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Notiziario Marketpress di Giovedì 08 Marzo 2012
 
   
  BRAVI MANAGER FANNO BUONI OSPEDALI PER GARANTIRE EQUITÀ NELL´ACCESSO ALLE CURE GLI STUDI DIMOSTRANO CHE LE AZIENDE SANITARIE DEVONO ASSICURARSI UN MANAGEMENT PREPARATO IN GRADO DI ASSICURARE LEADERSHIP E GESTIONE DELLA COMPLESSITÀ

 
   
   Milano, 8 marzo 2012 - Nell’ultimo anno sono stati pubblicati due rapporti di ricerca che riportano al centro dell’attenzione l’importanza del management quale snodo fondamentale nei percorsi di miglioramento delle performance aziendali in sanità. La ricerca di Mckinsey-lse Management in healthcare: why good practices really matters analizza 1.200 ospedali in sette paesi e trova correlazioni tra lo sviluppo di buone pratiche di management e le performance cliniche ed economiche. Una seconda ricerca pubblicata su Social science and medicine condotta nei top 100 ospedali Usa sulle performance in 16 diverse aree cliniche mostra poi che quando le buone pratiche di management sono applicate dai medici le performance sono migliori. Due ricerche che confermano ciò che in maniera aneddotica emergeva anche nel contesto italiano, dove è difficile replicare questo tipo di analisi per la relativa attendibilità che caratterizza le misure di performance dichiarate dalle aziende sanitarie o per l’assenza stessa di tali misure. Tuttavia, la strada indicata dagli studi è chiara: le buone pratiche di gestione, ciò che avrebbe dovuto caratterizzare il percorso di aziendalizzazione, sono un ingrediente fondamentale nel futuro delle sanità. Se non bastasse questo a orientare gli sforzi del nostro sistema sanitario a tenere alta la guardia sui processi di aziendalizzazione e di costruzione di una classe dirigente, occorre considerare anche che il livello delle sfide gestionali è in ascesa. Da un lato la crisi economica, dall’altro la complessità dei processi decisionali legati alle nuove tecnologie in cui equità-economia-etica si fondono, rendono critica la funzione di management interna all’azienda sanitaria, di fronte a una politica che le questioni spinose fatica ad affrontarle per carenza di competenze e per orientamento al consenso. Alcuni esempi sono temi caldi nell’agenda attuale della sanità: l’uso del farmaco innovativo, del medical device, della protesi ultratecnologica. Quando interrompere un trattamento a un paziente che non risponde? Quale protesi impiantare all’anziano con limitata speranza di vita? Quando avviare un trattamento che promette un guadagno di pochi mesi nella speranza di vita? Sono domande complesse, a forte valenza etica, che devono essere affrontate a fronte del rischio che risposte lasciate alla soggettività dei singoli professionisti producano grande variabilità nell’accesso e nell’equità delle cure e dell’assistenza. Inoltre, l’evoluzione verso la specializzazione dei clinici combinata con l’arricchimento delle opzioni terapeutiche e l’emergere di un paziente anziano più complesso e fragile richiedono lavoro multidisciplinare e di regolazione dei rischi di guerre di territorio in aree specialistiche caratterizzate da questa pluralità di opzioni. È quindi indispensabile lo sviluppo di una funzione di leadership e di gestione operativa per regolare un traffico in ospedale sempre più complesso. Non basterà a risolvere i problemi di universalità, equità e sostenibilità del Ssn italiano, ma è necessario per avviare un serio ragionamento che allontani le scelte dalle strumentalizzazioni politiche e professionali. Gli investimenti fatti negli ultimi 20 anni nel Ssn in formazione manageriale sono stati caratterizzati da carenza di visione di orientamento, da limitatezza di risorse, da ricorso a reti relazionali locali per ragioni di consenso. Oggi che non è più pensabile usare il sistema come un grande ammortizzatore sociale, è tempo di svilupparne la classe dirigente. Di Federico Lega, professore associato di economia aziendale e direttore del corso di laurea in economia e management delle amministrazioni pubbliche e delle istituzioni internazionali della Bocconi  
   
 

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