Pubblicità | ARCHIVIO | FRASI IMPORTANTI | PICCOLO VOCABOLARIO
 













MARKETPRESS
  Notiziario
  Archivio
  Archivio Storico
  Visite a Marketpress
  Frasi importanti
  Piccolo vocabolario
  Programmi sul web








  LOGIN


Username
 
Password
 
     
   


 
Notiziario Marketpress di Mercoledì 21 Marzo 2012
 
   
  GLI ESPERTI: “VACCINAZIONE E CORRETTA INFORMAZIONE PER PROTEGGERE ANCHE GLI ADULTI”

 
   
  Roma 21 Marzo 2012 – In Senato, alla presenza di Istituzioni e Clinici, resi noti i risultati della ricerca ‘Anziani ma non troppo: indagine sulla percezione delle vaccinazioni, della polmonite pneumococcica e della sua prevenzione’ condotta dal Censis, con il supporto di Pfizer. Tra i dati emersi sulla conoscenza e propensione alla vaccinazione contro la polmonite da pneumococco negli adulti e negli anziani italiani si è evidenziato come non sempre l’accesso all’informazione si traduca in reale conoscenza e crei consapevolezza rispetto a obiettivi di prevenzione. È vero che la polmonite costituisce una patologia ben nota ai 50-80enni italiani (96,0%), che ne conoscono appieno la potenziale letalità (91,0%) e la lunghezza dei tempi di recupero (76,8%), ma risultano ignorati alcuni importanti fattori di rischio, in particolare l’età avanzata (citata in sesta posizione nella graduatoria formata sulla base della frequenza di risposte da poco più della maggioranza, il 59,8%) e la presenza di patologie croniche (42,7%), così come alcune conseguenze delle polmoniti più gravi (setticemia/peritonite e meningite, indicate come complicanze rispettivamente dal 17,5% e dall’11,9%). “Come Associazione Parlamentare per la tutela e la promozione del diritto alla prevenzione non possiamo che essere promotori e allo stesso modo di supporto ad iniziative come questa. È indispensabile, infatti, che vengano fatte ricerche che possano testimoniare se e quanto la popolazione italiana si renda conto dei rischi che alcune malattie possano recare.” Ha spiegato il Sen. Antonio Tomassini, Presidente Xii Commissione Igiene e Sanità del Senato e Presidente dell’Associazione Parlamentare per la Tutela e la Promozione del Diritto alla Prevenzione. “È altresì importante che si faccia seguito a tutto ciò con Campagne di prevenzione mirate che evitino che una malattia come la polmonite possa ancora essere una patologia così frequente”. Ha aggiunto il Senatore Tomassini. Sull’aspetto della scarsa conoscenza della vaccinazione pesa senz’altro la qualità delle informazioni a disposizione: va segnalato che l’esperienza e la consuetudine alla vaccinazione annuale contro l’influenza incidono sull’attenzione nei confronti della vaccinazione contro lo pneumococco. Il 46,2% di coloro che si vaccinano ogni anno per l’influenza manifesta interesse nei confronti della vaccinazione anti-polmonite pneumococcica, mentre il dato scende al 18,8% per coloro che non vi si sono mai sottoposti, a fronte di una media di interessati che supera di poco il 30% del campione. “L’opportunità che ci viene offerta da un nuovo vaccino per la prevenzione delle polmoniti da pneumococco va assolutamente sfruttata con Campagne vaccinali in cui tutte le componenti, dalla sanità pubblica, ai medici di medicina generale e ai medici specialisti devono impegnarsi a raggiungere obiettivi di copertura vaccinale nella popolazione adulta che siano almeno paragonabili a quelli della vaccinazione antiinfluenzale. Pertanto la ricerca scientifica e l’organizzazione della medicina del territorio e di sanità pubblica sono le armi vincenti per prevenire le polmoniti in età adulta, tuttora troppo sottovalutate”. Ha detto Michele Conversano, Presidente Designato della Società Italiana di Igiene (Siti). Di sicuro nella facilitazione al raggiungimento di un simile obiettivo gioca un ruolo importante il fatto che il nuovo vaccino anti-pneumococco ha il vantaggio di essere somministrato in un’unica dose che garantisce una produzione di anticorpi sufficientemente elevata e un’immunità di lunga durata. Grandi aspettative sono riposte nella funzione informativa del medico di medicina generale: il 75,5% lo indica come la fonte d’elezione per reperire maggiori informazioni sulla vaccinazione, mentre l’80,4% afferma che l’indicazione del proprio medico curante farebbe scattare l’interesse nei confronti della vaccinazione antipneumococcica. “Si tratta di un’indicazione importante: nel mare spesso generico dell’informazione sanitaria e a fronte del prevalere della dimensione soggettiva dell’auto percezione della propria condizione, il riferimento autorevole al proprio medico si