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Notiziario Marketpress di Giovedì 08 Marzo 2012
 
   
  I PROCESSI DI INTERNAZIONALIZZAZIONE DELLE IMPRESE DELL’AREA MILANESE - 2011

 
   
  Milano, 8 marzo 2012 - L’indagine, giunta alla nona edizione, raccoglie informazioni circa le modalità di presenza sui mercati esteri delle nostre imprese e le principali aree geografiche dove operano. Quest’anno hanno collaborato oltre 3.000 imprese, molte delle quali fornendo informazioni dettagliate sulla propria attività sui mercati internazionali. Dal quadro emerge come le imprese stiano proseguendo lungo un percorso, tracciato con particolare vigore negli anni di crisi, che le porta a prestare sempre maggiore attenzione nei riguardi di nuovi mercati di sbocco, soprattutto extraeuropei. E’ in atto un riposizionamento geografico, dalla vicina Europa verso le aree economiche a maggiore crescita, e un ripensamento delle strategie anche in termini di modalità di presenza sui mercati esteri: sono sempre più numerose le imprese che passano dalle esportazioni a forme più strutturate. Utili motivi di riflessione derivano anche dalle risposte delle imprese non internazionalizzate, che in molti casi rimangono all’interno dei nostri confini per una precisa scelta strategica, ma spesso per vincoli posti dalle piccole dimensioni o per difficoltà di varia natura cui vanno incontro le imprese quando intraprendono la sfida della competizione sui mercati mondiali. In tal senso si conferma l’importanza del supporto fornito dal Sistema Paese, ma si fa spazio anche ad altre soluzioni, prima fra tutte quella delle aggregazioni. · L’area milanese, un concentrato di imprese internazionalizzate - Il 60% delle imprese milanesi è attiva sui mercati esteri: è quanto emerge dalle indicazioni di 3.000 aziende associate ad Assolombarda che hanno collaborato all’indagine sui processi di internazionalizzazione del 2011. Il 70% delle imprese internazionalizzate sono realtà di piccole dimensioni (fino a 49 dipendenti), e la maggior parte di esse opera nel settore manifatturiero, in particolare nei comparti meccanico (17%), chimico-farmaceutico/gomma (16%), elettronico (12%) e metallurgico (12%). · In soli tre anni il rapporto tra esportazioni europee ed extraeuropee è profondamente cambiato: il Vecchio Continente pesa per il 40%, il resto del Mondo il 60%. · L’europa nel presente, ma guardando ai nuovi mercati - Le imprese internazionalizzate milanesi continuano ad essere concentrate soprattutto in Europa (in particolare in Francia, Germania e Spagna), ma nella graduatoria dei Paesi dove sono presenti sono in costante avvicinamento alle prime posizioni grandi mercati lontani - come gli Usa, la Cina e il Brasile - ma anche altri più in orbita europea, come Russia e Turchia. Queste aree sono anche al centro delle intenzioni di sviluppo nei prossimi tre anni. Questo radicale riposizionamento geografico delle imprese milanesi dai mercati europei verso quelli extraeuropei è un processo in atto già da qualche anno, che la crisi ha però accelerato. Lo confermano sia i dati microeconomici rilevati dell’indagine (in India, ad esempio, tra il 2009 e il 2011 la presenza di imprese internazionalizzate milanesi è aumentata del 55%) sia quelli macroeconomici relativi alle esportazioni della provincia di Milano: a fine 2008 i 45 miliardi erano equamente suddivisi tra paesi Ue-27 (23) e resto del Mondo (22), mentre a fine 2011 l’export verso l’Europa si è ridotto a 15 miliardi e quello verso i Paesi extraeuropei è tornato sui livelli pre-crisi (22). · Esportazioni, ma non solo - L’internazionalizzazione, per la quasi totalità delle imprese, avviene attraverso l’attività di esportazione: la quota del fatturato destinata ai mercati mondiali è mediamente elevata (36%), e per molte imprese arriva a superare il 50%. Le quote più elevate si registrano tra le imprese di più grandi dimensioni mentre, a livello settoriale, le imprese più export oriented sono quelle meccaniche, elettroniche e alimentari. La quota di export è aumentata rispetto al 2010 (+3,4%), grazie ad un andamento delle vendite più