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Notiziario Marketpress di Giovedì 19 Gennaio 2012
 
   
  INDAGINE CONGIUNTURALE FEDERLAZIO: “NEL LAZIO E’ RECESSIONE”

 
   
  Roma, 19 gennaio 2012 - Ieri, presso il Caffè Canova di Piazza del Popolo, la Federlazio ha presentato l’Indagine Congiunturale sull’andamento delle piccole e medie imprese del Lazio. Il rapporto, realizzato su un campione di 350 imprese della regione, si riferisce al Ii semestre 2011. Nel corso dell’Indagine il Presidente della Federlazio, Maurizio Flammini, ha dichiarato che oramai, nella nostra regione, la situazione è talmente grave che si può cominciare a parlare di “recessione”. Il Presidente Flammini ha anche annunciato che nelle prossime settimane la Federlazio organizzerà una grande manifestazione/fiaccolata per sensibilizzare le Istituzioni sui recenti gravissimi casi di suicidio di imprenditori, spesso dovuti ai mancati pagamenti da parte della P.a. 1. Lo Scenario Nazionale Secondo Le Fonti Istituzionali Se la crescita del Pil nel 2011 è indicata tra lo 0,6%[1] e lo 0,7%[2], l’ultima proiezione disponibile sul prodotto interno lordo nel 2012 non lascia presagire nulla di buono, essendo per ora negativa (-0,5%)[3]. 2. Il Lazio Secondo Le Fonti Istituzionali Il Pil del Lazio nel 2011[4] è stimato allo 0,7%, dunque in attenuazione rispetto all’1,1% conseguito nel 2010 ma in sintonia con la previsione sul dato nazionale. Per il 2012 invece le attuali stime indicano una decrescita di mezzo punto percentuale (-0,5%) pari a quella prevista a livello nazionale[5]. Una analogia che dall’andamento del prodotto interno lordo non si ritrova pienamente nella demografia delle imprese rilevata nel terzo trimestre 2011 (tav. 1.3). In questo caso, infatti, il tasso di crescita del Lazio e dell’Italia, è lievemente migliore nella nostra regione (0,50%), rispetto al dato nazionale (0,32%). Tav.1.3- Lazio: demografia delle imprese nel Iii trimestre 2011
Tutti settori Registrate Attive Iscrizioni Cessazioni* Saldo Tax crescita Tax natalità Tax mortalità
Viterbo 38.449 34.489 497 351 146 0,38 1,30 0,95
Rieti 15.309 13.428 165 133 32 0,21 1,08 0,87
Roma 450.073 330.276 6.181 3.754 2.427 0,55 1,40 0,91
Latina 57.848 47.506 752 536 216 0,37 1,30 1,28
Frosinone 46.553 39.487 580 389 191 0,41 1,25 0,86
Lazio 608.232 465.186 8.175 5.163 3.012 0,50 1,36 0,94
Italia 6.134.117 5.291.693 77.443 57.610 19.833 0,32 1,27 1,05
Fonte: elaborazioni Ufficio Studi Federlazio su dati Movimprese. (*) cessazioni al netto delle cessate d’ufficio. Sul fronte del commercio con l’estero, nei primi nove mesi del 2011 rispetto allo stesso periodo del 2010, le esportazioni e le importazioni del Lazio sono rispettivamente aumentate del 15,1% e del 23,4% (tav. 1.5). Le esportazioni sono aumentate più verso il mercato extra Unione Europea (17,2%) che verso l’Unione Europea (13,7%). In termini di quota di beni e servizi esportati dalle imprese del Lazio sul totale nazionale esportato, nel confronto col periodo gennaio – settembre 2010, essa è lievemente aumentata passando dal 4,4% al 4,5%. Nel secondo semestre 2011, le ore di cassa integrazione guadagni autorizzate nel Lazio sono aumentate, rispetto allo stesso periodo del 2010, del 15,4%, al contrario di quanto accaduto nella dinamica nazionale (-22,4%). Disaggregando il dato per tipo di gestione, abbiamo che nel Lazio la Cig Ordinaria è aumentata (13,7%), mentre a livello nazionale è diminuita (-16,5%). Anche la Cig Straordinaria nel Lazio, nella seconda metà del 2011, è aumentata (27,6%); è invece diminuita a livello nazionale (-22,3%). Nel Lazio diminuisce di poco solo la Cig in Deroga (-2,2%), come avviene anche a livello nazionale, ma in maniera più consistente (-26,3%). 