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Notiziario Marketpress di Lunedì 19 Dicembre 2011
 
   
  STUDIO GETTA NUOVA LUCE SULLE DINAMICHE DEL CICLO DEL CARBONIO NATURALE

 
   
  Bruxelles, 19 dicembre 2011 - Un team internazionale di scienziati ha ricostruito la produttività terrestre e marina e le riserve di carbonio dell´ultima era glaciale combinando dati sugli isotopi che sono pertinenti sia alle quantità globali che ai modelli. Lo studio, pubblicato nella rivista Nature, è in parte finanziato dal progetto Motif ("Models and observations to test climate feedbacks"), che ha ottenuto oltre 181.000 euro nell´ambito del programma tematico "Energia, ambiente e sviluppo sostenibile" (Eesd) del Quinto programma quadro (5° Pq) dell´Ue. Ricercatori guidati dai Laboratoire des Sciences du Climat et l´Environnement in Francia affermano che l´anidride carbonica atmosferica (Co2) è uno dei più importanti gas serra. Il riscaldamento globale è indotto dalla crescente quantità di Co2 nell´atmosfera. I ricercatori mettono in evidenza che in passato, durante il passaggio tra un´era glaciale e un periodo caldo, le concentrazioni di Co2 atmosferica cambiarono di quasi 100 parti per milione (ppm) - da un valore di 180 ppm dell´era glaciale a circa 280 ppm durante i periodi caldi. Utilizzando misurazioni dirette della Co2 atmosferica intrappolata in bolle d´aria nelle profondità della calotta antartica, è possibile ricostruire questi cambiamenti nella riserva di carbonio atmosferico. Ma gli scienziati hanno avuto delle difficoltà a spiegare cosa scatena questi cambiamenti di 100 ppm nelle concentrazioni di Co2 atmosferica tra le condizioni climatiche glaciali e interglaciali. Risulta anche difficile valutare le riserve marine e terrestri di carbonio. In questo studio, gli scienziati hanno combinato misurazioni degli isotopi di ossigeno atmosferico (18O) e carbonio (13C) in sedimenti marini e carotaggi nel ghiaccio con i risultati di modelli dinamici della vegetazione globale. "La differenza tra il carbonio glaciale e quello pre-industriale immagazzinato nella biosfera terrestre è di soli 330 petagrammi circa di carbonio, un valore decisamente inferiore rispetto a quanto si pensava," dice il dott. Marko Scholze della School of Earth Sciences presso l´Università di Bristol nel Regno Unito. "L´assorbimento di carbonio da parte della vegetazione e del suolo, che rappresenta la produttività terrestre durante l´era glaciale, era di soli 40 petagrammi circa di carbonio all´anno e quindi molto più basso: approssimativamente un terzo della produttività terrestre odierna e circa la metà della produttività pre-industriale." I risultati del loro studio suggeriscono che il ciclo del carbonio nella biosfera terrestre - che è essenzialmente il tempo tra l´assorbimento mediante fotosintesi e il rilascio mediante decomposizione delle piante morte - deve essere stato molto più breve rispetto che non nell´attuale clima più caldo. Secondo i ricercatori, ci deve essere stata una maggiore quantità di carbonio non scomponibile sul suolo durante l´Ultimo massimo glaciale (il periodo in cui le calotte di ghiaccio raggiunsero la loro massima estensione, tra 26.500 e 19.000 anni fa). "Questo carbonio inerte deve essere stato sepolto nei terreni permanentemente ghiacciati e nelle grandi torbiere delle regioni settentrionali della tundra," concludono i ricercatori. I risultati dello studio aiuteranno ad accrescere la nostra comprensione delle dinamiche del ciclo del carbonio naturale. Per maggiori informazioni, visitare: Nature Geoscience: http://www.Nature.com/ngeo/index.html  Laboratoire des sciences du climat et l´environnement: http://www.Lsce.ipsl.fr/    
   
 

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