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Notiziario Marketpress di Giovedì 22 Settembre 2011
 
   
  INDAGINE CONGIUNTURALE SULLE PICCOLE E MEDIE IMPRESE DEL LAZIO I° SEMESTRE 2011

 
   
  Roma, 22 Settembre 2011 - Il 2010 si è concluso con una crescita del Prodotto Interno Lordo dell’1,1%, valore che, sebbene abbia superato la soglia psicologica dello “zero virgola”, non consente di trarre conclusioni esaltanti ma anzi frustra ancora una volta le aspettative riposte in una ripresa significativa. Ciò anche alla luce del fatto che, per il 2011, la stima del Pil torna a scendere allo 0,7[1]%. Recenti stime indicano il Pil del Lazio nel 2010[2] in crescita del 1,2%, dunque in deciso recupero dopo la debacle superiore al 3% rilevata nel 2009. Le attese sul 2011 invece indicano una decelerazione al 0,9%, come per il dato nazionale. Il Pil del Lazio sembrerebbe dunque essersi semi allineato a quello nazionale sia per il 2010, sia per il 2011. Un allineamento che si estende anche ai dati sulla demografia delle imprese nel corso del secondo trimestre 2011, essendo molto simili le percentuali di crescita del Lazio e dell’Italia (rispettivamente 0,61% e 0,64%). Sul fronte del commercio con l’estero, nel primo semestre 2011 rispetto allo stesso periodo del 2010, le esportazioni e le importazioni del Lazio sono rispettivamente aumentate del 20,8% e del 23,0%. Le esportazioni sono aumentate sia verso l’Unione Europea (17,5%) sia soprattutto sul mercato extra Unione Europea (26,1%). In termini di quota di beni e servizi esportati dalle imprese del Lazio sul totale nazionale esportato, nel confronto col periodo gennaio – giugno 2010, essa è passata dal 4,3% al 4,4%. Nel primo semestre 2011, le ore di cassa integrazione guadagni autorizzate nel Lazio sono diminuite, rispetto al primo semestre 2010, del 13,7%, meno del tasso di crescita calcolato a livello nazionale, in calo del 19,3%. Disaggregando il dato per tipo di gestione, abbiamo che nel Lazio il tasso di crescita della Cig Ordinaria si è ridotto (-5,8%) in misura inferiore al dato nazionale (-44,3%). Per quanto concerne la Cig straordinaria, nella prima metà del 2011 la riduzione registrata nel Lazio (-28,1%) è stata maggiore rispetto al dato nazionale, anch’esso in flessione (-9,4%). Nel Lazio aumenta solo la Cig in deroga (27,4%), in controtendenza rispetto al dato nazionale, in flessione (-2,8%). Dal quadro qui sommariamente descritto sulla base delle fonti istituzionali, passiamo ora ai risultati della nostra indagine, svolta su un campione di 350 aziende associate, e relativa al primo semestre 2011. Cominciamo dagli ordinativi ricevuti dalle imprese nella prima parte del 2011 (graf.2.1). Nel corso del primo semestre 2011 il saldo di opinioni sull’andamento degli ordini mostra un certo peggioramento rispetto agli esiti del secondo semestre 2010. Tale andamento si verifica soprattutto per gli ordini ricevuti dai paesi dell’Unione Europea il cui saldo, già in attenuazione nell’indagine scorsa, ora diventa negativo ed il suo trend si attenua di ulteriori 10 punti rispetto agli esiti del secondo semestre. Il saldo è ora pari a -7, dal precedente valore pari a 3. Peggiora tuttavia anche la situazione sul mercato interno: il saldo d’opinioni sugli ordini ricevuti difatti, negativo, cala da -5 a -8, lasciando dunque sul terreno 3 punti. L’unico segnale di controtendenza sembrerebbe giungere dai mercati extra europei: il saldo sugli ordini ricevuti recupera 12 punti, passando da 8 a 20. Nel primo semestre 2011 dunque peggiorano i saldi d’opinione sugli ordini ricevuti dal mercato europeo e dal mercato interno mentre recupera decisamente la situazione sul mercato extra europeo. Nel primo semestre del 2011 l’andamento del fatturato è in parte simile a quello riscontrato per gli ordinativi. L’analogia riguarda sia il mercato interno, dove il saldo di opinioni peggiora di 12 punti, passando da -3 a -15, sia per l’area Extra Unione Europea, dove invece il saldo migliora. In quest’ultimo mercato, infatti, si registra un deciso recupero del saldo di opinioni sul fatturato realizzato: su questa area di sbocco, le imprese hanno espresso un saldo di opinione che passato da -4 ad 