3. L’indagine Della Federlazio - Dal quadro qui sommariamente descritto sulla base delle fonti istituzionali, passiamo ora ai risultati della nostra indagine, svolta su un campione di 350 aziende associate, e relativa al secondo semestre 2011. Cominciamo dagli ordinativi ricevuti dalle imprese nella seconda parte del 2011. Nel corso del secondo semestre 2011 il saldo di opinioni sull’andamento degli ordini mostra un serio peggioramento rispetto agli esiti della prima parte dell’anno. A livello complessivo, infatti, le imprese segnalano una contrazione nel saldo sugli ordini ricevuti che, in precedenza positivo e pari a +3, assume ora valore negativo, -13, diminuendo di 16 punti. Un peggioramento che si verifica in ciascuna delle tre macro aree geografiche dalle quali le imprese hanno ricevuto gli ordini nel semestre, pur se l’intensità della contrazione è maggiore sul mercato extra-europeo, che comunque resta l’unico a non far segnare un valore negativo. Difatti il saldo sugli ordini ricevuti dai paesi dell’Unione Europea subisce una ulteriore contrazione, di 13 punti, rispetto al primo semestre del 2011: da -7 difatti si scende a -20. A questa situazione si affianca quella degli ordini ricevuti dal mercato nazionale: l’andamento del saldo d’opinioni peggiora di circa 7 punti, passando da -8 a -15. Per contro, sul fronte degli ordini ricevuti dai mercati extra europei, pur essendo la contrazione del saldo d’opinioni pari a 20 punti, ancora non si registra un valore negativo in quanto il saldo assume valore nullo. In generale dunque, se nel secondo semestre 2011 i saldi sugli ordini ricevuti dal mercato nazionale continuano a peggiorare, sembrerebbe iniziare a delinearsi un trend negativo anche sul mercato europeo mentre dai paesi extra europei giungono segnali contrastanti. Nel secondo semestre 2011 il trend del fatturato è in parte simile a quello degli ordinativi (graf. 2.3): il saldo, già negativo, peggiora da -1 a -5 contraendosi di 4 punti. Tale analogia si estende anche alla situazione rilevata sul mercato europeo: il saldo negativo peggiora di 8 punti, passando da -2 a -10. Sul mercato nazionale invece, il saldo di opinioni, pur sempre negativo, si attenua di 4 punti, passando da -15 a -11. In netta controtendenza rispetto agli ordinativi è il saldo di opinioni sul fatturato realizzato sui mercato extra europei: qua è positivo ed in lieve crescita da +11 a +12. Potrebbe essere l’effetto dell’aumento degli ordinativi registrato sul semestre scorso. E’ questo l’unico caso di saldo, positivo, che presenta un aumento estremamente contenuto nel secondo semestre 2011. Il saldo di opinioni sull’andamento della produzione nel secondo semestre 2011 scende a -9 dal precedente -6; in tal modo si consolida il trend decrescente iniziato nella seconda parte del 2010 . Sul versante degli investimenti, il 32,6% delle imprese, rispetto al precedente 33,1%, ha dichiarato di averne effettuati nel secondo semestre 2011. Una flessione, data la situazione di generale crisi economica, tutto sommato contenuta. Nel secondo semestre 2011 si riduce sia la percentuale di imprese che ha diminuito l’occupazione sia la percentuale delle imprese che l’ha aumentata. Il saldo di opinioni, ancora positivo, risulta inalterato rispetto al semestre precedente e pari ad 1 . La nostra indagine ha rilevato anche le previsioni a breve sui prossimi sei mesi, dalle quali emerge che, per quanto concerne gli ordinativi, (graf. 2.2), le imprese non si attendano miglioramenti. Nel prossimo semestre le imprese si attendono un robusto calo degli ordini dal mercato interno (da +21 a -9) e una sensibile flessione sul mercato estero (graf. 2.2), che passa da +19 a +6 nel caso europeo, e da +14 a +7 in quello extra-europeo, complici forse anche gli effetti attesi della manovra sui conti pubblici varata dal governo il 5 dicembre. Abbiamo poi chiesto alle imprese del campione di esprimersi sulla loro previsione di ampliamento dell’organico nei prossimi sei mesi. Per le previsioni sull’occupazione , nel primo semestre 2012, il saldo crolla di 30 punti e diventa negativo, passando da 1 a -29 a causa dell’incremento della percentuale di imprese che prevede di diminuire l’organico e dell’assenza di imprese che prevedono di aumentarlo. Tuttavia, circa il 70% delle imprese ha manifestato l’intenzione di mantenere inalterato l’organico nel prossimo semestre. Infine, per quanto concerne le previsioni d’investimento, la percentuale delle imprese che ha manifestato