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Notiziario Marketpress di Lunedì 26 Marzo 2012
 
   
  GIUSTIZIA EUROPEA: UNA NORMATIVA NAZIONALE PUÒ DISPORRE LA NULLITÀ DI UN CONTRATTO STIPULATO TRA UN CONSUMATORE ED UN PROFESSIONISTA CONTENENTE UNA CLAUSOLA ABUSIVA, QUALORA CIÒ GARANTISCA UNA MIGLIORE TUTELA DEL CONSUMATORE

 
   
  Il diritto dell’Unione, in linea di principio, mira soltanto ad eliminare le clausole abusive ma consente agli Stati membri di garantire al consumatore un livello di tutela più elevato La direttiva 93/13 prevede che le clausole abusive di un contratto stipulato tra un consumatore e un professionista imposte da quest’ultimo non vincolano il consumatore. Al riguardo, una clausola deve essere considerata abusiva se, in contrasto con il requisito della buona fede, determina, a danno del consumatore, un significativo squilibrio tra i diritti e gli obblighi delle parti derivanti dal contratto. Tuttavia, il contratto contenente una clausola siffatta resta vincolante per le parti, se esso può continuare a sussistere senza la medesima. La sig.Ra Pereničová ed il sig. Perenič hanno ottenuto un credito di Skk 150 000 (Eur 4 979) dalla Sos, istituto non bancario che concede crediti al consumo mediante contratti standard. In forza del contratto di credito, il prestito deve essere rimborsato in 32 rate mensili di Skk 6 000 (Eur 199) l’una, alle quali si aggiunge una trentatreesima rata pari all’importo del credito concesso. I mutuatari sono pertanto tenuti a restituire la somma di Skk 342 000 (Eur 11 352). Il tasso annuo effettivo globale (Taeg) del credito – ovvero la totalità delle spese associate al credito a carico del consumatore – è stato indicato in detto contratto al 48,63%, mentre, secondo il calcolo effettuato dal giudice slovacco che interroga la Corte di giustizia, esso ammonta, in realtà, al 58,76%. La sig.Ra Pereničová ed il sig. Perenič hanno proposto ricorso dinanzi l’Okresný súd Prešov (Tribunale distrettuale di Prešov, Slovacchia), al fine di far accertare che il contratto contiene diverse clausole abusive, quale l’inesatta indicazione del Taeg, e la nullità del contratto nel suo complesso. Il giudice slovacco chiede alla Corte se la direttiva gli consenta di dichiarare la nullità di un contratto con un consumatore contenente clausole abusive qualora tale soluzione sia più favorevole al consumatore. Infatti, come rilevato dal giudice nazionale, nell’ipotesi di dichiarazione di nullità, i consumatori sarebbero tenuti a versare soltanto gli interessi di mora, al tasso del 9%, e non l’insieme delle spese per la concessione del credito, che sarebbero ben più elevate di tali interessi. Nella sua sentenza odierna, la Corte rammenta, innanzitutto, che la finalità della direttiva consiste nell’eliminare le clausole abusive contenute nei contratti con i consumatori, salvaguardando al contempo, ove possibile, la validità del contratto nel suo complesso, e non nell’annullare tutti i contratti contenenti clausole siffatte. Inoltre, con riferimento ai criteri che permettono di valutare se un contratto possa effettivamente essere mantenuto in assenza delle clausole abusive, la Corte rileva che occorre adottare un approccio obiettivo secondo il quale la posizione di una delle parti del contratto, nella fattispecie quella del consumatore, non può essere presa in considerazione quale criterio determinante per disciplinare la sorte futura del contratto. Di conseguenza, la direttiva osta a che, nel valutare se un contratto contenente una o diverse clausole abusive possa essere mantenuto in vigore in assenza di dette clausole, siano presi in considerazione unicamente gli effetti favorevoli, per il consumatore, derivanti dall’annullamento di detto contratto nel suo complesso. Tuttavia, la Corte rileva che la direttiva ha effettuato solo un’armonizzazione parziale e minima delle legislazioni nazionali relative alle clausole abusive, riconoscendo al contempo agli Stati membri la possibilità di garantire al consumatore un livello di tutela più elevato di quello previsto dalla stessa. Di conseguenza, la direttiva ammette una normativa nazionale adottata da uno Stato membro nel rispetto del diritto dell’Unione, la quale permetta di dichiarare la nullità complessiva di un contratto stipulato tra un professionista ed un consumatore e contenente una o più clausole abusive, qualora ciò risulti garantire una migliore tutela del consumatore. Infine, la Corte constata che una pratica commerciale consistente nell’indicare in un contratto di credito un Taeg inferiore a quello reale costituisce una falsa informazione quanto al costo complessivo del credito che deve essere qualificata come pratica commerciale ingannevole ai sensi della direttiva sulle pratiche commerciali sleali, allorché induce o è idonea ad indurre il consumatore medio ad assumere una decisione di natura commerciale che non avrebbe altrimenti preso. Secondo la Corte, se è vero che tale circostanza rappresenta un elemento tra gli altri che può essere preso in considerazione ai fini dell’accertamento del carattere abusivo delle clausole di un contratto ai sensi della direttiva sulle clausole abusive, essa non è tuttavia idonea a dimostrare automaticamente e di per sé il carattere abusivo di tali clausole. Infatti, prima che ci si possa pronunciare sulla qualificazione delle clausole di cui trattasi devono essere esaminate tutte le circostanze proprie al caso di specie. Del pari, l’accertamento del carattere sleale di una pratica commerciale non ha diretta incidenza sulla questione se il contratto nel suo complesso sia valido. (Corte di giustizia dell’Unione europea, 15 marzo 2012, Sentenza nella causa C‑453/10, Jana Pereničová e Vladislav Perenič /Sos financ spol. S r.O)  
   
 

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