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Notiziario Marketpress di Lunedì 26 Marzo 2012
 
   
  GIUSTIZIA EUROPEA: GLI STATI MEMBRI POSSONO SOTTRARRE ALL’APPLICAZIONE DELL´ACCORDO-QUADRO SUL LAVORO A TEMPO DETERMINATO DEL 1999 I RAPPORTI DI FORMAZIONE PROFESSIONALE NONCHÉ I CONTRATTI DEFINITI NEL QUADRO DI UN PROGRAMMA SPECIFICO CHE USUFRUISCA DI CONTRIBUTI PUBBLICI

 
   
  Il signor Sibilio ha lavorato dal 1° luglio 1998 al 29 gennaio 2002 in qualità di lavoratore socialmente utile presso il servizio di stato civile del Comune di Afragola (Na). L’indennità da egli percepita per le attività svolte era inferiore alla retribuzione dei lavoratori dipendenti assunti da detto Comune, che svolgevano le medesime attività e avevano la sua stessa anzianità lavorativa. Il 29 gennaio 2002 egli è stato integrato nei servizi di detto Comune a seguito di una procedura di stabilizzazione. Ha quindi agito avverso il Comune in merito alla differenza tra l’importo delle indennità che egli ha percepito nella sua qualità di lavoratore socialmente utile e quello della retribuzione cui ritiene di avere diritto. Egli ha fatto valere che l´accordo-quadro sul lavoro a tempo determinato del 1999 (direttiva 1999/70) non ammetta una normativa nazionale, che rifiuta di considerare i lavoratori socialmente utili come lavoratori che svolgono un lavoro a tempo determinato, che esclude detti lavoratori dall’ambito di applicazione dell’accordo quadro e che autorizza nei loro confronti un trattamento meno favorevole di quello di cui beneficiano i lavoratori a tempo indeterminato che esercitano le stesse funzioni e hanno la medesima anzianità lavorativa. Il Tribunale di Napoli chiede alla Corte di giustizia se il rapporto stabilito tra i lavoratori socialmente utili e le amministrazioni pubbliche rientri nell’ambito di applicazione dell’accordo quadro. Indica che i lavoratori iscritti nelle liste di mobilità o i disoccupati di lunga durata sono utilizzati da più di un decennio per lavori o servizi di pubblica utilità. Le attività da essi svolte sono dirette normalmente a soddisfare le esigenze istituzionali degli enti utilizzatori e non obiettivi eccezionali. Il Comune, i governi italiano e polacco nonché la Commissione ritengono che la direttiva 1999/70 e l’accordo quadro non si applichino in quanto il legislatore dell’Unione, ha deciso di dare alle nozioni di «rapporto di lavoro» e di «lavoratore» il senso attribuito dalla normativa nazionale, dai contratti collettivi e dalla prassi nazionale in vigore nello Stato membro interessato. La Corte ricorda innanzitutto che l’accordo quadro muove dalla premessa che i contratti di lavoro a tempo indeterminato rappresentano la forma comune dei rapporti di lavoro mentre soltanto in alcune circostanze i contratti di lavoro a tempo determinato sono atti a rispondere alle esigenze sia dei datori di lavoro che dei lavoratori. In tale prospettiva, l’accordo quadro è inteso a delimitare il ripetuto ricorso a contratti a tempo determinato, prevedendo disposizioni di tutela minima volte ad evitare la precarizzazione dei lavoratori dipendenti e vietando di trattare i lavoratori a tempo determinato in modo meno favorevole dei lavoratori a tempo indeterminato comparabili per il solo fatto di avere un contratto a tempo determinato. Tuttavia, al fine di beneficiare della tutela risultante dall’accordo quadro, il rapporto di lavoro deve rientrare nell’ambito di applicazione di tale accordo. Inoltre, anche se il giudice del rinvio dovesse giungere alla conclusione che il rapporto costituisce, in realtà, un rapporto di lavoro ai sensi del diritto nazionale, l’accordo quadro conferisce agli Stati membri un margine di discrezionalità riguardo alla sua applicazione a talune categorie di contratti. Esso offre infatti agli Stati membri la facoltà di sottrarre al campo di applicazione di tale accordo i rapporti di formazione professionale nonché i contratti definiti nel quadro di un programma specifico che usufruisca di contributi pubblici. Nel caso di specie emerge che i lavori socialmente utili sarebbero effettuati nell’ambito di programmi specifici di inserimento o di riqualificazione professionale pubblici o che usufruiscano di contributi pubblici. La Corte ritiene pertanto che l´accordo quadro non osta ad una normativa nazionale che prevede che il rapporto tra i lavoratori socialmente utili e le amministrazioni pubbliche non rientri nell’ambito di applicazione di detto accordo quadro, qualora tali lavoratori non beneficino di un rapporto di lavoro quale definito dalla legge, dai contratti collettivi o dalla prassi nazionale in vigore, oppure gli Stati membri e/o le parti sociali abbiano sottratto all’applicazione di tale accordo i rapporti di formazione professionale nonché i contratti definiti nel quadro di un programma specifico che usufruisca di contributi pubblici. Spetta al giudice nazionale verificare tale circostanza. Per questi motivi, la Corte (Sesta Sezione) dichiara: La clausola 2 dell’accordo quadro sul lavoro a tempo determinato, concluso il 18 marzo 1999, che compare in allegato alla direttiva 1999/70/Ce del Consiglio, del 28 giugno 1999, relativa all’accordo quadro Ces, Unice e Ceep sul lavoro a tempo determinato, deve essere interpretata nel senso che essa non osta ad una normativa nazionale, come quella di cui al procedimento principale, che prevede che il rapporto costituito tra i lavoratori socialmente utili e le amministrazioni pubbliche per cui svolgono le loro attività non rientri nell’ambito di applicazione di detto accordo quadro, qualora, circostanza che spetta al giudice del rinvio accertare, tali lavoratori non beneficino di un rapporto di lavoro quale definito dalla legge, dai contratti collettivi o dalla prassi nazionale in vigore, oppure gli Stati membri e/o le parti sociali abbiano esercitato la facoltà loro riconosciuta al punto 2 di detta clausola. (Sentenza nella causa C-157/11, Giuseppe Sibilio/comune di Afragola)  
   
 

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