l’intenzione di fare investimenti, pari al 30,5%, è sostanzialmente invariata rispetto al semestre precedente (30,3%). Come di consueto abbiamo poi invitato gli imprenditori del campione a segnalare le principali problematiche che, a loro avviso, hanno influenzato più negativamente l’attività della propria azienda nel secondo semestre 2011. Come nella precedente indagine, anche nel secondo semestre 2011 il principale problema che ha influenzato negativamente l’attività delle imprese è stato quello dei “ritardi dei pagamenti da parte dei clienti privati”, ora indicato nel 31,0% dei casi rispetto al 26,7% di sei mesi fa . Segue il problema della “insufficienza della domanda”, indicata nel 21,5% dei casi rispetto al precedente 24,7%. Accanto al mancato pagamento da parte dei clienti privati, problema sempre più grave per le imprese, si segnala l’aumento della percentuale dei casi in cui le imprese hanno indicato “il ritardo dei pagamenti da parte della Pa”, ora al 18,6% rispetto al precedente 15,1%. Un ulteriore problema che le imprese, in questo semestre, hanno avvertito più intensamente è la “mancata concessione o erogazione del credito bancario”, ora indicata nel 6,9% dei casi rispetto al precedente 4,8%. Conclude la lista dei problemi più segnalati dalle imprese il lieve aumento, dal 3,1% al 3,3% dei casi, della “impossibilità di partecipare agli appalti”. Le altre problematiche hanno percentuali in attenuazione rispetto al primo semestre 2011. In particolare, oltre alla insufficienza della domanda, il problema delle “insufficienti risorse finanziarie proprie” è indicato nel 6,2% dei casi rispetto al precedente 8,2%, mentre la “difficoltà nel reclutare manodopera qualificata”, passa all’1,8% dei casi dal 3,8% di sei mesi fa. Considerazioni Finali - Da qualche tempo a questa parte riesce difficile commentare la nostra indagine congiunturale senza farsi prendere dallo sconforto per il quadro tracciato dalle risposte del nostro campione di imprese. Nell’indagine scorsa avevamo usato toni assai preoccupati nel commentare lo stato di crisi che allora emergeva dall’indagine. Ebbene, oggi a quella crisi possiamo dare un nome: recessione. Certo, gli esperti ci dicono che per poter parlare tecnicamente di recessione occorre registrare una riduzione del Pil per due trimestri consecutivi. Tuttavia, non v’è alcun dubbio che in riferimento alla situazione odierna si possa parlare di una sostanziale recessione. Non ci sono altre definizioni, infatti, di fronte ad una riduzione del tasso di crescita del Pil, pari allo 0,2%, registrata dall’Istat nel 3° trimestre del 2011 (ultimo dato disponibile), che si accompagna anche alla sopraggiunta stima al ribasso, fatta sempre dall’Istat, sia del 1° che del 2° trimestre. Se poi guardiamo al Lazio, vediamo che le stime (unici dati al momento disponibili) del Pil regionale indicano per il 2011 una flessione dall’1,1% del 2010 allo 0,7% del 2011 e addirittura una decrescita (- 0,5%) per il 2012. Pertanto, la situazione che prende forma oggi con la nostra rilevazione sulle imprese può essere definita in ulteriore aggravamento rispetto a quella del semestre precedente, che già si era presentata come una delle peggiori degli ultimi anni. E tutto questo risulta peraltro perfettamente in linea – sarebbe da aggiungere purtroppo – con quanto rilevato anche da altre indagini, come quella recentemente realizzata da Bankitalia e Sole 24Ore, con la sola differenza che in quest’ultima si registra una dinamica ancora in parte positiva sul fronte della domanda estera, quando le imprese del nostro campione, invece, anche su questo versante – almeno per quel che riguarda gli ordinativi ricevuti, mentre sul fatturato ancora tengono – mostrano segnali di indietreggiamento. E quel che è peggio è che anche le previsioni, che di solito esprimono in qualche misura anche una speranza, sul fronte degli ordini, del fatturato e della produzione, sono decisamente negative. Oggi dunque le Pmi sembrano trovarsi in uno stato quasi di “prostrazione”, a causa dell’effetto combinato di un lungo, estenuante e tutt’altro che concluso calo della