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Notiziario Marketpress di Martedì 30 Maggio 2006
 
   
  I PAESI DELLE SPONDE SUD ED EST DEL MEDITERRANEO SONO ANCORA IN RITARDO DI SVILUPPO RISPETTO AI PAESI DEL NORD. MA I FATTORI DI CONVERGENZA CI SONO. E´ QUANTO RISULTA DAL "RAPPORTO SULLE ECONOMIE DEL MEDITERRANEO", CURATO DALL´ISTITUTO DI STUDI SULLE SOCIETÀ DEL MEDITERRANEO DEL CNR DI NAPOLI.

 
   
  Roma, 30 maggio 2006 - Nel 1995 il trattato di Barcellona, sottoscritto tra i 15 paesi dell’Ue e i 12 paesi terzi delle rive sud ed est del Mediterraneo, apriva la strada ad una nuova politica di partenariato fondata sulla cooperazione politica, economica e sociale. Il "Rapporto sulle economie del Mediterraneo", realizzato dall´Istituto di studi sulle società del Mediterraneo (Issm) del Consiglio nazionale delle ricerche di Napoli, vuole fare il punto della situazione a dieci anni da quell´accordo. "Il processo di integrazione", spiega Paolo Malanima, direttore dell´Issm-cnr, "prevedeva innanzitutto la nascita e il consolidamento di una partnership economica e finanziaria. S´intendeva, cioè, estendere a sud la prosperità del nord, favorendo la crescita delle economie più deboli mediante investimenti da parte dei paesi europei e soprattutto attraverso l´incremento degli scambi e delle relazioni economiche. Malgrado non si possa che confermare il forte divario fra le due sponde del Mediterraneo, registriamo tuttavia alcune trasformazioni in atto che potranno produrre, in un prossimo futuro, un miglioramento del tenore di vita nei paesi mediterranei extraeuropei". A cominciare dalla crescita demografica. "Analizzando i dati raccolti nel Rapporto", spiega Malanima, "possiamo dire che negli ultimi trenta anni la natalità di quest’area è diminuita considerevolmente, in alcuni casi addirittura dimezzandosi: i valori di fertilità, cioè il numero di figli per donna, sono passati da 7 figli nel 1970 a meno di 3 nel 2002 in Algeria, Marocco e Tunisia, da 6 a 3 in Libia, Egitto e Turchia; l´onda demografica, che rischiava di travolgere le economie più deboli, quindi sembrerebbe essere stata arginata". Di pari passo va l’incremento della speranza di vita alla nascita. "Paesi come Libia e Tunisia", continua Malanima, "sono passati dai 54 anni stimati nel 1970 ai 75 attuali, riducendo molto le distanze con i fratelli d’oltremare, che comunque hanno un’aspettativa di vita vicina agli 83 anni". Per meglio specificare, sono per lo più donne quelle che raggiungono gli 83 anni e vivono in Spagna, Francia e Italia, mentre la Turchia presenta il valore più basso dell´area sud del bacino, come speranza di vita sia maschile (66,3) sia femminile (70,9). Un altro sviluppo lento ma continuo, la cui influenza sugli equilibri mediterranei aumenterà nel prossimo futuro, è quello dei flussi di lavoro, cioè dell´emigrazione. "Pur se ritenuto un problema per i paesi sviluppati", spiega Malanima, "risulterà necessario per controbilanciare le conseguenze negative provocate dal rapido invecchiamento della popolazione europea. Infatti, secondo le più recenti proiezioni dell’Onu sulla crescita della popolazione, nel periodo 2005-30, nell’ambito dei paesi dell’Ue più popolosi e di quelli mediterranei, solo Gran Bretagna (+7,7%) e Francia (+ 6,4%) non vedranno diminuire la propria popolazione, mentre Spagna (-3%), Grecia (-3,7%) e soprattutto Italia (-10%), assisteranno ad una diminuzione complessiva”. Si modificherà quindi la relazione fra lavoro, da una parte, e capitale, dall´altra, favorendo quella convergenza fra le economie tanto auspicata. Inoltre la realizzazione della zona di libero scambio entro il 2010, progetto di cooperazione economica voluto dall´Unione Europea, permetterà l´abbattimento dei vincoli doganali e l´introduzione di regole comuni, portando nuovo slancio nei processi produttivi dei paesi interessati. “Questi indicatori positivi”, conclude il direttore dell’Issm-cnr “non possono comunque farci dimenticare la divergenza economica tra le due sponde che ha segnato inequivocabilmente gli ultimi trenta anni e che tutt’ora emerge da altri aspetti presi in considerazione, a partire dal Prodotto interno lordo che continua a segnare un incremento maggiore nei paesi dell´arco latino (Italia, Francia, Spagna e Portogallo) rispetto al resto dell´area mediterranea: nel 1980 il Pil nell´arco latino era di circa 1. 400 miliardi di dollari, nel 2004 circa 4. 800, a differenza dei paesi lungo la costa meridionale (Algeria, Marocco, Tunisia, Libia, Egitto) dove dal 1980 al 2004 si è passati da 130 a circa 250 miliardi di dollari”. Il rapporto sulle economie del Mediterraneo sarà pubblicato ogni anno, prendendo sempre in esame quelli che sono i punti chiave dell´economia mediterranea, nella convinzione che quanto avviene in questa area del mondo sia importante per comprendere l´economia globale di oggi e di domani. .  
   
 

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