Pubblicità | ARCHIVIO | FRASI IMPORTANTI | PICCOLO VOCABOLARIO
 













MARKETPRESS
  Notiziario
  Archivio
  Archivio Storico
  Visite a Marketpress
  Frasi importanti
  Piccolo vocabolario
  Programmi sul web








  LOGIN


Username
 
Password
 
     
   


 
Notiziario Marketpress di Lunedì 19 Dicembre 2011
 
   
  GIUSTIZIA EUROPEA: RECUPERO IVA INDEBITAMENTE DOVUTA

 
   
  La Corte di giustizia ha statuito oggi che una normativa nazionale di ripetizione dell’indebito che prevede un termine di prescrizione per l’azione civilistica (esercitata dal committente di servizi nei confronti del prestatore-soggetto passivo Iva), più lungo rispetto al termine di decadenza per l’azione di diritto tributario (esercitata dal prestatore nei confronti dell’amministrazione finanziaria), che privi completamente il soggetto passivo Iva del diritto di ottenere dall’amministrazione finanziaria il rimborso dell’Iva non dovuta, che egli stesso ha dovuto rimborsare al committente dei suoi servizi viola il principio di effettività. Negli anni 1984-1994 la Banca Antoniana Popolare Veneta (Bapv) prestava servizi di riscossione di contributi consortili dovuti dagli associati per conto di tre consorzi di bonifica - organismi pubblici disciplinati dalle leggi nazionali e regionali per la realizzazione di opere di infrastruttura pubblica. All’epoca l’amministrazione finanziaria riteneva che l’attività di riscossione dei contributi consortili non rientrasse nell’esenzione di cui all’art. 10, n. 5, del Dpr n. 633/72. La Bapv (prestatore) ha quindi regolarmente versato all’amministrazione finanziaria l’Iva sui compensi dei servizi di riscossione prestati e quindi l’ha addebitata a titolo di rivalsa sui consorzi (committenti). Con circolare in data 26 febbraio 1999, l’amministrazione finanziaria mutava l’originaria interpretazione della disposizione, ritenendo che i contributi consortili avessero natura tributaria e che, conseguentemente, i compensi dovuti dai consorzi per la loro riscossione fossero esenti da Iva (ex art. 10, n. 5, Dpr. N. 633/72). I consorzi di bonifica hanno quindi chiesto la restituzione (come indebito oggettivo, art. 2033 c.C.), dell’Iva su tali compensi e la Bapv è stata condannata a rimborsarla. La Bapv ha quindi chiesto all’amministrazione finanziaria il rimborso dell’Iva corrispondente alle somme che le erano state richieste dai consorzi. Ma la Commissione tributaria regionale del Lazio dichiarava la Bapv decaduta dal diritto per decorrenza del termine di due anni (art. 21, n. 2, D. Lgs. N. 546/1992. La Corte di cassazione nutre dubbi circa la compatibilità coi principi in materia di Iva della disciplina processuale nazionale, in quanto da tali norme possono derivare situazioni che si risolvono in una sostanziale negazione del diritto al rimborso dell’Iva pagata a torto (la Bapv ha correttamente versato l’Iva all’amministrazione finanziaria, ma si trova obbligata a restituirla al soggetto che aveva subito l’addebito senza poterne ottenere il rimborso da parte dell’amministrazione finanziaria). Chiede, in sostanza, se i principi di effettività, di neutralità fiscale e di non discriminazione ammettano una normativa nazionale sulla ripetizione dell’indebito che prevede un termine di decadenza per l’azione tributaria di rimborso, più breve di quello dell’azione civile per la ripetizione dell’indebito, cosicché un committente che eserciti un’azione del genere nei confronti di un prestatore di servizi potrebbe ottenere da tale prestatore il rimborso dell’Iva non dovuta, senza che quest’ultimo possa a sua volta ottenerne il rimborso da parte dell’amministrazione finanziaria. La Corte ricorda che in mancanza di disciplina comunitaria in materia di rimborso delle imposte indebitamente prelevate, spetta all’ordinamento interno di ciascuno Stato membro stabilire i requisiti per presentare tali domande. La Corte ha già riconosciuto la compatibilità con il diritto dell’Unione di termini di ricorso ragionevoli a pena di decadenza, nell’interesse della certezza del diritto, che tutela al tempo stesso il contribuente e l’amministrazione di cui trattasi. Infatti, termini del genere non sono tali da