domanda, da un lato, e di misure restrittive, derivanti dalle manovre governative che hanno già cominciato a far sentire i loro effetti, dall’altro. Tutto questo mentre la crescita è invece ancora di là da venire, anzi per la verità non è neanche iniziata. In questa situazione, come è a tutti evidente di estrema difficoltà economica, oggi si aggiunge un ulteriore elemento di drammaticità che “arricchisce” il quadro e che non può essere più ignorato. Stiamo parlando degli ormai tragicamente numerosi casi di suicidio da parte di imprenditori che stanno contrassegnando quest’ultimo scorcio di crisi. Siamo dell’avviso che ci si dovrebbe qui fermare un attimo con la mente e avviare una profonda riflessione su questi fatti. Noi diciamo che non si può morire di lavoro, né se si è operai né se si è imprenditori. Non possiamo abituarci all’idea che questi ultimi, ad esempio, siano indotti a togliersi a vita per l’impossibilità di far fronte ai propri impegni finanziari con dipendenti, fornitori e banche. E tanto meno possiamo abituarci all’idea che tale impossibilità sia da imputare in buona parte ad inadempienze da parte dello Stato e della P.a. Ma è tollerabile – ci chiediamo – che un imprenditore sia spinto al suicidio perché non ha liquidità finanziaria per poter pagare i suoi operai, quando è la stessa P.a. A fargliela mancare con i suoi pagamenti ritardati oltre ogni ragionevolezza? Può un piccolo e medio imprenditore, che già ha il suo ben da fare per trovare il mercato alle sue produzioni o le risorse per effettuare investimenti nella sua attività, farsi anche carico delle inadempienze, delle inefficienze, della cattiva gestione della P.a.? Noi crediamo fermamente di no e lo vogliamo anche gridare con forza. Né le cose migliorano quando si tratta di transazioni tra privati. Secondo un recente studio dell’Osservatorio Cerved, i tempi di pagamento si sono allungati a dismisura anche tra privati e, ovviamente, ancora una volta sono le Pmi a risentirne di più. Noi crediamo dunque che qui occorrano iniziative forti, coraggiose, anche in discontinuità con il passato se serve, proprio per poter mettere un freno, e possibilmente invertire una deriva che non sembra altrimenti lasciare scampo. E allora, a questo proposito, noi ci sentiamo di riaffermare la necessità che venga valutata attentamente la praticabilità della strada che può portare a realizzare una compensazione tra crediti e debiti, ovvero tra ciò che un’impresa deve incassare dallo Stato o da altra amministrazione e le tasse o i contributi che essa deve pagare. Il precedente Governo ha sempre affermato che vi fossero delle difficoltà quasi insormontabili a rendere questo principio applicabile. Noi crediamo invece che le difficoltà tecniche possano e debbano essere superate; basta solo che ci si convinca dell’opportunità di farlo. E una soluzione di questo tipo potrebbe veramente ridare da subito alle imprese un po’ di fiato, quel fiato che la stagnazione del mercato non è al momento in grado di produrre. Del resto su questo sono state avanzate dal Ministero dello Sviluppo economico delle ipotesi. Alcune francamente un po’ bizzarre – quale quella, ad esempio, che lo Stato possa pagare i suoi debiti con le imprese utilizzando titoli di stato. Capite bene che questo significa pagare un debito con un altro debito, spostando nuovamente il problema dalle spalle dello Stato a quello delle imprese. A meno che non si dica che quegli stessi titoli di stato le imprese possano utilizzarli a loro volta per pagare operai, fornitori e scontandoli in banca. Cosa che francamente ci parrebbe poco praticabile. Altre proposte invece paiono più ragionevoli, quale quella di coinvolgere le banche e la Cassa Depositi e Prestiti per consentire alle imprese di scontare i propri crediti. Un’operazione che naturalmente non sarebbe a costo zero per i creditori, ma su cui ciononostante si potrebbe ragionare. In attesa di ciò, tuttavia, le amministrazioni locali, e la Regione in primis, intanto possono fare un grande lavoro, a partire dall’immediato, come richiede una situazione di estrema urgenza quale quella attuale, per