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Notiziario Marketpress di Martedì 21 Febbraio 2012
 
   
  NEO IMPRENDITORI A TORINO: PROFILO E STRATEGIE MOTIVATI, MATURI, CON UNA BUONA FORMAZIONE, CONOSCONO LE LINGUE E HANNO ACQUISITO PROFESSIONALITÀ SUL CAMPO. AVVIANO IMPRESE PICCOLE, FINANZIATE CON CAPITALE PROPRIO O FAMILIARE.

 
   
   Torino, 21 febbraio 2012 - Uomo, diplomato, conosce l’inglese, ha formato la sua professionalità sul campo e avviato l’azienda autofinanziandosi: è questo il profilo del neoimprenditore torinese che emerge dall’indagine “Creare imprese”. La ricerca, presentata oggi a Palazzo Birago, è stata realizzata da Camera di commercio e Unione Industriale di Torino per raccontare le caratteristiche della nuova imprenditorialità torinese tra il 2008 e il 2010. “I risultati ottenuti – commenta Alessandro Barberis, Presidente della Camera di commercio di Torino – contribuiscono a colmare un vuoto informativo sulle caratteristiche della nuova imprenditorialità in un’area, come la nostra, tradizionalmente caratterizzata da un’elevata natalità d’impresa”. Al di là delle oscillazioni congiunturali, infatti, nell’ultimo decennio è rimasto elevato il numero di nuove imprese (circa 17.500 all’anno) e di nuovi imprenditori. Aggiunge Barberis: “I risultati dello studio evidenziano che è necessario insistere ancora nel campo del credito, della sburocratizzazione e dell’innovazione a supporto delle nuove imprese, spesso piccole e piccolissime”. “La ricerca – osserva Gianfranco Carbonato, Presidente dell’Unione Industriale di Torino – conferma la vitalità del tessuto imprenditoriale torinese anche in momenti molto difficili come quelli che abbiamo vissuto e che stiamo vivendo. L’indagine intende offrire inoltre uno stimolo ai giovani a mettersi in proprio facendo tesoro delle esperienze maturate dai loro coetanei. La ricerca – conclude Carbonato- si propone di offrire alle istituzioni importanti indicazioni e suggerimenti su come fare di più e meglio per promuovere la neo imprenditorialità nella nostra regione”. Metodologia - L’indagine è stata condotta su un ampio campione di nuove imprese (circa 3.800) sorte a Torino e provincia nel triennio 2008-2010 e attive nei settori dell’industria manifatturiera e dei servizi alle imprese. All’indagine hanno risposto 247 neo imprese con una redemption del 10%. Attraverso la somministrazione di un questionario di indagine qualitativa sono stati raccolti dati sulle più diverse caratteristiche delle giovani aziende: area di mercato, clientela, canali di vendita, problemi incontrati nel percorso. Si sono indagati anche i requisiti dei nuovi imprenditori, dal background familiare e culturale alle motivazioni che li hanno spinti ad intraprendere l’avventura imprenditoriale. I risultati - Gli uomini rappresentano il 67% dei soggetti che hanno collaborato all’indagine; gli imprenditori stranieri rappresentano il 7% del campione. Il 32% dei neoimprenditori ha il padre operaio; nel 31% dei casi la madre è casalinga. L’età media del neo imprenditore è di 37 anni; i giovani under 30 rappresentano il 28% del totale: la decisione di avviare una nuova impresa, dunque, di rado viene presa all’inizio della propria carriera professionale o al termine del corso di studi. Dall’indagine emerge con chiarezza come la formazione scolastica non sia da sola sufficiente a fornire gli strumenti e le motivazioni per avviare un’attività in proprio: più importanti sono le capacità acquisite al di fuori dei percorsi formativi “istituzionali”. Il 56% dei nuovi imprenditori torinesi ha sviluppato la propria professionalità grazie a un lavoro dipendente o alla libera professione; il 21% grazie all’attività familiare; il 12% attraverso un hobby o esperienze extraprofessionali. Il titolo di studio più comune è il diploma (48%), mentre i laureati rappresentano una quota minore, pari al 20%. Il 29% dei nuovi imprenditori ha però studiato o lavorato all’estero prima di avviare l’attività. Non è un caso