rendere praticamente impossibile o eccessivamente difficile l’esercizio dei diritti. Ha altresì ammesso un termine nazionale di prescrizione più favorevole all’amministrazione finanziaria rispetto al termine di prescrizione in vigore per i privati: un termine di decadenza di due anni, entro il quale il soggetto passivo può reclamare nei confronti dell’amministrazione finanziaria il rimborso dell’Iva versata a torto, mentre il termine di prescrizione per le azioni di ripetizione dell’indebito oggettivo tra privati è decennale, non è di per sé contrario al principio di effettività. Tuttavia la Corte ha anche già dichiarato che, qualora il rimborso dell’Iva risultasse impossibile o eccessivamente difficile, gli Stati membri devono prevedere gli strumenti necessari per consentire al destinatario dei servizi di recuperare l’imposta indebitamente fatturata, in modo da rispettare il principio di effettività. Il principio di effettività sarebbe violato se il soggetto passivo non avesse avuto né il diritto di ottenere il rimborso del tributo durante il termine per agire contro l’amministrazione finanziaria, né, in seguito a un’azione di ripetizione dell’indebito esperita nei suoi confronti dai propri clienti successivamente alla scadenza di detto termine, la possibilità di rivalersi contro l’amministrazione finanziaria, cosicché le conseguenze dei pagamenti indebiti dell’Iva imputabili allo Stato sarebbero sopportate esclusivamente dal soggetto passivo di tale imposta. Per la Bapv sarebbe stato impossibile, o quanto meno eccessivamente difficile, ottenere, con un’azione proposta nel termine di decadenza di due anni, il rimborso dell’Iva versata negli anni 1984-1994 poiché l’amministrazione finanziaria escludeva i servizi forniti dalla Bapv dall’ambito dell’esenzione. L’effetto retroattivo della circolare del 1999, fa retroagire il dies a quo delle azioni di ripetizione dell’indebito alla data del pagamento dell’Iva. Ciò, tenuto conto del termine biennale di decadenza per l’azione di ripetizione dell’indebito di cui dispone il prestatore di servizi nei confronti dell’amministrazione finanziaria, ha privato completamente il prestatore di servizi della possibilità di recuperare l’Iva indebitamente versata (i consorzi hanno avviato l’azione per la ripetizione dell’indebito successivamente alla pubblicazione della circolare del 26 febbraio 1999 e successivamente al termine di decadenza biennale – decorrente dal pagamento dell’Iva – di cui disponeva la Bapv). La Bapv sopporta essa stessa l’Iva non dovuta, senza poterne reclamarne il rimborso nei confronti dell’amministrazione finanziaria per effetto del decorso del termine biennale, benché tale situazione non le sia imputabile, ma sia dovuta al fatto che, alla luce della circolare del 1999, i committenti hanno esperito un’azione di ripetizione verso la Bapv dopo la scadenza di tale termine. La Corte sottolinea che, in circostanze del genere, l´amministrazione deve tener conto delle situazioni particolari degli operatori economici e deve prevedere, eventualmente, adeguamenti nell’applicazione delle sue nuove valutazioni giuridiche. Pertanto la Corte (Terza Sezione) dichiara che il principio di effettività non osta ad una normativa nazionale che prevede un termine di prescrizione per l’azione civilistica di ripetizione dell’indebito, esercitata dal committente di servizi nei confronti del prestatore, soggetto passivo Iva, più lungo rispetto al termine di decadenza previsto per l’azione di rimborso di diritto tributario, esercitata da detto prestatore nei confronti dell’amministrazione finanziaria, purché tale soggetto passivo possa effettivamente reclamare il rimborso dell’imposta nei confronti dell’amministrazione. Quest’ultima condizione non è soddisfatta qualora l’applicazione di tale normativa abbia la conseguenza di privare completamente il soggetto passivo del diritto di ottenere dall’amministrazione finanziaria il rimborso dell’Iva non dovuta, che egli stesso ha dovuto rimborsare al committente dei suoi servizi. Sentenza nella causa C-427/10, Banca Antoniana Popolare Veneta Spa/ministero dell’Economia e delle Finanze, Agenzia delle Entrate  
   
 

<<BACK