delinea come un elemento strategico nell’adozione consapevole di reali strategie individuali di promozione della salute”. Ha raccontato e concluso la dottoressa Concetta Maria Vaccaro, Responsabile Welfare del Censis. Indagine Censis sulla percezione delle vaccinazioni e della polmonite nell’adulto - L’indagine si è posta l’obiettivo di analizzare la diffusione delle conoscenze sulla polmonite e verificare il livello di sensibilizzazione e di fiducia riposta nella prevenzione vaccinale. La polmonite costituisce una patologia ben nota ai 50-80enni italiani (96,0%), che ne conoscono appieno la potenziale letalità (91,0%) e la lunghezza dei tempi di recupero (76,8%), anche grazie alla condivisione di una accezione popolare che traspare dalle conoscenze dichiarate dagli intervistati. Di essa, tuttavia, ignorano alcuni importanti fattori di rischio, in particolare l’età avanzata (citata in sesta posizione nella graduatoria formata sulla base della frequenza risposte da poco più della maggioranza, 59,8%) e la presenza di patologie croniche (42,7%), così come alcune conseguenze particolarmente pericolose delle polmoniti più gravi (setticemia/peritonite e meningite, citate come complicanze rispettivamente dal 17,5% e dall’11,9%). Nonostante sia diffuso il senso della pericolosità della patologia, solo il 41,6% dei 50-80enni italiani è consapevole dell’esistenza del vaccino contro la polmonite provocata da Pneumococco e una percentuale ancora inferiore (31,4%) esprime interesse verso questa forma di prevenzione. La scarsa conoscenza del vaccino è sicuramente imputabile alla qualità delle informazioni a disposizione: anche quanti sono avvertiti dell’esistenza della terapia vaccinale hanno un quadro confuso dei potenziali destinatari e tendono a sottovalutare l’indicazione per gli anziani. Un deficit per ovviare al quale gli intervistati ritengono fondamentale il ruolo del medico di medicina generale: il 75,5% lo richiama come la fonte d’elezione per reperire maggiori informazioni sulla vaccinazione. A favorire il disinteresse si aggiunge un sentimento diffuso di alterità dei 50-80enni italiani nei confronti della patologia. Gli intervistati, infatti, pur riconoscendone la gravità, sottovalutano in larghe quote il nesso causale tra indebolimento delle difese immunitarie provocato dall’avanzamento anagrafico (poco meno della metà del campione è convinto che l’età costituisca certamente un fattore di rischio per la salute) e la possibilità di contrarre la patologia (il 60% circa di quanti si dicono non interessati al vaccino lo fanno poiché non si percepiscono come soggetti a rischio).Un atteggiamento che si ‘salda’ al rifiuto di “sentirsi anziani” che la maggioranza del campione esprime: è l’85,1% dei 50-80enni intervistati a rigettare tale etichetta, una consapevolezza condivisa anche da coloro che sono più in là con gli anni e dai più fragili (il 67,2% 71-80enni e il 79,9% di chi soffre di una patologia cronica). I 50-80enni italiani si percepiscono, infatti, generalmente in salute (il 16,6% valuta ottimo il proprio stato di salute e il 63,4% buono anche se con qualche piccolo disturbo) e sebbene riconoscano che l’insorgenza di un problema di salute possa rappresentare l’evento soglia di accesso alla vecchiaia (52,2%), tale eventualità non sembra catalizzare le loro preoccupazioni (il 24,4% a fronte del 36,2% che si dichiara sereno). Un atteggiamento che, se da un lato è indice di un approccio positivo, dall’altro può provocare pericolose sottovalutazioni. La dimensione soggettiva, prevalente anche nella terza età e nella stessa auto-percezione del proprio stato di salute, spiega perché gli italiani over50, pur riconoscendo in circa un caso su due che l’avanzare dell’età predispone a una maggiore incidenza di malattie infettive, si sentano in larga misura lontani da una condizione di rischio e non si identifichino pertanto come possibili destinatari di una vaccinazione per una patologia di cui pure riconoscono la pericolosità. Polmonite e Pneumococco: patologie, età e fattori di rischio - Che cos’è? La polmonite è la malattia dei polmoni e del sistema respiratorio in cui gli alveoli polmonari si infiammano e si riempiono di liquido, ostacolando la funzione respiratoria. La polmonite può essere di origine virale oppure batterica. I batteri più frequentemente responsabili della polmonite sono lo Streptococcus pneumoniae (causa del 20-60% di tutte le polmoniti), l´Haemophilus influentiae, il Mycoplasma pneumoniae e la Legionella pneumophila. Lo pneumococco è in assoluto il patogeno più frequentemente implicato