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Notiziario Marketpress di Lunedì 06 Febbraio 2012
 
   
  BASTA ACCOGLIERE I BENI DEI DITTATORI NELLŽUE

 
   
  Bruxelles, 6 febbraio 2012 - AllŽinterno dellŽUe, i leader di regimi autoritari possono spendere liberamente la loro ricchezza, spesso acquisita in maniera discutibile, nonostante vigano misure volte a prevenire ciò, poiché gli Stati membri dellŽUe forniscono rifugi sicuri per le loro fortune personali e permettono loro lŽaccesso ai servizi educativi e del tempo libero. Questo deve finire, dice il Parlamento in una risoluzione approvata il giovedì. Nella risoluzione approvata per alzata di mano, i deputati rilevano che per numerosi leader autoritari e per le persone a essi collegate lŽUnione rappresenta un luogo privilegiato per investimenti, proprietà immobiliare e servizi bancari e per "spendere liberamente la loro ricchezza, spesso acquisita in maniera discutibile". Per il relatore, Graham Watson (Alde, Uk), "LŽatteggiamento ipocrita dellŽUe nei confronti dei leader di regimi autoritari deve finire. Abbiamo denunciato pubblicamente le loro violazioni dei diritti umani, ma, al contempo, abbiamo permesso loro di nascondere il proprio denaro nelle nostre banche, di acquistare proprietà allŽinterno dei nostri confini, di fare affari con le nostre aziende e di passare le vacanze nelle nostre località. Il nostro messaggio deve essere forte e chiaro: lŽUnione europea non vi aiuterà a riciclare i vostri guadagni illeciti ". Basta allŽapplicazione selettiva delle sanzioni - Il documento approvato, che rappresenta il contributo del Pe alla revisione della politica di sanzioni dellŽUe richiesto dal Consiglio dei ministri, evidenzia che lŽapplicazione incoerente delle misure restrittive nuoce alla credibilità dellŽUe. I deputati invitano gli Stati membri a garantire che non si applichino "due pesi e due misure al momento di decidere riguardo a misure restrittive o sanzioni e che queste siano applicate a prescindere dagli interessi politici, economici e di sicurezza". Invitano inoltre la Commissione e gli Stati membri a coordinare lŽembargo sulle armi e garantire che le procedure e le sentenze della Corte penale internazionale relative alla politica dellŽUe in materia di sanzioni siano tenute in debita considerazione. Gli Stati membri dovrebbero dichiarare i nomi delle persone iscritte nellŽelenco delle sanzioni che detengono beni o attività finanziarie allŽinterno dei propri confini e cooperare per individuare e confiscare tali beni. Inoltre, a detti leader e alle persone o alle organizzazioni a essi associati, dovrebbe essere proibito possedere beni e proprietà nellŽUe o trascorrere il loro tempo libero viaggiando attraverso lŽEuropa. Alle istituzioni accademiche e sportive e alle organizzazioni caritative dovrebbe altresì essere "vietato accettare finanziamenti, sovvenzioni o donazioni da questi leader e dalle entità fisiche e giuridiche a essi chiaramente collegate". Risparmiare gli innocenti - Allo stesso tempo, lŽUe dovrebbe cercare di minimizzare lŽimpatto delle sanzioni sulle popolazioni vulnerabili e innocenti dei regimi autoritari. Tutte le misure restrittive devono mirare a colpire solo le "élites" responsabili dei regimi repressivi o criminali e dovrebbero essere accompagnate da un sostegno alla società civile, allo scopo di sviluppare o rafforzare il rispetto della democrazia e dei diritti umani. Gli Stati membri dovrebbero adoperarsi per mobilitare i fondi congelati e confiscati, al fine di rimpatriarli al più presto nei rispettivi paesi a beneficio della popolazione. Esempi - In Egitto, lŽex dittatore Hosni Mubarak possiede un patrimonio personale stimato in 70 miliardi di dollari, investito principalmente nellŽUe e negli Stati Uniti. Secondo le stime, la famiglia del defunto dittatore libico Muammar Gheddafi detiene beni per il valore di miliardi in tutta lŽUe, principalmente costituiti da proprietà private nel Regno Unito. Il Presidente del Sudan, Omar al-Bashir, è sospettato di essere detentore dŽingenti depositi presso le banche britanniche. Infine, nella primavera del 2011, il rettore della "London School of Economics" ha rassegnato le dimissioni in seguito alle rivelazioni sul coinvolgimento dellŽIstituto in un affare dal valore di 2,2 milioni di sterline per la formazione di funzionari libici.  
   
 

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