positivo sui mercati esteri rispetto a quello interno. Spesso i mercati internazionali vengono presidiati anche con una presenza diretta. Una presenza che nella maggior parte dei casi è di tipo commerciale (uffici di rappresentanza o filiali di vendita o assistenza), ma a volte è anche di tipo produttivo o addirittura con centri di ricerca: un’evidente evoluzione, quindi, verso forme più articolate di internazionalizzazione rispetto alla semplice attività di vendita. · L’estero, una fonte di approvvigionamento (anche di capitali …) - Aumenta la quota di imprese milanesi per le quali i mercati mondiali rappresentano non solo uno sbocco di vendita, ma anche un’importante fonte di approvvigionamento (e non solo di materie prime, ma anche di semilavorati e prodotti finiti): un segnale, questo, della crescente integrazione nelle filiere internazionali delle nostre imprese. Una parte delle nostre imprese è internazionalizzata in quanto è partecipata da capitale estero: un’apertura agli investitori internazionali ancora limitata a pochi casi, ma destinata ad aumentare per la maggiore disponibilità di aziende - soprattutto quelle di piccole dimensioni - a valutare questa opportunità. · La diversificazione geografica, una forma di flessibilità - In media, ogni impresa milanese internazionalizzata è attiva in ben 14 Paesi diversi: una strategia di diversificazione molto più diffusa che nella media nazionale, che dimostra rapidità di reazione e capacità di cogliere le opportunità che presentano mercati nuovi. E’ un dato che, tuttavia, presenta sostanziali differenze se si considerano le dimensioni aziendali: rispetto alle micro e alle piccole imprese che riescono a raggiungere, in media, solo 9 e 14 mercati, le imprese di medie dimensioni ne presidiano mediamente 23 e le grandi addirittura 30. Anche a livello settoriale le differenze sono molto significative, con le imprese alimentari e meccaniche che si collocano ampiamente al di sopra della media. Il dato sul numero di Paesi in cui le imprese sono attive può anche nascondere situazioni in cui il “business” dell’azienda è in gran parte concentrato su un unico mercato principale: in effetti, non sono rari i casi (13%, con punte del 19% tra le minori realtà) in cui le nostre imprese concentrano su un mercato principale la quasi totalità delle loro vendite estere, destinando a tutti gli altri Paesi solo una quota marginale. · Il Sistema Paese, il supporto che serve per superare gli ostacoli - Competere sui mercati mondiali non è certo una sfida facile, e gli ostacoli non mancano. Le dimensioni, ad esempio, sono spesso un freno per le nostre numerose Pmi, ma anche le differenze culturali diventano un vincolo importante in mercati che sono sempre più lontani dall’Europa e dal nostro Paese. Un sostegno alle imprese milanesi nei loro processi di internazionalizzazione viene dai vari Enti che costituiscono il nostro Sistema Paese: molto utilizzati sono i servizi offerti dalla Camera di Commercio e dalle banche, particolarmente apprezzati quelli forniti da Assolombarda e dalle altre Associazioni confindustriali. Nuovi spazi di offerta si sono creati per quei servizi di ricerca di partner esteri e di analisi di mercato che – nel vuoto lasciato dalla temporanea assenza dell’Ice - sono venuti a mancare, soprattutto alle realtà di minori dimensioni. · Le aggregazioni, un’opportunità per l’internazionalizzazione anche delle piccole imprese - Le ridotte dimensioni, spesso fattore di difficoltà per la competizione sui mercati mondiali, in molti casi impediscono l’avvio stesso del processo di internazionalizzazione: tra le imprese che decidono di rivolgersi solo al mercato interno, una su cinque dichiara di essere troppo piccola per sostenere i costi - non solo finanziari - della impegnativa sfida internazionale. Per tutte queste realtà l’aggregazione per l’internazionalizzazione rappresenta una concreta possibilità per estendere la propria attività al di fuori dei confini nazionali: una opportunità che un’azienda su tre comincia a valutare con interesse.  
   
 

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