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Notiziario Marketpress di Giovedì 22 Marzo 2012
 
   
  UMBRIA, ART. 18 E RIFORMA DEL MERCATO DEL LAVORO: UN PASSO INDIETRO DAL GOVERNO

 
   
  Perugia, 22 marzo 2012 - Di seguito una dichiarazione Dall’assessore regionale Stefano Vinti: “La protervia del Governo sulla riforma dell’art. 18 e le dichiarazioni del Presidente Monti, che lascia intendere la volontà di procedere a dispetto della Cgil, rasentano l’incredibile. Il Governo con un colpo di mano vuole cancellare un sistema consolidato di tutele e ammortizzatori sociali, a cominciare appunto dall’articolo dello Statuto dei Lavoratori, e contemporaneamente un metodo di concertazione ultradecennale. Difficile non scorgere la cristallina volontà dell’esecutivo del voler approfittare di una congiuntura economica difficile per scardinare l’impianto delle garanzie e delle tutele nel nostro Paese. Prima la riforma delle pensioni ora la riforma del mercato del lavoro, una tenaglia in cui a farne le spese sono soprattutto i lavoratori che rischiano di essere lasciati in balia del mercato e delle esigenze delle imprese con contratti nazionali sempre più marginali e deboli. Abbiamo appreso da fonti autorevoli, Eurostat e Ocse, quanto la teoria che vorrebbe il lavoro in Italia come il piombo nelle ali per il rilancio dell’economia nazionale sia destituita di ogni fondamento. I lavoratori italiani lavorano in media più ore dei loro colleghi europei con stipendi e salari che sono tra i più bassi nel vecchio continente. Nel 2003, con l’introduzione della legge 30, sembrava che la flessibilità, leggasi precarietà, rappresentasse la panacea di tutti i mali. Oggi si insiste sulla stessa strada senza rendersi conto che, da un lato, sono proprio quelle scelte che hanno contribuito all’impoverimento generale e generalizzato dei lavoratori italiani, dall’altro che sarebbe opportuno rafforzane le tutele e lo stato sociale per uscire dalla crisi e non il contrario. Maggior libertà di licenziamento non contribuisce a far crescere l’occupazione ma aumenta solo gli effetti sociali devastanti della crisi economica. Analogamente il taglio degli ammortizzatori sociali, riducendo ruolo, entità e durata della cassa integrazione in deroga, penalizza sia chi il lavoro ce l’ha sia chi lo perde. Tutto questo considerato è scontato il giudizio negativo su una manovra che rischia di avere pesanti ripercussioni negli anni avvenire su coloro che continueranno a pagare il costo più alto di una crisi pur non avendone alcuna responsabilità. Il 23 marzo del 2002 scesero in piazza tre milioni di persone in difesa dell’art. 18, contro chi voleva mettere un’ipoteca pesante sul loro futuro e su quello dei loro figli. Possibile che ciò che allora non andava bene diventa oggi invece una iniziativa da sostenere? Una domanda che poniamo a tutti gli attori coinvolti nella difficile trattativa di questi giorni ma che vogliamo rivolgere soprattutto a quelle forze politiche presenti in Parlamento che dieci anni fa riempirono il Circo Massimo. “  
   
 

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