eliminare oneri burocratici inutili, ridondanti, incongrui, irrazionali e oltretutto costosi. Cosa, questa, che potrebbe dare un primo contributo, neanche tanto piccolo, a quella “ossigenazione” del sistema delle imprese cui si accennava un attimo fa. Inoltre bisogna che la P.a. Ridiventi soggetto di domanda, così da rimettere in moto il circuito dell’economia. Questo può avvenire avviando infrastrutture, opere, servizi, che però oggi, non potendo più essere finanziati in debito, devono trovare un canale diverso, che non può che essere il project financing. Il quale, da un lato, consentirebbe di alleggerire l’onere finanziario a carico dello Stato e, dall’altro, darebbe alle imprese l’opportunità di fare investimenti e occupazione. Ma anche sul versante delle imprese sono richiesti cambiamenti, ovviamente. Noi tutti siamo chiamati a modificare la nostra mentalità, abbandonando gli aspetti più tradizionali per cominciare ad adottare comportamenti più inspirati al concetto di rete, di filiera, di collaborazione con altri soggetti imprenditoriali. Oggi noi abbiamo di fronte una realtà che tende a premiare l’attitudine a lavorare insieme, a fare progetti integrati, ad inserirsi sulle reti, a fare sistema. Quanto più noi e le nostre imprese sapremo fare questo, tanto più potremo veder crescere le probabilità di presidiare, e possibilmente allargare, i nostri mercati. Viceversa, quanto più permarremo in una condizione di sostanziale individualismo e autoreferenzialità, tanto più saremo fatalmente spinti verso i margini del mercato. E’ poi anche importante che si lavori – imprenditori e istituzioni, ciascuno per la propria parte – per far nascere nuove aziende, incentrate sulle nuove generazioni, sui nuovi saperi, che siano capaci di relazionarsi con il contesto globale, con le tecnologie innovative e con i nuovi linguaggi culturali. Abbiamo un bisogno profondo, strategico di ampliare e rinnovare il nostro tessuto imprenditoriale. Cosi come si dovrà spingere enormemente sull’internazionalizzazione. In considerazione dello stato di recessione nel quale si trova il nostro paese e della strutturale debolezza del nostro mercato interno, noi dobbiamo riuscire a penetrare in nuovi mercati. Per questo noi come associazione ci impegneremo molto su questo versante e ci aspettiamo che la Regione faccia altrettanto destinando risorse congrue agli strumenti legislativi esistenti e alla legge 5/2008 sull’internazionalizzazione in primo luogo. E’ evidente che il rilancio e la crescita della nostra economia richiedono una tastiera variegata e integrata di interventi, alcuni di breve, altri di medio e altri ancora di lungo periodo. Quelli che abbiamo appena elencato, dunque non sono gli unici, ma sono di certo i più urgenti, quelli senza i quali non potrà innescarsi alcun circuito di crescita che voglia avere al centro la Pmi. Certo in tutto questo discorso la Politica - nazionale e regionale – non può essere assente. Ad essa competono alcuni compiti ed è bene che questi compiti siano svolti nel migliore dei modi, rapidamente, eticamente e con senso di responsabilità. Ma la Politica non può fare tutto e noi non dobbiamo troppo “appoggiarci” ad essa. Noi imprenditori dobbiamo rimboccarci le maniche, impegnarci di più e meglio, introdurre nelle nostre aziende innovazioni produttive, di processo, organizzative, ma anche e soprattutto culturali. Dobbiamo coltivare di più il gusto del rischio e della sperimentazione. Dobbiamo insomma preferire l’esplorazione di nuovi territori alla relativa sicurezza del già noto e del consolidato. Se sapremo fare tutto questo e se riusciremo a farlo bene, allora probabilmente sarà la Politica stessa a cercare di mettersi al passo con il mondo produttivo e a far emergere al suo interno le forze più funzionali a questo sforzo. Se invece non riusciremo a farlo, allora la Politica farà nuovamente valere il suo ruolo di dominus sostanziale dei processi economici e il sistema delle imprese continuerà ad “inseguirla”, aspettandosi inutilmente ciò che essa non potrà dare.
 
   
 

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