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Notiziario Marketpress di Venerdì 21 Ottobre 2011
 
   
  MILANO (TEATRO DEGLI ARCIMBOLDI): RIGOLETTO - MELODRAMMA IN TRE ATTI - MUSICA DI GIUSEPPE VERDI

 
   
  Il grande melodramma trova nuovamente casa al Teatro degli Arcimboldi di Milano. Inaugurato nel 2002 da Traviata, altro titolo della trilogia popolare del maestro di Busseto, nella stagione del suo decennale il Teatro degli Arcimboldi riapre le porte alle note di Giu-seppe Verdi e con Rigoletto alza il sipario su una grande produzione del Circuito Lirico Lom-bardo. La Regione Lombardia, con il Circuito Lirico e I Pomeriggi Musicali hanno fortemente voluto che questo allestimento venisse rappresentato a Milano, dando un preciso segnale della volontà di arricchire l’offerta di spettacolo della città e sottolineando un’altrettanto pre-ciso impegno per il futuro, che si vuole vedere sempre più ricco di proposte di ambito lirico-operistico. Inoltre, l’intenzione è di regalare ad un pubblico sempre più vasto la possibilità di accedere ad una forma di spettacolo dal vivo così radicata nella tradizione italiana e così rappresentativa del nostro paese all’estero, anche grazie ad una accorta politica dei prezzi. Il Teatro degli Arcimboldi, torna dunque alla sua essenza prima, al suo essere una delle più grandi ´piazze´ per la lirica in Italia in assoluta coerenza con la missione che I Pomeriggi hanno voluto assegnargli: essere un teatro popolare di qualità. Il Rigoletto prodotto dal Cir-cuito Lirico Lombardo è un magnifico allestimento, grazie ad un importante cast artistico: il M°. Guidarini, esperto conoscitore della produzione verdiana, il regista e scenografo Massi-mo Gasparon, allievo di Pier Luigi Pizzi, e un cast di interpreti giovani ma già affermati sulla scena internazionale. Alle loro abilità si aggiunge l’esperienza dell’orchestra I Pomeriggi Mu-sicali, chiamata a dar prova di bravura in una delle opere più conosciute e amate; in una delle opere più importanti del nostro patrimonio culturale. Per anni la trilogia popolare di Verdi, Rigoletto, Traviata e Trovatore, ha pagato lo scotto di essere considerata dai musicisti dell’avanguardia novecentesca grossolana e ingenua a paragone dell’opera wagneriana. Il recupero del genio che Verdi profonde in questi tre me-lodrammi fu poi finalmente sancito dal giudizio di Stravinskij: “c’è più sostanza e più genui-na invenzione ne La donna è mobile […] che nella retorica e nelle vociferazioni della Tetralogia”. La psicologia con cui le note tratteggiano i personaggi: l’icasticità e la drammaticità di un personaggio come quello di Rigoletto, la dolcezza di Gilda, la doppia faccia del Duca di Man-tova, dalla purezza lirica di quando vuole far sua Gilda alla brillantezza della sua essenza libertina, sono i perni sui quali gravita una superba interpretazione del dettato verdiano da parte dell’Orchestra I Pomeriggi Musicali condotta dal M°. Marco Guidarini. La linea interpretativa scelta da Massimo Gasparon accompagna la partitura a una messa in scena fisica e forte, che diviene, oggi più che mai, specchio della contemporaneità - perché contemporanea, anzi, sempre attuale, è la stessa opera verdiana – e che il regista, costumista e scenografo Massimo Gasparon, ha voluto richiamasse visivamente atmosfere tiepolesche, in ossequio alla prima rappresentazione dell’opera che andò in scena a Venezia alla Fenice l’11 marzo del 1851. Verdi subì gli strali della censura quando decise di realizzare un’opera tratta da Le Roi s’amuse di Hugo che metteva in berlina i vizi della corte del Re francese Francesco I, tanto da obbligarlo a spostarne l’ambientazione in una fantasiosa cor-te mantovana e a sostituire il Re con il Duca, libertino deuteragonista a fianco del buffone Rigoletto, vero centro drammatico del melodramma. Queste le due chiavi di volta, che in-sieme alla straordinaria partitura, hanno reso l’opera un capolavoro: il suo essere universale perché non legata alla contingenza storica e il suo protagonista, non il Re-duca ma il buffo-ne. Rigoletto, dal francese “rigoler”, “ridere”, uno storpio buffone il quale, all’interno di un crudele gioco delle parti, è convinto di rispondere al motto castigat ridendo mores, ma si trova soverchiato dai nobili che sbeffeggia. Espressione di una logica gretta e volgare, beffa-tore e beffato al tempo stesso, il buffone di Verdi – oggi più che mai nostro simile – si muo-ve in un mondo di cortigiani superficiali, disonesti e ignoranti, in cui tutti indossano la ma-schera della convenienza. Sarà proprio lui a gettar via questa maschera ribellandosi ai suoi padroni e trasformandosi da emblema del servilismo ai potenti a simbolo di una ribellione castrata che gli si ritorce contro. “Destino e Libertà sono le coordinate cartesiane che individuano alla perfezione l’ascesa e la caduta di Rigoletto: egli compie il peccato di superbia e decide di punire il suo signore contro ogni ragionevole convenienza. Non accetta la logica di classe che lo relega a umile servo, marionetta senza anima e sentimento, che deve subire in silenzio e decide su-perbamente di far uccidere il duca, come estrema punizione. Abbiamo la libertà di farci del male, credendoci liberi. L’atmosfera tiepolesca e veneziana rievoca il fasto veneziano del Gran Teatro la Feni-ce di Venezia, dove l’opera andò in scena per la prima volta nel 1851. Già nel Xviii secolo il Tiepolo rappresentò i suoi famosi “Pulcinelli acrobati” che tanto incuriosirono e piacquero. Una sala degna del Veronose ci mostra un duca annoiato da feste in maschera, la cui unica evasione è la novità. Gilda è solo un oggetto di piacere temporaneo, usato e gettato senza interesse, come accade a tante innocenti. Una ragazza semplice e onesta, che si innamora del peggiore partito, e che non può evitare di non amarlo. I cortigiani, costretti alla mascherata perpetua, schiavi che schiavizzano i loro simili per evadere la noia, sono al di là del tempo, sono archetipi della superficialità, del disonesto e dello squallore dell’ignoranza. Maschere senza anima, incapaci di umanità. Ed in una so-cietà edonistica come questa, il travestimento si erge ad anima. Pulcinella sopravvive tra noi, malinconico superstite di un tempo che più non è, costretto ancora nel suo bianco cami-cione, con la sua gobba e il volto celato dalla mezza maschera con naso adunco, come Rigo-letto, espressione della logica più volgare e plebea, beffato e beffatore, sempre sull’orlo del-la catastrofe, da cui immancabilmente si salva. Ma il nostro Rigoletto-pulcinella non ha la fortuna delle maschere della commedia dell’arte. Il suo destino, più tragico e oltremodo cru-dele permette a Verdi di mostrarci come vita e teatro spesso si incontrino, si intreccino e violentemente si separino senza avviso alcuno. E inesorabilmente ci rendiamo conto che il lieto fine tanto atteso, questa volta non ci sarà”. Massimo Gasparon  
   
 

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