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Notiziario Marketpress di Lunedì 07 Maggio 2012
 
   
  GIUSTIZIA EUROPEA: UNO STATO MEMBRO PUÒ PREVEDERE CHE UNA CLAUSOLA CONTRATTUALE ABUSIVA DICHIARATA NULLA IN SEGUITO AD UN RICORSO COLLETTIVO PROMOSSO DA UN’AUTORITÀ PER LA TUTELA DEI CONSUMATORI NEI CONFRONTI DI UN PROFESSIONISTA NON PRODUCA EFFETTI VINCOLANTI PER ALCUN CONSUMATORE CHE ABBIA STIPULATO CON TALE PROFESSIONISTA UN CONTRATTO AL QUALE SI APPLICANO LE MEDESIME CONDIZIONI GENERALI

 
   
  Tale previsione costituisce un mezzo adeguato ed efficace per far cessare l’utilizzazione delle clausole abusive La direttiva concernente le clausole contrattuali abusive dispone che i consumatori non siano vincolati da clausole siffatte figuranti in un contratto stipulato con un professionista. In Ungheria, il Nemzeti Fogyasztóvédelmi Hatóság (autorità nazionale per la tutela dei consumatori) può chiedere all’autorità giudiziaria di dichiarare la nullità di una clausola abusiva figurante in un contratto stipulato con i consumatori ove l’utilizzo di una clausola siffatta da parte di un professionista riguardi un numero considerevole di consumatori o determini un danno significativo. Secondo la legislazione ungherese la dichiarazione, promanante da un giudice, di nullità di una clausola abusiva a seguito di tale ricorso collettivo (actio popularis) si applica ad ogni consumatore che abbia stipulato un contratto con un professionista nel quale figuri tale clausola. Detta autorità ungherese aveva ricevuto un numero significativo di denunce di consumatori nei confronti della società Invitel, operatore di telefonia fissa, poichè quest’ultima aveva unilateralmente introdotto nelle condizioni generali dei contratti di abbonamento una clausola che le conferiva il diritto di fatturare a posteriori «spese di vaglia» ai clienti, ovvero costi applicati in caso di pagamento delle fatture attraverso vaglia postale. Inoltre, le modalità di calcolo di tali spese di vaglia non erano state descritte nei contratti. Ritenendo che la clausola costituisse una clausola contrattuale abusiva, l’autorità ha chiesto ai giudici ungheresi di accertarne la nullità e di ordinare il rimborso ai clienti della Invitel delle somme indebitamente percepite quali «spese di vaglia». Il Pest Megyei Bíróság (tribunale distrettuale di Pest, Ungheria), investito della controversia, chiede in sostanza alla Corte di giustizia se la disposizione ungherese che permette a qualunque consumatore interessato di beneficiare degli effetti giuridici della dichiarazione di nullità di una clausola abusiva, pronunciata a seguito di un ricorso collettivo, sia conforme alla direttiva. Nell’odierna sentenza la Corte rammenta, in primo luogo, che la direttiva obbliga gli Stati membri ad accordare la possibilità per persone o enti che abbiano un interesse legittimo a tutelare i consumatori di adire le autorità giudiziarie con un’azione inibitoria affinché queste accertino se clausole redatte per un uso generalizzato presentino un carattere abusivo e, all’occorrenza, ne vietino l’utilizzo. In proposito la Corte precisa tuttavia che la direttiva non mira ad armonizzare le sanzioni applicabili nell’ipotesi di riconoscimento del carattere abusivo di una clausola nell’ambito dei procedimenti promossi da tali persone o enti. Successivamente la Corte rileva che l’attuazione effettiva dell’obiettivo dissuasivo delle azioni collettive esige che le clausole dichiarate abusive nell’ambito di un’azione siffatta promossa avverso il professionista non vincolino né i consumatori che siano eventualmente parti nel procedimento né quelli che non lo siano, ma che abbiano stipulato con detto professionista un contratto al quale si applicano le medesime condizioni generali. In tale contesto, la Corte sottolinea che azioni collettive dirette all’eliminazione delle clausole abusive possono del pari essere promosse prima della loro utilizzazione in contratti. In queste circostanze, la Corte constata che la legislazione ungherese rispecchia l’orientamento della direttiva secondo la quale gli Stati membri sono tenuti a garantire che esistano mezzi adeguati ed efficaci per far cessare l’utilizzazione delle clausole abusive. Ne consegue che tale legislazione è compatibile con la direttiva. La Corte aggiunge che i giudici nazionali debbono, anche per l’avvenire, trarre d’ufficio tutte le conseguenze che derivano dall’accertamento, nell’ambito di un’azione inibitoria, della nullità, sicché la clausola abusiva non vincola i consumatori che abbiano stipulato un contratto contenente una clausola siffatta e al quale si applicano le medesime condizioni generali. Infine, quanto alla valutazione del carattere abusivo della clausola contestata dell’Invitel, la Corte risponde che essa deve essere condotta dal giudice nazionale. Nell’effettuare tale valutazione, il giudice ungherese dovrà verificare in particolare se, alla luce di tutte le clausole figuranti nel contratto, nonché della legislazione nazionale applicabile, i motivi o le modalità di variazione delle spese collegate al servizio da prestare siano descritti in modo chiaro e comprensibile e se i consumatori dispongano della facoltà di porre termine al contratto. (Corte di giustizia dell’Unione europea, Lussemburgo, 26 aprile 2012, Sentenza nella causa C‑472/10, Nemzeti Fogyasztóvédelmi Hatóság / Invitel Távközlési Zrt)  
   
 

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