e insieme affascinanti cui la cultura del nostro tempo è chiamata a rispondere: posto che la società è meticcia, come fare a trasformare questo meticciato, questa inquietudine in sana inquietudine, in un motore cioè di crescita spirituale e civile, evitando che la carica di inquietudine che per natura esso reca con sé possa portare (e qui ritorna il grande ammaestramento di Antigone, altro Leitmotiv del ciclo di incontri) a scontri fratricidi. Lo spettacolo, diretto da Andrea Farì e da Ilaria Mazzotti, si muoverà proprio in questa direzione, attraverso la musica e la danza, la fotografia e il teatro. Per impiego di mezzi e per sforzo organizzativo, è senz’altro l’evento più ambizioso de La polis da riconquistare, forse il più paradigmatico, forse – perché no? – il più inquietante. .  
   
 

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