11, con un aumento di 15 punti in soli sei mesi. Sul mercato dell’Unione Europea, invece, il saldo di opinioni, pur sempre negativo, migliora lievemente, passando da -3 a -2. Prosegue nel suo andamento decrescente, e di segno negativo, il saldo di opinioni sulla produzione nel primo semestre 2011, ora pari a -6 dal -2 riscontrato nella seconda parte del 2010 . Sul versante degli investimenti, la percentuale di imprese che ha dichiarato di averne effettuati nel primo semestre 2011 è pari al 33,1%, in lieve aumento rispetto al precedente 31,7%. Riguardo all’occupazione, nel primo semestre 2011 si attenua lievemente la percentuale di imprese che l’ha ridotta mentre aumentano sensibilmente le imprese che hanno occupato: di conseguenza, il saldo di opinioni prosegue nel suo trend crescente, torna positivo e, avendo guadagnato 7 punti, passa da -6 a +1 . La nostra indagine ha rilevato anche le previsioni a breve sui prossimi sei mesi, dalle quali emerge che, per quanto concerne gli ordinativi, i saldi di opinioni mostrano come le imprese si attendano un recupero robusto dal mercato interno, un’attenuazione dall’area dell’Unione Europea ed una rilevante flessione dai mercati dei paesi extra Unione Europea. In particolare, partendo da questi ultimi, il saldo si contrae di circa 19 punti, passando da 33 a 14. Più lieve è la contrazione nel saldo sugli ordini attesi dal mercato dell’Unione Europea, che si riduce di 3 punti passando da 22 a 19. Sono invece in sensibile recupero le attese sugli ordini provenienti dal mercato nazionale: il saldo di opinioni sale da 1 a 21, aumentando di 20 punti. Abbiamo poi chiesto alle imprese del campione di esprimersi sulla loro previsione di ampliamento dell’organico nei prossimi sei mesi. Il saldo atteso recupera lentamente terreno passando da 1 a 3 grazie all’incremento della percentuale di imprese che prevede di aumentare l’organico . Infine, per quanto concerne le previsioni d’investimento, il 30,3% delle imprese ha manifestato l’intenzione di fare investimenti, e la percentuale è in aumento rispetto al semestre precedente (28,9%). Si tenga però presente che la rilevazione è stata fatta nel mese di giugno e dunque prima che la situazione finanziaria internazionale peggiorasse e, soprattutto, prima del varo delle manovre del Governo Italiano di agosto e settembre alla luce delle quali anche le aspettative positive delle imprese formulate a giugno vanno probabilmente ridimensionate. Come di consueto abbiamo poi invitato gli imprenditori del campione a segnalare le principali problematiche che, a loro avviso, hanno influenzato più negativamente l’attività della propria azienda nel primo semestre 2011. A differenza delle ultime due indagini, nel primo semestre 2011 il principale problema che ha influenzato negativamente l’attività delle imprese sono i “ritardi dei pagamenti da parte dei clienti privati”, indicati nel 26,7% dei casi (graf. 2.11). Segue la consueta “insufficienza della domanda”, indicata nel 24,7% dei casi, sebbene la percentuale sia in ulteriore calo dal precedente 27,7% rilevato nel secondo semestre 2010. Si tratta di un sorpasso in parte annunciato se consideriamo l’andamento rilevato negli ultimi tre semestri: le imprese hanno progressivamente spostato l’importanza dei problemi dalla “debolezza della domanda” al “mancato pagamento da parte dei loro clienti privati”. In lieve attenuazione la percentuale dei casi in cui le imprese hanno indicato quale problema “il ritardo dei pagamenti da parte della Pa”, ora segnalato nel 15,1% dei casi rispetto al precedente 16,1%. Da questo punto in poi, la restante graduatoria dei problemi delle imprese si mantiene sostanzialmente invariata rispetto ai risultati del semestre precedente. Difatti, nella classifica troviamo le “insufficienti risorse finanziarie proprie” (8,2% dei casi, in crescita rispetto al 5,6%), come anche la “mancata concessione/erogazione del credito bancario” (4,8% dal precedente 5,2% dei casi), entrambi problemi avvertiti tanto quanto indicato nel secondo semestre 2010. E’ solo nella parte conclusiva della graduatoria che assistiamo ad una variazione: in questo primo semestre ha assunto maggiore rilevanza la “difficoltà nel