che abbiano una buona padronanza delle lingue straniere: il 63% conosce l’inglese; il 30% il francese. La crisi economica del 2008 ha rallentato lo sviluppo del tessuto imprenditoriale, ma non la voglia di fare impresa. Il 62% dei nuovi imprenditori ha avviato l’attività spinto da motivazioni “positive”: desiderio di migliorare il proprio livello di reddito, utilizzare la propria professionalità, sfruttare idee innovative o opportunità di mercato, ecc. Per il restante 38% si tratta di una scelta in qualche modo “forzata” dalla mancanza di prospettive lavorative soddisfacenti. Il 54% delle imprese analizzate opera nel settore manifatturiero, il restante 46% nei servizi. All’interno dell’industria manifatturiera al primo posto si colloca il comparto metalmeccanico (19% del totale), mentre nei servizi prevalgono le imprese dell’Ict (12%); ben il 69% delle neo imprese è costituito da ditte individuali. Alcuni punti di debolezza caratterizzano le neo imprese torinesi: la dimensione media è molto piccola, pur tenendo conto della giovane età delle aziende. Il numero medio di addetti/impresa è di 2,3 persone incluso il titolare[1]. Il 60% ha un solo addetto a tempo pieno; si regge dunque esclusivamente sul lavoro del titolare e di un collaboratore. L’84% delle imprese ha un fatturato inferiore ai 200 mila euro e, quanto alla localizzazione geografica, il 35% ha sede nella città di Torino. L’innovazione continua a rappresentare un punto debole: il 61% delle imprese del campione afferma di proporre sul mercato prodotti o servizi sostanzialmente indifferenziati rispetto a quelli già presenti. Il 5% offre prodotti o servizi radicalmente innovativi. L’indagine presenta diversi aspetti positivi, in particolare per quanto riguarda la “qualità” del tessuto imprenditoriale torinese. Ad esempio, è elevata la quota di neo imprese che opera al di fuori dell’ambito locale: ben il 40% delle imprese vende prodotti e servizi fuori dalla provincia di Torino. Il 45% delle nuove aziende torinesi si confronta con concorrenti significativi a livello nazionale ed estero. Il 44%, inoltre, ha attivato collaborazioni con altri soggetti; nella maggior parte dei casi si tratta di accordi commerciali. I canali più utilizzati per la commercializzazione dei prodotti o servizi sono la vendita diretta (44% delle aziende) e la lavorazione per conto terzi (28%); il 13% si avvale anche della vendita on line. Quasi la metà (il 48%) sostiene spese promozionali per pubblicizzare i propri prodotti o servizi. Internet dimostra di avere un ruolo importante anche se non è ancora sfruttato pienamente. Il 37% dei neo imprenditori dispone infatti di un sito che usa però soprattutto come vetrina per presentare i propri prodotti o servizi. Più di un quarto (il 26,3%), inoltre, utilizza i social network per promuovere la propria attività. Per avviare l’impresa, la grande maggioranza (85%) degli intervistati ha utilizzato principalmente o esclusivamente capitale proprio o famigliare; è marginale il ricorso al credito bancario o agevolato. Il prevalente ricorso all’autofinanziamento ha una duplice valenza. Da un lato, la disponibilità di risorse proprie denota una certa solidità della struttura patrimoniale del territorio, particolarmente importante in un periodo di crisi. Dall’altro lato limita l’investimento iniziale e le prospettive di crescita. Nonostante i numerosi provvedimenti messi a punto dalle istituzioni, rimane scarsissimo il ricorso delle imprese alle agevolazioni pubbliche (il 2,9%) motivato, in parte, dalla complessità delle norme per accedervi. L’eccesso di burocrazia, infatti, rappresenta tuttora un problema sentito: se per la maggior parte delle neo imprese i primi problemi incontrati sono di natura economico/finanziaria (l’82%), il 16% dei neo imprenditori afferma infatti di aver avuto problemi burocratici e amministrativi. Nonostante il periodo analizzato sia critico, interrogato sulle prospettive a medio termine, quasi il 70% delle nuove imprese risponde