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Notiziario Marketpress di Giovedì 13 Ottobre 2011
 
   
  INTERVENTO DEL PRESIDENTE DELL’AIE, MARCO POLILLO: L’EDITORIA ITALIANA STA SOFFRENDO PER LA CRISI, MA IL 2010 TORNA A CHIUDERSI CON UN SEGNO PIÙ (+0,3%)

 
   
  Francoforte, 12 ottobre 2011 - L’appuntamento della Buchmesse non vuole essere quest’anno solo l’occasione per fare il punto sullo stato dell’editoria italiana in un confronto con gli altri Paesi. Come ci dicono i dati del Rapporto Aie 2011, di cui trovate una sintesi in cartella, siamo sempre la settima-ottava posizione mondiale e la quarta-quinta in Europa. L’editoria italiana sta soffrendo per la crisi: da quando è iniziata nel 2008 abbiamo avuto anni di riduzioni di fatturato, ma meno di altri settori, rafforzando così la nostra posizione come primo settore per spese dei consumatori tra le industrie italiane dei contenuti (stampa quotidiana e periodica, home video, cinema, tv, musica, etc). Il 2010 torna a chiudersi con un segno più (+0,3%), anche se non è stato recuperato quanto perso in precedenza. Si potrebbe dire: resistiamo, con molta fatica e nonostante tutto. Comunque non è nostra abitudine perderci nelle lamentazioni, anche in tempi difficili. Ci piace guardare avanti. Ma almeno pretendiamo un po’ di rispetto. Non tanto per noi, ma per la verità. Per questo vogliamo approfittare di questa occasione di bilancio sul settore per fare chiarezza e smentire punto a punto tutto ciò che in questi mesi abbiamo sentito dire – spesso a sproposito – sul mondo del libro. A leggere i giornali, a sentire pareri e opinioni anche eminenti, il nostro sembrerebbe un mercato finito, autoreferenziale, con l’e-book che sta affondando progressivamente il libro di carta, con prodotti con prezzi esorbitanti, addirittura i più cari d’Europa, oggi “affossato” dall’approvazione della cosiddetta Legge Levi e ancorato a modelli vecchi e superati di tutela del diritto d’autore. Vogliamo fare chiarezza e dire cosa non è vero. Non è vero che l’editoria italiana è assistita e riceve aiuti impropri rispetto alle altre editorie europee L’editoria libraria non ha contributi di alcun genere. Anzi contribuisce con propri fondi a politiche pubbliche, come è accaduto in questi anni quando abbiamo finanziato con fondi nostri alcune iniziative del Centro per il libro. Gli unici contributi esistenti – relativi alle riviste di elevato valore culturale – sono stati cancellati: si trattava di poche centinaia di migliaia di euro, non delle centinaia di milioni spesi per altri settori. E quest´anno saranno cancellati anche i contributi alle traduzioni del Ministero degli Affari Esteri. Ma non è vero nemmeno – e soprattutto giusto  che possiamo farcela sempre da soli, specie nel confronto internazionale. Rischiamo di essere a Francoforte con lo stand collettivo per l’ultima volta. Siamo qui con il Punto Italia grazie al sostegno, ancora una volta, dell’ex Ice. Ma forse siamo qui per l’ultima volta, perché non sappiamo se i contributi pubblici ci consentiranno di co-finanziare la nostra presenza nel 2012. Gli editori hanno fatto, stanno facendo e continueranno a fare tutto il possibile per diffondere la cultura italiana, anche e soprattutto all’estero. Sono però consapevoli di una cosa: la diffusione della cultura non può competere solo a un’associazione di categoria. Non siamo lo Stato e non vogliamo assolutamente sostituirci ad esso. Senza un reale ed efficace supporto a livello governativo la nostra attività è destinata a perdere significato e forza. Ed è questa, purtroppo, la direzione verso cui ci sembra ci si stia pericolosamente avviando. Vorrei invitare i giornalisti presenti a fare un giro per i padiglioni attorno al nostro. Troverete stand collettivi di tutti i paesi europei. Se vi fermerete a chiedere, scoprirete che non ce n’è uno, uno soltanto, che sia finanziato interamente con fondi privati (piuttosto ce ne sono diversi che sono finanziati con soli fondi pubblici). Noi dobbiamo competere in questo mercato. E il problema non è ovviamente solo Francoforte, ma anche Londra, e Pechino, il Sud America, tutte le fiere del libro dove portiamo la nostra produzione con la serietà e la professionalità che ci vengono unanimemente riconosciute al punto che spesso l’Italia viene invitata a partecipare in qualità di paese ospite d’onore. Cosa dobbiamo dire a chi ci invita? Grazie, no, perché il nostro Stato non ha