reclutare manodopera qualificata”, indicata nel 3,8% dei casi, cui segue “l’impossibilità di partecipare ad appalti” indicata nel 3,1% dei casi; problematica meno avvertita rispetto a sei mesi fa. In conclusione, non possiamo nascondere un sentimento di “frustrazione” che ci assale quando presentiamo la nostra indagine, da qualche tempo a questa parte, in modo particolare negli ultimi due semestri. Ogni volta riesce difficile descrivere il quadro congiunturale senza ricorrere ad aggettivazioni negative. Quanto emerge dalle valutazioni in relazione al livello di ordinativi, fatturato e produzione, come abbiamo appena visto, sintetizza infatti uno scenario di difficoltà ulteriormente inasprite rispetto a sei mesi fa, quando – lo ricordiamo – avevamo già dovuto constatare una caduta del tono generale del nostro sistema imprenditoriale rispetto al semestre precedente. Ad essere particolarmente deboli, come abbiamo visto, sono soprattutto gli stimoli provenienti dai paesi europei, i quali, essendo anch’essi alle prese con la crisi finanziaria che sta interessando l’Europa (e non solo), non sono in grado in questo momento di trainare la nostra economia e stimolare il nostro tessuto produttivo. Quest’ultimo, d’altro canto, potrebbe forse risentire anche meno del rallentamento della domanda europea, se solo potesse contare almeno su una forte domanda interna, che invece è ancor più stagnante e incapace di surrogare la prima. Dunque siamo alle prese con una crisi, inizialmente di natura finanziaria e poi trasmessasi all’economia reale, facendo venire al pettine nodi strutturali per troppo tempo ignorati. Con specifico riferimento al contesto regionale – che è quello che qui ci interessa – possiamo dire che le Pmi si trovano ad osservare impotenti una congiuntura economica di sostanziale stagnazione, nella quale si faticano ad individuare i possibili punti di attacco alla crisi, le possibili azioni-volano capaci di mobilitare le risorse finanziarie, imprenditoriali, occupazionali, e perché no anche morali, della nostra comunità regionale. Noi crediamo che in fondo valga per il Lazio e per il suo tessuto imprenditoriale quanto vale per il Paese nel suo insieme. E cioè che, come tutti i più autorevoli osservatori vanno ormai dicendo da tempo, quello della “crescita” non è oggi uno dei temi da affrontare, bensì è “il” tema per eccellenza, il crocevia ineludibile di qualsiasi seria politica economica, nel Paese come nella regione. E’ la crescita che latita, sono le politiche espansive che mancano, presi come siamo a mettere in campo azioni difensive che hanno l’effetto di accelerare ulteriormente la spirale depressiva. E’ difficile non condividere lo slogan con cui il Governatore Mario Draghi chiudeva le sue “Considerazioni finali” all’Assemblea della Banca d’Italia dello scorso maggio, quando affermava perentoriamente “Tornare alla crescita”. Senza crescita sarà impossibile anche rimettere strutturalmente in ordine i conti pubblici. Come ricorda ancora Draghi, nell’ultimo decennio il nostro Pil è aumentato meno del 3%, contro ad esempio il 12% della Francia. La ragione sta sostanzialmente nel divario di produttività oraria, che in Italia è rimasta ferma, mentre in Francia è cresciuta del 9%. Dunque è la crescita che bisogna mettere assolutamente al centro dell’attenzione delle politiche economiche a tutti i livelli. Occorre allora far ripartire una domanda forte da parte sia del comparto privato che di quello pubblico. E’ giunto il momento che la Regione torni a fare investimenti produttivi capaci di innescare un vero, duraturo circuito virtuoso. In questo senso, soprattutto alla luce del momento di eccezionale gravità che stiamo attraversando, crediamo sia arrivato il momento di rivedere i contenuti del Patto di stabilità, che oggi condiziona pesantemente in senso negativo la fattibilità degli interventi infrastrutturali, oltre che, com’è noto, la tempestività dei pagamenti della P.a. Verso i fornitori che – come è emerso anche dalle risposte degli intervistati – resta uno dei problemi più sentiti dalle imprese. Proprio a questo proposito rivolgiamo un appello alla Regione affinché si adoperi con tutti i mezzi a sua disposizione presso