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Notiziario Marketpress di Lunedì 14 Luglio 2003
 
   
  OSSERVATORIO CRIF DECISION SOLUTIONS - NOMISMA SULLA FINANZA PER I PICCOLI OPERATORI ECONOMICI PRESENTATA LA PRIMA EDIZIONE DEL RAPPORTO CHE ANALIZZA IL MONDO DEI PICCOLI OPERATORI ECONOMICI

 
   
  Milano 14 luglio 2003 - È stato presentato il 1° Rapporto semestrale dell´Osservatorio sulla Finanza per i Piccoli Operatori Economici (Poe), nato dalla collaborazione tra Crif Decision Solutions e Nomisma. L´osservatorio si focalizza in modo specifico e originale su una categoria speciale di operatori economici, troppo spesso assimilata alle piccole e medie imprese, e ne delinea il quadro economico, finanziario e strutturale. Analisi dello scenario macroeconomico. Nel corso del 2002 sono state parzialmente deluse le aspettative di ripresa dell´economia mondiale, essendosi verificate situazioni di stagnazione in diverse economie avanzate e situazioni di crisi in alcuni dei paesi emergenti. Lo sviluppo del prodotto mondiale si è assestato intorno al 3%, in ripresa rispetto al 2001, così come positivi sono risultati i dati relativi al commercio mondiale sostenuto principalmente dall´area asiatica, mentre nell´area dell´Euro e del Sud America tale indicatore ha mostrato segnali di rallentamento. In Italia il 2002 è stato un anno di sostanziale stagnazione per il prodotto interno lordo che è cresciuto soltanto dello 0,4%, in calo già dal 2001 e sotto la media dell´area Euro. Il peggioramento della bilancia dei pagamenti ha fatto registrare un deficit di 7,3 miliardi di euro, pari allo 0,6% del Pil. Alla fine del 2002 la posizione netta sull´estero era debitoria. Intonazione negativa anche per gli investimenti fissi lordi che passano dal 2,6% del 2001 allo 0,5% del 2002. In prospettiva gli scenari ipotizzati per l´Italia sono di potenziale ripresa dell´economia che, a partire dal 2003, si consoliderà nel corso del 2004. Il quadro congiunturale rimane incerto anche per il 2003 e le previsioni per l´economia italiana spostano la ripresa economica all´inizio del 2004. La struttura finanziaria dei Poe. I Piccoli Operatori Economici sono aziende poco strutturate, flessibili dal punto di vista operativo, ma rigide dal punto di vista finanziario. Nelle condizioni di incertezza risentono negativamente della bassa accumulazione di capitale e sono spesso indotte a fare ricorso al debito a breve, prevalentemente verso il settore bancario, per contrastare gli effetti negativi dell´oscillazione della domanda e non intaccare il patrimonio personale del titolare. Dalle analisi svolte si rileva che esistono luci e ombre nelle prospettive economico-finanziarie dei Poe, determinate da molteplici fattori, fra cui lo stretto rapporto che intercorre tra questi operatori e i propri clienti e fornitori e la funzione del credito, che può incidere proprio sul delicato equilibrio operativo su cui i Poe fondano le decisioni e le necessità di investimento. L´analisi finanziaria, svolta in funzione delle prospettive economico-reddituali per settore, fornisce un primo quadro basato su quattro categorie: Affidabilità: i settori in cui il rischio di fallimento è ridotto per bassa vulnerabilità associata a prospettive stazionarie di redditività. Ne fanno parte gli intermediari del commercio, le attività professionali e della stampa ed editoria. Prospettive positive anche nel breve termine, con equilibrio finanziario sufficientemente cauto da non provocare rischi di fallimento. Interesse: in questa categoria si trovano i settori della riparazione degli autoveicoli, della meccanica, dell´elettromeccanica e della lavorazione dei metalli, nonché della produzione di mobili, per i quali si rilevano buone prospettive economico reddituali e una media vulnerabilità nella gestione finanziaria a breve termine. Cautela: settori ad alta vulnerabilità anche in presenza di buone prospettive economico-reddituali, come l´intera filiera del settore immobiliare, dalle costruzioni, impianti per edilizia alle attività immobiliari, e attività di servizi legate alla domanda per consumi, come bar, ristoranti e commercio al dettaglio. Estrema cautela: in questa categoria sono inseriti i settori che presentano prospettive critiche di redditività. Tessile ed abbigliamento, agricoltura, commercio di autoveicoli, servizi alle imprese e trasporti terrestri, sono accomunati da situazioni di crisi settoriale. La dinamicità delle imprese Analizzando nel dettaglio il comportamento dei Poe si riescono ad individuare alcune caratteristiche che forniscono una fotografia di estrema varietà di situazioni sia in chiave individuale, sia in chiave territoriale. La presunta bassa propensione ad effettuare investimenti per il consolidamento e lo sviluppo aziendale (dinamicità) di questo tipo di operatori non trova un riscontro effettivo nei dati analizzati attraverso l´indagine diretta. Piuttosto si rileva un´elevata varianza nei comportamenti, con operatori che presentano un basso dinamismo (circa il 15% dell´insieme dei Poe nazionali) ed operatori che, viceversa, esprimono una forte propensione allo sviluppo. In particolare, su base territoriale, il profilo di rischio economico