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Notiziario Marketpress di Lunedì 20 Febbraio 2012
 
   
  CASALE MONFERRATO, COMMENTI SULLA SENTENZA ETERNIT

 
   
   Casale Monferrato, 20 febbraio 2012 - A 25 anni dalla chiusura dell’Eternit di Casale Monferrato e dopo due di processo contro i proprietari della multinazionale accusati di “disastro doloso e omissione di misure di soccorso”, il 13 febbraio viene pronunciata la sentenza che ha disposto le condanne a anni 16 di reclusione e a liquidare la somma complessiva di 25 milioni di euro quale risarcimento del danno subito dal Comune di Casale Monferrato a carico di tutti e due gli imputati. Il giudice Casalbore, che ha pronunciato la sentenza, ha disposto diversi risarcimenti provvisionali. In particolare, 70 mila euro per l´associazione Medicina democratica e per il Wwf, 100 mila euro per l´Associazione nazionale esposti amianto, 4 milioni per il Comune di Cavagnolo e 15 milioni per l´Inail. Risarcimenti mediamente di 100 mila euro ciascuna per le sigle sindacali, parti civili nel processo. Inoltre 25 milioni per il comune di Casale Monferrato, 30mila euro per ogni congiunto di ciascuna vittima e 35mila euro per ogni ammalato. Il sindaco di Casale Monferrato, Giorgio Demezzi, a nome dell’Amministrazione, esprime soddisfazione per questa sentenza. «Il verdetto di condanna emesso dal Tribunale di Torino rappresenta una risposta esemplare al problema della tossicità dell’amianto e inchioda alle proprie responsabilità chi ha gestito per anni questo problema con leggerezza, senza voler ascoltare il mondo scientifico che affermava la cancerogenicità e la pericolosità dell’amianto per gli esseri umani. Questa sentenza rappresenta un risarcimento verso coloro che hanno perso la vita a causa delle malattie indotte dall’amianto e vuole e deve essere d’esempio in quelle realtà dove l’amianto viene ancora lavorato per fare profitti sulla salute dei lavoratori». Quanto al futuro, il sindaco annuncia che «L’amministrazione comunale si impegnerà per tenere viva l’attenzione e per sollecitare le Istituzioni statali a mantenere le promesse fatte e a sostenere gli impegni per la ricerca sul mesotelioma e per le bonifiche». Dal pari, Bruno Pesce, presidente dell´Associazione dei familiari delle vittime dell´amianto, conviene che la sentenza «ha sancito la colpevolezza dei responsabili ed è un monito di grandissima rilevanza, in questo momento di difficoltà finanziarie: ci dice che il dato economico è importante, ma che la vita umana lo è di più». Una sentenza che per tante vittime significa giustizia, sia pure tardiva ma particolarmente innovativa per quanto riguarda il campo del diritto del lavoro, perché innalza la tutela minima che un datore deve fornire ai suoi lavoratori anche se nessuna legge lo obbliga. Il cammino della giurisprudenza del diritto del lavoro verso la sentenza Eternit, è stato lungo, ma netto, perché supera qualsiasi prescrizione “obbligatoria”. Questo vuol dire, in parole semplici che, nonostante il legale utilizzo dell’amianto in quell’epoca, la ditta Eternit è da ritenersi responsabile dei danni patiti dai lavoratori perché, come recita l’articolo 2087 del Codice Civile, «l’imprenditore e tenuto ad adottare nell’esercizio dell’impresa le misure che, secondo la particolarità del lavoro, l’esperienza e la tecnica, sono necessarie a tutelare l’integrità fisica e la personalità morale dei prestatori di lavoro». La sentenza conferma quindi il primato della salvaguardia della persona del lavoratore, principio che ribadisce con forza espressiva monsignor Cesare Nosiglia, arcivescovo di Torino, quando afferma che è «La persona, ogni persona, il centro della vita sociale; e tutelare questo valore nell´ambiente di vita e di lavoro non può mai essere soltanto un costo e un obbligo´».  
   
 

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