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Notiziario Marketpress di Giovedì 11 Gennaio 2007
 
   
  DOMUS DI GENNAIO TURISMO SPAZIALE: COME SARÀ L’ARCHITETTURA IN UNA GRAVITÀ DIVERSA?

 
   
  Milano, 11 gennaio 2007 - 1/ Architetture aerospaziali: studi, progetti, illusioni volanti, dal nuovo sbarco sulla Luna ai viaggi su Marte. Domus affronta il tema della [space] architecture, che nasce e si diffonde anche grazie allo sviluppo del turismo spaziale, ovvero quell’accesso privato allo spazio che sta contagiando la rincorsa di imprenditori e aziende aerospaziali private, agenzie turistiche aerospaziali, ingegneri e progettisti. Anousheh Ansari, Barbara Imhof, Susmita Mohanty, protagoniste dell´articolo pubblicato su domus, sono tre donne legate da una comune passione per l’esplorazione umana dello spazio. Anousheh Ansari è la prima turista spaziale privata donna. Susmita Mohanty, indiana, e Barbara Imhof, austriaca, hanno invece affrontato un gran numero di progetti di [space] architecture, molti dei quali commissionati direttamente dalla Nasa e dall’Esa, l’agenzia spaziale europea. Secondo Mohanty ed Imhof, i recenti sviluppi e strategie progettuali, incalzati anche dal fenomeno del turismo aerospaziale, stanno prefigurando un nuovo genere progettuale secondo il quale la [space] architecture è una naturale estensione della pratica della progettazione architettonica terrestre. Con la costituzione dell’Asasc (Aerospace Architecture Subcommittee) l’architettura aerospaziale ha esteso le sue competenze e si occupa oggi della progettazione architettonica degli ambienti abitativi e di lavoro delle strutture, dei luoghi di residenza e dei veicoli spaziali. Ambienti, di cui domus propone alcuni esempi, che comprendono veicoli volanti destinati ad attività scientifiche e sistemi impiegabili in tali veicoli; veicoli spaziali, stazioni, ambienti abitativi, basi lunari e planetarie; nonché le strutture terrestri di controllo, sperimentazione scientifica, lancio, logistica, trasporto di persone e cose, simulazione, test. La progettazione architettonica che segue l’evoluzione dell’esplorazione umana dello spazio tiene in maggior conto la sostenibilità e l’efficienza socio-psicologica dell’equipaggio che gli aspetti tecnologici. La [space] architecture ha una complessità manifesta e include un vasto range di saperi: architettura, industrial design, psicologia ambientale, ergonomia, ingegneria strutturale, informatica, scienza dei materiali e sistemi di sopravvivenza. 2/ Focus di domus su Città del Messico: i progetti di Fernando Romero, le tavole inedite di Luis Barragán e le immagini di Livia Corona. Domus presenta alcuni progetti recenti, fra il Messico e la Cina, dello studio Lar dell’architetto messicano Fernando Romero, quali Villa S, attualmente in costruzione a Città del Messico, un´abitazione composta da una struttura di acciaio semi-organico, il cui profilo ricorda i rami di un albero. Grazie al carattere avanguardistico, unito all’uso sapiente di elementi locali come le lavorazioni artigianali e la scelta dei materiali, Villa S promette di diventare una delle più straordinarie case progettate da Romero e studiate per un committente privato. Altro tema fondamentale per Romero è quello del ponte, inteso sia come struttura fisica, sia come potente metafora dell’idea di legame. Finora l’applicazione più efficace di questo concetto è stata il progetto di un ponte tra Messico e Stati Uniti con all’interno un museo sull’immigrazione. Infine, sempre di Romero è il progetto per la nuova sede del Museo Soumaya, che prevede un notevole ampliamento delle attività che l’istituzione può ospitare. Il nuovo edificio avrà una superficie di circa 15. 000 m2 e si presenterà come una torre ricurva che si espande verso i piani più alti. Su domus anche la collezione di tavole inedite conservate presso la Fondazione Barragán, che testimoniano le speranze e le paure del noto architetto Luis Barragán - punto di riferimento importante per lo stesso Fernando Romero - per lo sviluppo futuro di Città del Messico. La magnifica serie di tavole inedite fa parte di una riflessione di Barragàn espressa in un articolo pubblicato nel 1959 intitolato “Come devono svilupparsi le grandi città moderne L’espansione di Città del Messico”. E´ una risposta critica al tema della città verticale, cui Barragán oppone i vantaggi di un´espansione orizzontale, adottata a partire dall´analisi della situazione orografica di Città del Messico. La città come è oggi è invece rappresentata sulla rivista attraverso le immagini della fotografa Livia Corona sulle periferie dalla città. Le fotografie mostrano le trasformazioni della città in modo al tempo stesso crudo e ironico. Espongono la sconnessione tra l’architettura e la società, tra la legalità e la pianificazione, tra i desideri personali e l’edilizia speculativa, tra la normativa urbanistica e le esigenze quotidiane. 3/ Design e creatività: Alessandro Mendini e Alberto Alessi discutono il modello del design milanese. Domus riporta una discussione tra il designer Alessandro Mendini e Alberto Alessi, sul modello “à la Milano” come dispositivo creativo e imprenditoriale per il design. Alessandro Mendini: “Un certo ciclo del design italiano è concluso e ne inizia un altro, mi sembra interessante cercare di capire se, in questa ipotesi, permangano dei caratteri italiani tipici del bel design. Mi domando: qual è il carattere stabile del design italiano, il suo Dna? Secondo me è che esiste una vera connessione con il genere di creatività della bottega rinascimentale ovvero la presenza di un luogo eclettico, dove si esercitano differenti discipline, con un carattere profondamente artigianale. (…) L´arrivo dei computer e la globalizzazione hanno condotto a produrre lontano creando uno scenario talmente diverso da quello di prima per cui le industrie italiane sono entrate in fase di stallo (…). Credo che il carattere italiano nato nel Rinascimento sia un carattere di antropologia del luogo, e siccome credo che sia un fenomeno stabile aspetto questa seconda fase che io personalmente non so prevedere, ma che subliminalmente c’è”. Per Alberto Alessi, tra i responsabili dell´omonima azienda, “da parte dei designer e da parte delle imprese non si fa lo sforzo di porsi di fronte a delle nuove utopie di scenari del mondo perché la visione è bassa. (…) Adesso forse stiamo perdendo anche l’aspetto della produzione diretta. Si delinea uno scenario prossimo in cui le fabbriche del design italiano saranno degli organismi strani che non producono necessariamente in Italia né usano prevalentemente progettisti italiani. ” .  
   
 

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