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Notiziario Marketpress di
Lunedì 12 Settembre 2011 |
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AL FESTIVAL DI DANTE LA PROPOSTA DEL COSTITUZIONALISTA ZAGREBELSKY INCOSTITUZIONALI LE LEGGI INCOMPRENSIBILI BASTA CON LE LEGGI CONFUSE E CRIPTATE. DUE ARTICOLI DI UNA EVENTUALE RIFORMA DELLA CARTA RILANCIANO IL VALORE RIVOLUZIONARIO DI UN LINGUAGGIO CHIARO E ALLA PORTATA DI TUTTI.
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Ravenna 12 settembre 2011– “Articolo 1: Ogni norma legislativa deve essere formulata in maniera completa, comprensibile e senza rimandi. Articolo 2: L’inosservanza dell’articolo precedente comporta la incostituzionalità della norma”. Opportunamente collocate all’inizio di un’eventuale riforma della Costituzione italiana, spiega Gustavo Zagrebelsky, past president della Corte Costituzionale, queste due regolette tanto semplici da apparire ovvie, creerebbero nel nostro Paese il presupposto di una salutare rivoluzione culturale e sociale, l’incipit di un modo nuovo e civile di concepire i rapporti tra legislatore e cittadino. Metterebbero la parole fine alle leggi confuse, prolisse e non di rado volutamente incomprensibili che ormai caratterizzano i nostri codici, e agli oscuri rimandi a codicilli e norme, che a loro volta rimandano ad altre norme e codicilli altrettanto oscuri. La democrazia, la certezza del diritto esigono prima di tutto chiarezza e trasparenza linguistica. La proposta di Zagrebelsky è maturata l’ 8 settembre a Ravenna sul filo di un ragionamento coerente con il tema del convegno La lingua delle Costituzione italiane 1848 – 2011, che Accademia della Crusca e la locale Fondazione Cassa di Risparmio hanno organizzato come debutto della prima edizione del Festival di Dante. Protagonisti, tra gli altri, la linguista Bice Mortara Garavelli, lo storico del diritto Federigo Bambi, il presidente del Gruppo Cassa di Risparmio di Ravenna Antonio Patuelli in veste di studioso del Risorgimento, e come moderatore Pierluigi Visci, direttore del Quotidiano Nazionale e del Resto del Carlino. Molti e dotti i confronti tra lo Statuto albertino del 1848 e la Carta repubblicana vigente, i riferimenti storici, le diverse basi sociali e obiettivi. Allora la concessione di un sovrano che si autolimitava indotto dalle circostanze; qui una nuova classe dirigente decisa a riscattare una nazione da una guerra rovinosa costruendo un nuovo Stato. Allora l’esplicitazione di regole concrete che già esistevano; qui la definizione dei principi ideali destinati a disegnare l’architrave astratta di una società futura ricca di valori: equità, giustizia solidarietà. Valori che si sono materializzati nello stesso linguaggio della Costituzione: frasi brevi, concetti espressi con chiarezza e senza enfasi, parole prese per lo più del linguaggio comune, tecnicismi lo stretto indispensabile. Un carta che doveva parlare a tutti i cittadini. “L’opposto”, ha commentato Zagrebelsky, “di quanto è poi accaduto negli ultimi decenni in cui hanno trionfato retorica, linguaggi cifrati e il contemporaneo svuotamento dei contenuti normativi. Esempio evidente ne è l’articolo 111 della riforma che ha istituito il cosiddetto ‘giusto processo’. Una formula con cui evidentemente si voleva far capire, a vantaggio di qualcuno, che l’intera precedente giurisdizione era stata ingiusta”. La produzione legislativa di questi anni, ha aggiunto, si distingue per queste caratteristiche che contraddicono fin troppo apertamente lo spirito della Costituzione: “Fino a errori lessicali macroscopici che denunciano anche crasse ignoranze. Sempre l’articolo 111 recita ‘La giurisdizione si attua attraverso il giusto processo’. Ma la giurisdizione si esercita, non si attua. Perché altrimenti diventa un concetto metafisico. Di sicuro, però, gli artefici non pensavano ad Aristotele o a San Tommaso. Pensavano forse a qualche amico degli amici” |
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