nelle polmoniti, in qualunque fascia d’età e setting di pazienti (non ospedalizzati, ospedalizzati o in terapia intensiva). I numeri della polmonite - Secondo i dati sulla mortalità pubblicati dall’Istat, nel 2008 sono morte per polmonite 6.905 persone con più di 65 anni [1]. Secondo i dati riportati dal Rapporto annuale sull’attività di ricovero ospedaliero, nel 2009 ci sono stati 134.220 soggetti dimessi per polmonite: di questi circa l’80% erano soggetti con più di 65 anni. Nel 2009 la polmonite ha rappresentato la 6° causa di ospedalizzazione in Italia. [2] Il costo stimato per il Servizio Sanitario Nazionale è di circa 500 milioni di euro[3]. Le stime indicano un’incidenza annuale di 1,69 casi negli uomini e 1,71 casi nelle donne ogni 1.000 abitanti[4]. Quali sono le conseguenze? La polmonite può comportare gravi complicanze negli anziani fino al decesso: è comune infatti che a seguito di una polmonite grave intervengano insufficienza respiratoria, insufficienza cardiaca (il cuore non riceve più sangue propriamente ossigenato) e da questo uno shock cardio-circolatorio. L’infezione nel sangue può inoltre degenerare in setticemia. Quali sono i sintomi della polmonite batterica e come si effettua la diagnosi? Nelle polmoniti batteriche i germi si moltiplicano negli alveoli polmonari dando il via a un processo infiammatorio che porta alla formazione di essudati (liquidi infiammatori), la cui presenza provoca una riduzione dell’ossigenazione del sangue. In persone con malattie polmonari croniche la conseguenza è la dispnea (fiato corto), tanto maggiore quanto più è ampia l’area interessata. Altri segnali precoci e tipici delle polmoniti batteriche sono la tosse e la febbre. Nell’effettuare la diagnosi si nota nella radiografia delle forme batteriche un tipico imbiancamento dell’area interessata, per la presenza di essudato che filtra i raggi X. Sono inoltre possibili alcuni test: coltura dell’espettorato, emocoltura, ricerca dell’antigene urinario e test più sensibili come le metodiche di biologia molecolare. Polmonite Pneumococcica Batteriemica - La polmonite pneumococcica Batteriemica è così definita perché l’infezione causata dal batterio pneumococco non resta confinata ai polmoni, ma sconfina nel sangue, e tramite questo può compromettere altri tessuti. Circa l’80% delle patologie gravi causate dallo pneumococco negli adulti/anziani sono polmoniti batteriemiche[5]. Gli studi clinici pubblicati in letteratura, volti a verificare l’agente patogeno responsabile delle polmoniti gravi, riportano che: · lo pneumococco è il patogeno più frequentemente implicato nei pazienti con polmoniti ricoverati in terapia intensiva[6] · la polmonite pneumococcica rimane la forma più comune di polmonite comunitaria associata a batteriemia – fino al 60% dei casi associata a infezione nel sangue Dal momento che l’emocoltura (il test per verificare la presenza di batteri nel sangue) nelle persone ammesse in ospedale con sospetto di polmonite non viene effettuata di routine, gran parte di queste forme possono essere identificate come polmoniti, ma non vengono attribuite con certezza allo pneumococco e definite come batteriemiche, perché non se ne verifica la presenza nel sangue. Lo pneumococco è un batterio che tutti noi ospitiamo nel naso-faringe in una convivenza generalmente innocua. A seconda del tipo di zuccheri presenti sulla sua superficie, esistono circa 90 sottotipi di questa tipologia di batterio, alcuni più inoffensivi, altri più predisposti a innescare malattie. Patologie - Il batterio colpisce sostanzialmente due fasce di età: i bambini fino ai 5 anni, e gli adulti a partire dai 50 anni, in cui aumenta la frequenza con cui lo pneumococco diffonde dal naso-faringe verso i polmoni, le orecchie e le meningi cerebrali innescando patologie diverse, tra cui le più frequenti: · la meningite, soprattutto nei bambini · la polmonite, soprattutto negli anziani · le otiti, tipiche dei bambini. Fattori di rischio - Lo pneumococco innesca patologie più facilmente in quelle persone che hanno difese immunitarie più deboli a causa di: · particolari età legate a difese immunitarie non ottimali, come i bambini piccoli e gli ultra65enni · fumo · malattie croniche cardiovascolari, come l’ipertensione e lo scompenso cardiaco · il diabete · malattie croniche polmonari, come la bronchite cronica (Bpco), o l’asma · malattie croniche renali, come nefriti, nefrosi o insufficienza renale · malattie croniche epatiche, come cirrosi ed altre conseguenze da abuso di alcool asportazione o malfunzionamento della milza.  
   
 

<<BACK