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Notiziario Marketpress di Lunedì 24 Ottobre 2011
 
   
  “COMORBIDITÀ, AGING, NUOVE TOSSICITÀ, GESTIONE OTTIMALE NEL LUNGO TERMINE” A CURA DI MASSIMO GALLI, DIRETTORE SCUOLA DI SPECIALITÀ IN MALATTIE INFETTIVE AZIENDA OSPEDALIERA LUIGI SACCO DI MILANO

 
   
  Milano, 24 ottobre 2011 - La terapia antiretrovirale combinata si è rivelata uno strumento di grande efficacia in termini di anni di vita risparmiati, di riduzione delle patologie Aids correlate e delle ospedalizzazioni da esse causate e di miglioramento della qualità di vita delle persone con Hiv. Il rapporto costo-efficacia delle terapie antiretrovirali è molto positivo se considerato ai risultati di altre categorie farmacologiche in uso per patologie di pari potenziale gravità. L’efficacia della terapia è tuttavia limitata al blocco della progressione della malattia, mentre la eradicazione del virus resta un obiettivo fuori portata. In uno scenario caratterizzato dall’assunzione della terapia per l’intera durata della vita, è fatale che gli effetti collaterali dei farmaci assunti possano diventare un problema di prima grandezza nella gestione della cura. Inoltre, l’aumento dell’aspettativa di vita pone l’accento sulle possibili comorbidità che è verosimile insorgano in un paziente a cui oggi è fortunatamente consentito di invecchiare. Un paziente che, va ricordato, è portatore di un’infezione cronica che anche nei casi trattati con successo può associarsi al persistere di uno stato di infiammazione. Oltre a ciò, un’incompleta immunoricostituzione, le tossicità correlate alla terapia e la maggior diffusione di fattori di rischio comportamentali, come il fumo, fanno sì che le persone con Hiv rimangano pazienti speciali, meritevoli di particolari attenzioni. La tossicità dei farmaci rimane una delle cause più frequenti di interruzione di terapia. Alcune tossicità si sono rivelate più frequenti dell’atteso e possono rappresentare un potenziale rischio nel paziente che invecchia. Gli aspetti riguardanti le tossicità a carico del metabolismo glicidico e lipidico hanno trovato ampia trattazione e strategie di contenimento sono state sperimentate con interessanti risultati. Vale la pena in questa sede focalizzare l’attenzione su altri effetti collaterali, in genere a lenta e progressiva insorgenza, che si associano all’assunzione di farmaci appartenenti a una classe, gli inibitori nucleosidici della trascrittasi inversa (Nrti), che tuttora rappresenta l’asse portante delle terapie antiretrovirali combinate. Il problema è di particolare attualità, perché un numero crescente di pazienti necessita di terapie che consentano di fare a meno proprio di questo asse portante. È questa la ragione per cui le cosiddette terapie risparmianti gli Nrti, sono oggi intensivamente sperimentate. Nei paesi industrializzati l’epidemiologia dell’infezione è profondamente cambiata, passando da una trasmissione in età prevalentemente giovanile, legata al consumo di droga o da rapporti sessuali di uomini con uomini, a una trasmissione prevalentemente eterosessuale, in cui il fattore età risulta meno caratterizzante. Vanno poi aumentando in percentuale i late presenter, cioè le persone in cui la scoperta dell’infezione coincide con l’esordio clinico della malattia, passati dal 21% nel 1996 al 60% nel 2009. In questi pazienti sono frequenti le condizioni di comorbidità – quali sindrome metabolica, diabete mellito, ipertensione arteriosa, neoplasie, disfunzioni renali, epatiche, cardiache - che rendono la gestione terapeutica complessa, e rappresentano un ostacolo alla regolare assunzione della terapia antiretrovirale ne possono influenzare la tollerabilità. Disfunzione renale: Hiv può essere direttamente o indirettamente causa di danno renale. Come per altri organi e apparati, come per esempio quello cardiovascolare, è dimostrato che un’infezione non controllata dalla terapia fa di regola più danno di quanto possa arrecarne, salvo limitate eccezioni, la terapia. Anche in questo caso l’esposizione a lungo termine ad alcuni farmaci, e tra questi particolarmente il tenofovir, può causare un danno glomerulare o tubulare non sempre reversibile. Osteoporosi e osteopenia: i pazienti sieropositivi presentano una densità minerale ossea (Bmd) ridotta, e quindi presentano una più elevata incidenza di fratture da fragilità ossea. L’eziopatogenesi di questi fenomeni è almeno in parte da ricondurre all’azione del virus, che è in grado di infettare gli osteoblasti. L’´inizio della terapia antiretrovirale risulta inoltre associato a un calo del 2 - 6% della Bmd in due anni, una riduzione nell’ordine di quella osservata nei primi due anni seguenti la menopausa. Il farmaco principalmente implicato nell’induzione del danno osseo, il tenofovir, ha molti meriti ed è certamente uno dei più usati. Urgono tuttavia, come nel caso dei pazienti con danno renale ingravescente, strategie alternative. Epatotossicità: di molti antiretrovirali è noto il potenziale epatotossico, che si manifesta con vari meccanismi, che vanno dalla tossicità dose-dipendente al danno mitocondriale, a fenomeni di ipersensibilità o a meccanismi immunomediati da immunoricostituzione. Nei pazienti con epatite cronica, soprattutto da Hcv, l’epatotossicità da farmaci è più frequente e importante. È in particolare in questi pazienti che schemi terapeutici risparmianti Nrti possono trovare un’utile applicazione.  
   
 

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