Pubblicità | ARCHIVIO | FRASI IMPORTANTI | PICCOLO VOCABOLARIO
 













MARKETPRESS
  Notiziario
  Archivio
  Archivio Storico
  Visite a Marketpress
  Frasi importanti
  Piccolo vocabolario
  Programmi sul web








  LOGIN


Username
 
Password
 
     
   


 
Notiziario Marketpress di Lunedì 23 Gennaio 2012
 
   
  GIURISPRUDENZA EUROPEA: INFLUENZA AVIARIA – MERCATO ITALIANO DELLA CARNE DI POLLAME - SENTENZA NELLA CAUSA T-135/07, ITALIA/COMMISSIONE

 
   
  Nel periodo dicembre 1999 - aprile 2000 Lombardia, Veneto e Sardegna, nonché la Provincia autonoma di Trento sono state colpite da una grave epidemia di influenza aviaria. Nel periodo agosto 2000 - marzo 2001 si verificava una nuova epidemia. Tra l’ottobre 2002 e il settembre 2003 veniva individuato un nuovo stipite virale in Lombardia, Veneto ed Emilia Romagna. Per far fronte alla prima epidemia il Ministero della Sanità (nel contesto della 92/40/Cee, misure comunitarie di lotta contro l’influenza aviaria) istituiva, attorno ad ogni azienda infetta, una zona di protezione, a sua volta iscritta in una zona di sorveglianza. Gli avicoltori erano tenuti ad abbattere gli animali colpiti dalla malattia e a ridurre la densità dei loro allevamenti. Si introduceva il divieto generale di esportazione di pollame e di uova da cova dalle regioni interessate verso il resto del territorio nazionale, gli altri Stati membri e i paesi terzi. Le diverse regioni interessate completavano queste disposizioni. Misure di controllo analoghe sono state adottate tra l’agosto 2000 e il marzo 2001, da un lato, nonché tra l’ottobre 2002 e l’ottobre 2003, dall’altro, a causa della possibilità che questo virus mutasse in uno altamente patogenico. L´italia notificava alla Commissione quattro misure di sostegno regionali, per cui la Commissione non sollevava obiezioni e, con decisione 2000/510/Ce concedeva all´Italia una partecipazione finanziaria alle spese sostenute di Eur 31 764 869. Tra il febbraio e il maggio 2003 i Paesi Bassi e il Belgio venivano colpiti da una grave epidemia di influenza aviaria e adottavano misure analoghe a quelle italiane dirette a contrastare la propagazione della malattia, sul fondamento delle norme nazionali di attuazione della direttiva 92/40. A tali misure si aggiungevano le diverse decisioni prese dalla Commissione. Nel 2000 l´Italia chiedeva alla Commissione misure eccezionali di sostegno al mercato della carne di pollame, in applicazione del regolamento n. 2777/1975 (organizzazione comune dei mercati nel settore del pollame) che la Commissione respingeva: i danni indiretti subiti dalle aziende avicole infette o sospettate di infezione (costi fissi e mancato guadagno) non potevano essere ammessi ad un finanziamento a titolo di misure eccezionali di sostegno al mercato. Anche in occasione delle due nuove epidemie, la Commissione negava le misure eccezionali di sostegno. Tuttavia, nel gennaio 2004, in seguito alle epidemie in Paesi Bassi e Belgio, la Commissione ripristinava la linea nel bilancio della Comunità per le misure di sostegno del mercato, con una dotazione finanziaria ai produttori olandesi di 3 milioni di euro. Nel luglio 2004 adottava misure eccezionali di sostegno per i Paesi Bassi ed il Belgio e concedeva a questi Stati aiuti per compensare una parte delle perdite economiche derivanti dalla trasformazione delle uova da cova in ovoprodotti. Nel dicembre 2004 la Commissione adottava misure eccezionali di sostegno al mercato in Italia (regolamento 2102/2004) concedendo un aiuto diretto a compensare una parte delle perdite economiche causate dall’utilizzo delle uova da cova per la trasformazione in ovoprodotti e dalla distruzione delle uova la cui incubazione non avrebbe più consentito una tale trasformazione. Con lettera del 7 febbraio 2007 (la «decisione impugnata»), la Commissione considerava invece che le condizioni imposte dal regolamento n. 2777/75 per l’adozione di misure eccezionali non erano soddisfatte, con l´argomentazione che i pulcini di