soldi? Non è vero che il regime del prezzo fisso (la recentissima legge Levi) sia una stranezza italiana e un attentato alla libera concorrenza È sempre utile essere qui a Francoforte anche per confrontarci con il contesto internazionale. Sistemi di prezzo fisso sono presenti nella gran parte dei paesi europei e la discussione in Europa è se debbano applicarsi anche agli ebook, non se debbano essere mantenuti nel resto del mercato. La legge italiana resta la più flessibile in Europa. In nessun caso sono permessi sconti fino al 15%, né campagne promozionali con sconti fino al 25%, né esistono così tante eccezioni. I nostri amici francesi, che hanno appena approvato la prima legge sul prezzo fisso per gli ebook, hanno addirittura ironizzato sulla capacità tutta italiana di inventare una legge sul prezzo fisso flessibile. In alcune parti d’Europa – come la Germania e l’Austria – il regime di prezzi fissi deriva da accordi tra le associazioni di imprese che hanno sempre passato lo scrutinio delle autorità antitrust. Queste hanno sempre riconosciuto che gli effetti finali delle leggi sul prezzo fisso, garantendo la permanenza di più operatori lungo la filiera (più librerie e in ultima istanza più editori, anche piccoli), aumenta il livello di concorrenza sul mercato. Avere un’opinione diversa è del tutto legittimo, ma sostenere che le leggi sul prezzo siano mosse da mire anticompetitive, quando il loro proposito è esattamente l’opposto, è quanto meno improprio. Non è vero che abbiamo libri con i prezzi più alti d’Europa. Sono i più bassi e (in termini reali) pure meno cari rispetto al 2005 - Anche qui lo dimostrano i dati, che – grazie al Catalogo Alice di Ie-informazioni Editoriali – sono disponibili in modo puntuale per tutta la produzione libraria italiana. Il nostro ufficio studi ha analizzato i prezzi di copertina di tutta la produzione del 2010 (circa 60mila novità). Il prezzo medio è di 21,6 euro. Rispetto al 2005 la crescita del prezzo medio è stata del +3,9%, quindi molto al di sotto del tasso di inflazione. In termini reali i prezzi dei libri sono diminuiti del 5,2%. La situazione risulta ancora più chiara se confrontiamo i prezzi italiani con quelli europei: abbiamo preso in considerazione titoli identici, selezionati perché in classifica, pubblicati in edizione hard cover nei cinque grandi mercati continentali (la scheda è in cartella). Si vede chiaramente come il prezzo medio in Italia sia ancora una volta il più basso: 19,80 euro in Italia rispetto ai 20,65 di Uk, 21,75 di Francia. Ecc. Non è vero che gli sconti spingono la vendita dei libri: agosto 2011 è andato meno bene dell’agosto 2010 - Esaminando i dati del 2011 – complessivamente in faticosa tenuta – un dato balza subito agli occhi: c’è un mese in cui le vendite sono andate davvero male: agosto. Che è proprio il mese dei super sconti sui libri promossi dai colossi online. L’indagine Nielsenbookscan ci dice che l’agosto 2011 – quello con il 40% di sconti come reazione all’entrata in vigore della legge Levi dal 1° settembre – è andato meno bene dell’agosto 2010: -7,6% a valore a prezzo pieno di copertina e -8% a copie. Aspetteremo, come contro-verifica, i dati dell’ultimo quadrimestre dell’anno, ma restiamo dell’idea, adesso ancora di più, che non è dallo sconto che passa il rinnovamento e lo sviluppo del mercato del libro, ma dall’aumento del livello di servizio, dalla tutela delle librerie indipendenti, dalla pluralità dell’offerta, che sono gli obiettivi della legge Levi. Non è vero che il libro di carta è morto, tanto ora c’è l’e-book, ed è quindi inutile occuparsene. Le vendite degli e-book sono per ora inferiori rispetto alle stime iniziali. E sconta oggi l’Iva al 21% - Le vendite di ebook crescono, è vero, ma meno della metà di quanto era stato stimato all’inizio (siamo allo 0,04% del mercato). Tutti lo vogliono, tutti ne parlano, salvo poi avere prezzi quasi al livello dei tascabili a causa di un’Iva al 21%. Ci sembra illogico che l’innovazione debba scontare una tassa che si applica soprattutto ai servizi: proprio per questo, non possiamo tacere il fatto che in un momento così importante come la rivoluzione determinata dall’impatto delle tecnologie sui contenuti e sulla loro diffusione si assista all’indifferenza del nostro Governo nella discussione in corso in ambito comunitario. E non è vero che gli editori italiani sono stati lenti a entrare in questo nuovo mercato - Nonostante