il Governo e il Parlamento perché venga recepita il prima possibile la direttiva che sui ritardi di pagamento emanata da Bruxelles già da qualche mese che porta a 60 giorni il limite massimo di attesa. In secondo luogo, proprio per colmare il gap a nostro sfavore in termini di produttività di sistema, occorre agire principalmente sui servizi e in particolare su quelli chiusi alla concorrenza internazionale, primi fra tutti quelli della P.a., dei quali bisogna ridurre il costo e aumentare il grado di efficienza. Mette conto qui ricordare che presentando l’indagine del gennaio scorso, nel commentare tutto sommato positivamente, una stima del Pil nazionale allora prevista nell’ordine dello 0,7%, aggiungevo – e scusate l’autocitazione – ”sempre che il nostro scenario economico nazionale non subisca il contagio esercitato dalla crisi finanziaria in atto in altri paesi europei”. Ebbene, senza volerlo sono stato facile profeta, perché purtroppo quel timore si è nel frattempo tramutato in una grave realtà. La crisi del debito ha investito pesantissimamente il nostro Paese e noi ci siamo trovati di fronte ad uno scenario nuovo, denso di incognite, in costante e rapida evoluzione e dagli sbocchi al momento imprevedibili. L’europa ci chiede misure drastiche per l’abbattimento del debito e il raggiungimento del pareggio di bilancio. E’ questo il dato che ormai fa da sfondo a qualunque politica economica, sia a livello nazionale che a livello regionale. Di fronte a ciò, il Governo ha varato una manovra durissima, che comprende anche tagli agli enti locali, i quali verosimilmente potrebbero contribuire nel breve periodo a deprimere ulteriormente la nostra economia e restringere gli spazi di azione per mettere in campo solide politiche anticicliche. In conclusione, non resta molto da aggiungere a questo quadro tutt’altro che confortante, se non rivolgere un accorato appello alla Regione affinché, sia pure all’interno di condizioni sostanzialmente predeterminate, metta in campo quella “immaginazione politica” che siamo sicuri possiede e che è alla base dell’arte del governo. Noi qualche piccolo suggerimento operativo forse possiamo provare a darlo, invitandola a compiere alcune azioni. In primo luogo favorire con il massimo sforzo, finanziario e organizzativo la penetrazione delle nostre imprese nei mercati esteri, anche extra-europei, visto che i mercati remunerativi oggi sono lì, mentre quello domestico risulta sempre più asfittico. In secondo luogo velocizzare la realizzazione delle infrastrutture già decise e mettendo mano all’indispensabile piano di housing sociale, perché ogni giorno in più di attesa ci allontana inesorabilmente dall’uscita dalla crisi. In questo stesso ambito di ragionamento, inseriamo anche la valorizzazione dell’area dell’ex Fiera di Roma, ferma ormai da troppo tempo senza alcuna ragione, e il rilancio della nuova Fiera, che ha un bisogno urgentissimo di non accumulare più perdite, ma di diventare quella infrastruttura funzionale allo sviluppo che questo territorio merita. In terzo luogo agevolare in tutti i modi la nascita di nuove aziende, fondate dalle generazioni più giovani, che sappiano interagire con il contesto globale, con le tecnologie innovative e con i nuovi linguaggi culturali. Abbiamo un bisogno profondo, strategico di rinnovare il nostro tessuto imprenditoriale. Da ultimo, promuovere attraverso incentivi e semplificazione delle procedure la diffusione generalizzata delle energie rinnovabili, che rappresentano un settore su cui poggiare il rilancio della nostra economia locale. Allo stesso modo, diffondere e potenziare le Reti di impresa deve diventare un obiettivo da perseguire in modo deciso, perché è la strategia che può consentire anche alle Pmi di riposizionarsi proficuamente all’interno del nuovo scenario competitivo. In buona sostanza, occorre avere la capacità, prima di concepire e poi di perseguire concretamente, azioni “controtendenziali”, che ci facciano uscire dalla palude della stagnazione economica. Diversamente, quest’ultima potrebbe divenire una condizione permanente, destinata ad accompagnarci anche nel prossimo futuro.  
   
 

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