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Notiziario Marketpress di Lunedì 26 Settembre 2011
 
   
  LA VERA EMERGENZA EDUCATIVA SONO GLI ADULTI

 
   
  Rovereto, 26 settembre 2011 - Il carismatico professore di Filosofia teoretica all’ Università di Macerata traccia nuovi orizzonti: "Dobbiamo uscire dalla sindrome di Stoccolma collettiva, da questa depressione generalizzata che ci chiede di sacrificarci per il mercato e riappropriarci invece della felicità attraverso la riscoperta della gratuità, dell´amore, della giustizia e della nostra umanità". "In questo contesto mondiale in cui tutti i governanti e le istituzioni ci parlano di crisi e di sacrificio, gli adulti si sono arresi al pessimismo, si sono arresi alla propaganda del sacrificio e della depressione. Occorre che gli adulti si risveglino, che diano cuore, corpo e ragione alla loro umanità". Non ha fatto sconti a nessuno né alla chiesa cattolica "appesantita e autoreferenziale", né alla politica "incapace di progettualità", né all´economia che "chiede solo sacrifici agli altri", Roberto Mancini, professore di Filosofia teoretica all’ Università di Macerata. "La vera emergenza educativa - ha detto - non sono i giovani, bensì gli adulti, spenti, privi di passioni”. Un carismatico Mancini ha proposto, il 22 settembre a Rovereto nell´ambito di una delle conferenze di Educa, il Festival dell´educazione che si è tenuto dal 23 al 25 settembre, una sorta di abbecedario per un nuovo umanesimo recuperando il significato profondo di alcune parole come gratuità, amore, felicità, reciprocità Secondo Mancini occorre innanzitutto ripartire dalle bambine e dai bambini; porre attenzione alla tessitura dell´essere umano perché il punto fondamentale è uscire dalla sindrome di Stoccolma collettiva, da questa depressione collettiva generalizzata, che ci chiede sacrifici per tutto, che ci toglie creatività e umanità" Mancini ha esortato ad assumere una posizione eretta e riappropriarci della felicità in una dimensione di vita comune. “Perché – ha affermato il filosofo - la felicità privata non esiste. Il bunker antiatomico non dà felicità. L´edonismo, il privilegio e la fortuna sono caricature grottesche della felicità". "Non ci aspettiamo – ha detto Mancini - soluzioni dai partiti, dall´economia, dalle istituzioni religiose così appesantiti dalla loro autoreferenzialità. Ci chiedono sacrifici: la religione in nome della morale e nella dimensione del premio e del castigo; l´economia nella logica per la quale il nostro massimo obiettivo dovrebbe essere la sopravvivenza. Occorre invece essere fedeli alla felicità, concreta, quella che si costruisce solo nella condivisione con le persone, e nella giustizia". "L´educazione - ha continuato il filosofo - non è una preparazione “alla vita” come se fosse questa fosse una meta. L’educazione è già vita! Serve piuttosto un´educazione "nella vita”, nella pace, nella giustizia". "In questo quadro - ha attaccato Roberto Mancini - la politica mostra di trattare l’ educazione e la scuola come mere questioni di bilancio economico. Non si può gestire la scuola mandando la polizia ai ragazzi che si interrogano sul proprio futuro e chiedono solo di partecipare. Occorre invece ripartire dai bambini, liberando in loro la fiducia di cambiare qualcosa nel mondo. Noi li abbiamo costretti ad adattarsi al peggio, per poi biasimarli perché non sono allenati alla tenacia". Mancini davanti a una affollatissima platea ha tirato le conclusioni e disegnato le prospettive: "Dobbiamo avere il coraggio - ha detto - di creare un´autoeducazione sociale, nei luoghi dove viviamo, nella scuola, nel quartiere, nelle zone franche, dove non contano le prestazioni e il denaro, ma le persone e gli affetti. Solo così riusciamo a costruire una risposta a quella crisi di cui tutti parlano. Quando una comunità prende in mano la propria convivenza, pretende che i diritti umani siano rispettati, riporta giustizia. Allora quella comunità sta facendo una grande opera di autoeducazione e apprendimento. La scuola e le famiglie da sole non potranno cambiare la situazione senza grandi percorsi di autoeducazione sociale. Basta quindi aspettare immobili la crisi! Riprendiamo l´iniziativa, usciamo da questa crisi alimentata ad arte. Allora noi adulti testimonieremo che non siamo nati per competere né per sopravvivere, ma per un´esistenza così amorevole che alla fine nemmeno la morte avrà l´ultima parola". Alla conferenza anche una videointervista a Miguel Benasayag, filosofo e psicoanalista argentino famoso per il libro “L’epoca delle passioni tristi". “Per educare - ha detto - occorre un gesto che tutti gli adulti devono provare a fare: accettare di non sapere già. Un´educazione non basata sulla trasmissione di saperi. Occorre che le generazioni si affianchino per costruire la possibilità di vivere l’incertezza che è porta per la liberta e la giustizia"  
   
 

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