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Notiziario Marketpress di Lunedì 24 Ottobre 2011
 
   
  AL FESTIVAL VERDI IL PIANOFORTE DI ANDREA LUCCHESINI SCARLATTI, BEETHOVEN E BERIO: TRE AUTORI E TRE MONDI MUSICALI APPARENTEMENTE LONTANI

 
   
  Parma, 24 ottobre 2011 - Il programma che caratterizza il penultimo concerto di Traiettorie 2011 può apparire singolare solo a chi non conosce Andrea Lucchesini, premio Ciani 1983 e Premio Giuria Abbiati 1995. Classe 1965, Lucchesini è stato uno degli interpreti privilegiati al pianoforte di Luciano Berio, che gli dedicò il proprio Concerto Ii per pianoforte, dopo averlo ascoltato in una prodigiosa interpretazione della ciclopica Sonata op. 106 di Beethoven. E non è un caso che in questo programma Lucchesini inserisca due delle tre ultime sonate di Beethoven, le opp. 109 e 110, a fianco di una miscela costituita dai sei Encores di Berio e da cinque sonate di Domenico Scarlatti, una miscela molto amata e molto eseguita nei concerti dal pianista della Val di Nievole. Apparentemente nulla è più lontano dei sei Encores dal mondo di Scarlatti, vissuto due secoli prima di Berio, prima della definizione della sonata come forma dialettica e prima della stabilizzazione del pianoforte al posto del clavicembalo come strumento da concerto e da salotto. Ma appunto a questo contrasto mira Lucchesini: il montaggio alternato, che non segue la cronologia dei sei Encores, scritti fra il 1965 e il 1990, serve ad accentuare le distanze fra i due compositori, al contempo sottolineando quello scorrere libero nel mondo della fantasia, della danza, dell’improvvisazione, dell’ispirazione popolare che accomuna inaspettatamente la scrittura di queste miniature pianistiche di Scarlatti e Berio. Impossibile non notare l’atmosfera iberica della Sonata K. 239 di Scarlatti o la freschezza glamour della Sonata K. 146 o gli effetti timbrici e terragni del secondo Encore, “Erdenklavier”, ispirato alla campagna sarda; o i trilli cinguettanti e la danza ritmata della Sonata K. 491, gli accordi saltellanti della K. 454, o il crepitare della Sonata K. 342, che segue proprio “Feuerklavier”, l’Encore dedicato al fuoco. I primi quattro pezzi di Berio sono infatti ispirati ai quattro elementi, e sfruttano ognuno aspetti della timbrica pianistica: risonanze, armonie liquide, note rapide in pianissimo o turbinose e ribollenti. Che poi Lucchesini, nella seconda parte, inserisca le due sonate di Beethoven, anche questo non dovrà stupire. Non dovrà stupire nel gioco di contrasti che fa parte del programma - alle miniature si oppongono ora due monumenti - e non dovrà stupire se si pensa che quelle sonate rappresentarono per Beethoven un ulteriore passaggio di liberazione dagli schemi della sonata classica, l’inizio di un’avventura aperta all’improvvisazione e alla fantasia, alla melodia cantante e dolorosa, alla densità ritmica e agli effetti sonori di trilli e pedale. Come accade alle menti superiori, Beethoven stava già intuendo il futuro della musica, il mondo di cui si impossesseranno Liszt e Debussy, la cui comprensione sarà sempre preclusa, come sosteneva lo stesso Berio, a chi non è in grado di abbracciare in uno sguardo unico il presente e il passato. Auditorium Niccolò Paganini di Parma lunedì 24 ottobre 2011, ore 20.30.  
   
 

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