positivamente: il 39% si attende per il futuro una crescita del volume d’affari o un rafforzamento significativo dell’attività; un ulteriore 29% prevede di attuare strategie di minore impatto e comunque orientate allo sviluppo. I nuovi imprenditori - Dall’analisi delle relazioni che intercorrono tra tutte le variabili considerate dall’indagine, emergono quattro profili imprenditoriali tipici: 1. Imprenditori di ripiego; 2. Giovani emergenti; 3. Imprenditori dinamici; 4. Imprenditori reinventati. Gli imprenditori di ripiego sono in genere persone over 40 con un titolo di studio inferiore al diploma e precedenti esperienze come lavoratori dipendenti che affrontano l’avventura imprenditoriale spinti dall’insoddisfazione verso l’ultima posizione lavorativa occupata o dalla mancanza di altre prospettive di lavoro. I giovani emergenti sono in genere persone sotto i 30 anni con una buona preparazione scolastica, spesso associata alla conoscenza delle lingue, provenienti da famiglie agiate. La motivazione principale della decisione di avviare un’attività in proprio è quella di migliorare le prospettive di reddito, cercando di sfruttare opportunità di mercato. Gli imprenditori dinamici hanno un’età media compresa tra i 30 e i 40 anni e un titolo di studio elevato. Cercano di caratterizzare in modo più “aggressivo” la propria attività per quanto riguarda l’area di mercato (spesso non solo locale), i prodotti o servizi offerti, le collaborazioni con altri soggetti. In genere prevedono di attuare strategie orientate allo sviluppo dell’attività. L’imprenditore reinventato ha più di 40 anni e ha deciso di sfruttare le competenze acquisite grazie al lavoro dipendente oppure a esperienze extraprofessionali. Spesso i prodotti o servizi offerti dalla sua azienda hanno caratteristiche innovative e le attese di medio termine sono positive. Dai variegati casi aziendali presi in esame non emerge comunque un unico “modello” di impresa di successo. I fattori di competitività possono combinarsi in modi differenti, con esiti spesso divergenti. Un titolo di studio elevato, ad esempio, non dà maggiori garanzie nell’affrontare il mercato. E anche in settori “maturi” o in declino ci sono spiragli per idee o prodotti innovativi, che possono offrire prospettive di sviluppo positive. La neo imprenditoria ieri e oggi L’indagine “Creare imprese 2008-2010” aggiorna i risultati di uno studio analogo condotto a metà degli anni Ottanta da Camera di commercio di Torino e Unione Industriale, edito poi da “Il Sole24ore”. Lo studio riguardava i neo imprenditori degli anni 1982-1985. Il confronto dei risultati a distanza di tempo evidenzia molti elementi in comune: l’età media del neo imprenditore, la piccola/piccolissima dimensione d’impresa (se oggi l’84% fattura 200mila euro, nel 1985 la stessa percentuale fatturava 200 milioni di lire), l’acquisizione della professionalità legata al lavoro sul campo per oltre la metà del campione e il ricorso al capitale familiare. In entrambe le ricerche rimane stabile la percentuale delle imprese femminili, pari al 33%. Le differenze derivano perlopiù dalle trasformazioni complessive del tessuto economico e sociale. Aumenta la quota di neo imprenditori laureati, passata dal 14 al 20%, in linea con il miglioramento del livello di istruzione della popolazione. Si modifica la composizione settoriale delle nuove imprese, dove il comparto dei servizi acquista una rilevanza di molto superiore rispetto al passato. Nel 1985 il peso dell’industria manifatturiera era del 73%, attualmente è sceso al 54%; i servizi per le imprese sono aumentati, invece, dal 27% al 46%, grazie in particolare all’Ict. Cambiano, infine, le motivazioni che portano i neo imprenditori a creare l’attività: oggi la quota di chi ha deciso, spinto da circostanze avverse (insoddisfazione verso il lavoro precedente, mancanza di altre prospettive, ecc.) è raddoppiata rispetto al 1985, passando dal 19% al 38%.  
   
 

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