un giorno potevano circolare liberamente ed essere commercializzati in Italia al di fuori delle zone a protezione e sorveglianza o al di fuori dell’Italia. Inoltre, la produzione dei pulcini di un giorno avrebbe potuto essere interrotta per evitare un aumento delle perdite economiche. Infine, le perdite subite dai produttori di pulcini di un giorno sarebbero state il risultato della struttura della filiera di produzione in Italia e delle scelte commerciali degli operatori. L´italia ha quindi chiesto al Tribunale di annullare la decisione. Contesta in particolare alla Commissione una differenza di trattamento tra i produttori italiani di uova da cova e i produttori italiani di pulcini di un giorno (laddove queste due categorie di produttori verserebbero in una situazione analoga con riferimento alle misure veterinarie adottate dalle autorità italiane). Il Tribunale rileva che, tanto a livello nazionale quanto a livello regionale, sono state adottate e messe in atto in Italia misure di restrizione alla libera circolazione dei pulcini di un giorno. Una deroga era prevista, a condizione che l’autorità regionale lo autorizzasse. Non risulta da alcun punto della decisione impugnata che la Commissione sia andata a verificare che siffatte autorizzazioni in deroga siano state rilasciate dalle autorità regionali e abbiano permesso determinate movimentazioni di pulcini di un giorno. La Commissione è quindi incorsa in un errore manifesto di valutazione. A torto inoltre la Commissione ha indicato che le perdite subite dai produttori di pulcini di un giorno erano principalmente il risultato della struttura della filiera di produzione della carne di pollame in Italia e, quindi, delle scelte commerciali degli operatori interessati. Il Tribunale distingue poi due tipi di situazioni in cui la decisione impugnata comporta una disparità di trattamento. A) I pulcini di un giorno e le uova da cova che ancora non sono state messe in incubazione. La Commissione fa valere che i produttori di pulcini i quali non hanno immediatamente interrotto le incubazioni in corso erano responsabili dell’aggravamento del loro danno. Il Tribunale rammenta che la produzione di un pulcino rientra in un processo che dura dalle tre alle quattro settimane: in caso di interruzione dell´incubazione, è necessario un periodo di tempo almeno equivalente perché i produttori di pulcini di un giorno siano di nuovo in grado di soddisfare la domanda. Inoltre, un uovo la cui incubazione è già iniziata ha valore economico solo se l’incubazione giunge a termine, poiché oramai non può più essere trasformato in ovoprodotto. Pertanto, il danno economico che sarebbe conseguito a una decisione di interrompere l’incubazione sarebbe stato considerevole e tale decisione non avrebbe garantito ai produttori una limitazione delle perdite. B) I pulcini di un giorno e le uova da cova per le quali il processo di incubazione è stato avviato, ma non è ancora terminato. La Commissione ha escluso dal sostegno le sole perdite per la soppressione dei pulcini già usciti dall´uovo. Il Tribunale rammenta che le uova già incubate e i pulcini di un giorno appartengono al medesimo segmento di mercato, di cui rispecchiano stadi di produzione distinti e pertanto riguardo alle misure di sostegno si trovavano in situazioni paragonabili. A torto, la Commissione ha operato una distinzione fra le perdite economiche causate dalla soppressione dei pulcini di un giorno e quelle dovute alla distruzione delle uova da cova per le quali il processo di incubazione era iniziato ma non ancora terminato. Per questi motivi, il Tribunale dichiara e statuisce: La decisione della Commissione, del 7 febbraio 2007, che ha respinto la richiesta della Repubblica italiana di adozione di misure eccezionali di sostegno al mercato della carne di pollame, in applicazione dell’art. 14 del regolamento (Cee) del Consiglio 29 ottobre 1975, n. 2777, relativo all’organizzazione comune dei mercati nel settore del pollame, è annullata  
   
 

<<BACK