che le vendite siano state solo lo 0,04% del mercato, gli editori italiani hanno proposto, da un anno a questa parte, circa il 20% delle proprie novità anche in edizione ebook. Lo hanno fatto in tempi così rapidi perché da tempo sono pronti avendo fatto i necessari investimenti per adeguare i propri processi produttivi. Sono investimenti magari poco visibili, che rappresentano però un prerequisito essenziale per il cambiamento. Non è vero che la tutela del diritto d’autore è un qualcosa di superato in quanto limita la conoscenza - È vero il contrario. L’editoria non esisterebbe più senza il diritto d’autore. Nessuno creerebbe più nulla se non potesse avere un’adeguata remunerazione del suo lavoro. Ed è assurdo pensare che gli editori siano solo e semplicemente degli intermediari tra chi crea e chi utilizza quanto è stato creato. Sbaglia chi ritiene che il diritto d’autore sia superato nell’era digitale. Sbaglia chi ritiene che per conoscenza si debba intendere la semplice diffusione in rete delle proprie idee o del proprio sapere. E lo vediamo constatando l’incredibile quantità di errori, inesattezze e distorsioni della verità che leggiamo quotidianamente in rete, come molte di queste note dimostrano. La conoscenza è certamente un diritto di tutti, ma è anche un dovere rispettare e non impadronirsi illegittimamente del lavoro altrui. Per questo noi siamo e saremo sempre a favore della difesa del diritto d’autore. E, sempre riguardo alla rete, non è vero che gli strumenti che si stanno mettendo a punto in Italia, per iniziativa dell’Agcom, comportano rischi per la libertà di opinione - Le procedure di notice and take down sono quelle che forniscono la massima tutela possibile su questo profilo. Da un lato non toccano l’utente finale, come per esempio avviene in Francia, dall’altro consentono sempre a chi pubblica di “dire di no” alla richiesta di rimozione. Al di là delle fantasiose ricostruzioni, il meccanismo che si vuole introdurre in Italia funziona così: chi ritiene che sia stato violato un suo diritto d’autore può chiedere la rimozione al gestore del sito. Questi può dire di no, e il contenuto rimane in rete. Il titolare del diritto può chiedere allora all’Autorità garante di richiedere la rimozione. Ma il gestore del sito può dire di no anche in questo secondo caso, argomentando presso l’Agcom o chiedendo che a intervenire sia un giudice. E anche in questo caso il contenuto rimane in rete. Dov’è allora il timore? È nel fatto che chi dice di no è poi responsabile delle proprie azioni. Così come è responsabile chi fa richieste di rimozione infondate. Siccome tutti sanno che la rimozione avviene quasi sempre pacificamente alla prima richiesta, perché si tratta di casi eclatanti di copie illegittime del lavoro altrui, si vuole evitare che il meccanismo sia in opera. E si finge di ignorare il fatto che questa procedura è la più garantista che si possa immaginare. È particolarmente triste che s’innalzino nobili bandiere per giustificare quello che in realtà altro non è se un utilizzo illegale del lavoro altrui per il proprio tornaconto personale. E infine, non è vero che il tema intercettazioni, nato per i giornali, non impatti – in modo assurdo e illogico  anche sul mondo dei libri - A proposito di libertà di opinione, le norme sulle intercettazioni, pensate per bloccare diffusioni più o meno lecite sulla stampa quotidiana e periodica, online e offline, ha sui libri effetti ancora più assurdi. Per questo siamo a fianco dei nostri colleghi dell’editoria quotidiana e periodica nell’esprimere la preoccupazione per le norme attualmente in discussione. Inoltre alcune specificità per i libri renderebbero le norme ancor più assurde, in particolare in tema di rettifica immediata, che è forse possibile per un quotidiano mentre sarebbe inefficace e impraticabile per il mondo del libro: - inefficace per la separazione che esiste tra il mezzo di diffusione del contenuto da rettificare (il libro) e il mezzo attraverso il quale veicolare la rettifica (i quotidiani); - impraticabile a causa degli ingiustificabili oneri che andrebbero a riversarsi sugli editori interessati (che dovrebbero accedere a mezzi informativi non propri) e, soprattutto, in ragione delle specifiche caratteristiche che contraddistinguono il rapporto con l’autore librario, la redazione e i tempi di pubblicazione di un libro.  
   
 

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