finanziario medio degli operatori conferma che è il nord-est l´area meno rischiosa, seguita rispettivamente dal nord-ovest, dal centro e dal sud. L´analisi svolta misura le distanze all´interno di tale gerarchia: rispetto alle imprese del nord-est, le imprese del nord-ovest appaiono più rischiose del 9,2%, quelle del centro del 13,3%, mentre quelle del sud del 48,5%. Il quadro è migliore sotto il profilo della dinamicità degli operatori: rispetto al nord-ovest, in cui i Poe risultano più dinamici, il nord-est presenta un deficit di dinamismo del 3,8%, il centro del 4,4% mentre il sud del 6,3%. Ma il dato più interessante è che se si considera solo il rischio endogeno, che sintetizza il comportamento individuale dei Poe a prescindere dai dati strutturali dell´ambiente in cui svolgono la propria attività, non solo le distanze fra le diverse aree territoriali tendono a ridursi, ma anche la gerarchia dei territori risulta sovvertita. Infatti, sono le imprese del centro che presentano i comportamenti più virtuosi in termini di corretta impostazione strategica e coerenza di gestione finanziaria. Rispetto alle imprese dell´Italia centrale, le imprese del nord-est presentano una rischiosità superiore dell´1,7%, le imprese del sud del 2,8%, mentre in ultimo le imprese del nord-ovest sono mediamente più rischiose del 4,4%. Bisogna ritenere quindi che le imprese del sud e del centro siano fortemente penalizzate dalle condizioni economiche dell´ambiente in cui svolgono la propria attività. In sostanza si trova conferma di un comportamento che tende ad omogenenizzarsi fra le diverse aree del paese e, tenendo conto delle condizioni economiche estremamente diversificate, va rilevato che il deficit di dinamismo delle imprese meridionali è certamente inferiore di quanto ci si potesse attendere. Se questo dato troverà conferma nei prossimi anni è probabile che le distanze fra nord e sud vadano ulteriormente ad attenuarsi. L´analisi della rischiosità del credito ai Piccoli Operatori Economici - L´analisi della rischiosità del credito ai Poe si sviluppa su indici e statistiche basati su dati aggregati tratti da un campione di affidamenti erogati da Istituti finanziari e censiti in Eurisc, la banca dati che gestisce le informazioni - sia positive che negative e costantemente aggiornate - di oltre 26 milioni di anagrafiche (dato di giugno 2003) su tutto il territorio italiano, di cui oltre un milione e ottocentomila relativo a Piccoli Operatori Economici. In particolare, è stata elaborata una serie di indicatori, come il tasso di decadimento e il tasso di sofferenza (calcolato sulla base delle linee di credito e non degli importi), con l´intento di tracciare un´analisi di rischiosità del mercato a livello nazionale e il quadro evolutivo della rischiosità a livello territoriale e settoriale connesso con il credito erogato ai Piccoli Operatori Economici. L´andamento dei tassi di sofferenza a livello nazionale mostra una sostanziale stabilità, seppur registrando la flessione massima nel mese di marzo 2003, posizionandosi intorno al 4,5%. I tassi di sofferenza rappresentano un dato di stock, spesso influenzato dall´andamento degli impieghi; i tassi di decadimento forniscono, invece, una visione più precisa sulla qualità degli affidamenti, vincolando la misurazione del rischio agli eventi maturati nell´arco di un anno (ritardi di pagamento e/o sconfinamenti). Nell´arco del periodo di osservazione, marzo 2001 - marzo 2003, il tasso di decadimento a 180 giorni si dimostra stabile. Analogo è il comportamento nello stesso periodo di osservazione del tasso di decadimento a 90 giorni, che si dimostra altrettanto stabile ma su valori (4,5%) pari a circa il doppio di quelli a 180 giorni. A livello territoriale emerge in maniera netta la minore rischiosità della aziende situate nel Nord Est del Paese. Il Veneto, nell´arco del periodo analizzato (dicembre 2000 - dicembre 2002) risulta la regione con il minor tasso di sofferenza (2,8%). A livello nazionale si può parlare di una rischiosità distribuita a "macchia di leopardo", che vede nella classifica delle regioni con un più elevato tasso di sofferenza la Liguria (6,8%), la Campania (6,2%) e la Calabria (5,4%). A livello settoriale, nell´arco del periodo analizzato (dicembre 2000 - dicembre 2002) si è evidenziato un progressivo aumento della rischiosità in corrispondenza dei settori dell´Industria alimentare, tessile e abbigliamento (5% a dicembre 2002; era a 4,6% un anno prima), Commercio, Trasporti e Comunicazioni (4,8% a dicembre 2002; era a 4,3% un anno prima), Agricoltura (1,9% a dicembre 2002; era a 1,5% un anno prima), seppur tale settore continui a risultare quello a rischiosità minore. L´incrocio tra area e settore non evidenzia all´interno delle singole aree (nord-est, nord-ovest, centro, sud e isole) settori in controtendenza rispetto all´andamento nazionale con la sola eccezione del settore delle Costruzioni, il cui trend di rischio, nell´arco del periodo analizzato (dicembre 2000 - dicembre 2002), risulta ovunque in calo ad esclusione del centro, dove risulta in lieve crescita (4,2% a dicembre 2002; era a 4,0% un anno prima).  
   
 

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