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Notiziario Marketpress di Giovedì 03 Maggio 2012
 
   
  UE - ANTONIO TAJANI, ACCESSO AL CREDITO: LE IMPRESE NON POSSONO PIÙ ASPETTARE

 
   
  Bruxelles, 3 maggio 2012 - Con la crisi il nodo dell´accesso al credito mette sempre più a rischio la sopravvivenza stessa di migliaia di Pmi italiane. Gli ultimi dati diffusi dalla Commissione e dalla Banca centrale europea (Bce) sono eloquenti: solo 2 imprese su 3 ottengono il credito richiesto. La scorsa settimana Confindustria ha rinnovato l´allarme, rilevando che i prestiti alle imprese si sono ridotti di 60 miliardi tra novembre e gennaio. Non bastasse, anche il costo del credito è salito di oltre un punto da giugno scorso, superando il 4% all´inizio dell´anno. A questo si aggiunge una situazione insostenibile sul fronte dei ritardi di pagamento della Pubblica Amministrazione che deve ai privati circa 70 miliardi di euro, pari al 4% del Pil, poco meno della metà dei debiti scaduti di tutti i 27 Stati membri. A completare questo quadro, il record di fallimenti registrati nel 2011, ben 11.600, dato mai toccato dall´inizio della crisi. E un 2012 iniziato sotto i peggiori auspici, con una stima di almeno 50mila posti persi nelle Pmi e un drammatico aumento dei suicidi tra disoccupati e imprenditori in difficoltà come risulta dal rapporto Eures appena pubblicato. Stretta creditizia, ritardi di pagamento, burocrazia, aumento degli oneri fiscali, uniti al calo della domanda interna per una recessione che appare sempre più pesante, sono una miscela esplosiva che rende quasi proibitivo fare impresa. Per uscire dalla crisi e rilanciare la competitività delle nostre imprese bisogna partire, prima di tutto, dall´accesso ai capitali. Senza questi non è possibile investire, innovare, assumere nuovo personale, andare su nuovi mercati. La decisione di Draghi di abbassare i tassi e fornire liquidità per oltre 1000 miliardi al sistema bancario è stata essenziale per arginare la crisi. Tuttavia, l´economia reale non ha ancora avuto il pieno dividendo. Seppure un quarto di questi fondi sia andato a banche italiane per aiutare la patrimonializzazione, fornire ossigeno ai titoli di Stato e, con l´auspicio di rilanciare il credito, solo i primi due obiettivi sembrano essere stati perseguiti. Molte banche, infatti, hanno usato parte della liquidità per comprare titoli di Stato, che poi sono tornati alla Bce a garanzia di ulteriori fondi. Fin dall´inizio del mio mandato, ho considerato l´accesso al credito il vero punto nevralgico della politica europea per la tenuta del tessuto industriale e, in particolare, delle Pmi. Per questo sto portando avanti una strategia basata su più fondi Ue in garanzia per credito e venture capital, un ruolo più attivo della Banca Europea d´Investimento (Bei), la creazione di un mercato europeo del capitale di rischio, criteri di Basilea Iii adattati alle esigenze delle Pmi. E l´attuazione immediata della direttiva sui ritardi di pagamento che potrebbe liberare 180 miliardi – di cui 70 solo in Italia - di crediti vantati nei confronti della pubblica amministrazione, evitando il fallimento e la disperazione di molti imprenditori. Questa direttiva, approvata un anno fa, prevede pagamenti entro 30 giorni, con limitate eccezione fino a 60, pena interessi di mora dell´8%. Gli Stati Ue devono attuarla in maniera corretta e completa entro il termine ultimo di marzo 2013 per evitare procedure d´infrazione da parte della Commissione. Non vedo differenze tra l´obbligo, non solo giuridico ma anche morale, di pagare le tasse e quello della Pubblica Amministrazione di onorare puntualmente i propri debiti. Considerato che nella congiuntura attuale anche 12 mesi possono essere fatali per molte Pmi, ho chiesto ai ministri dei 27 di attuare la direttiva al più presto, con risposte positive da parte di molti. Anche con il Ministro Passera è emersa piena sintonia su questo punto; e il governo sta lavorando a una soluzione, anche in collaborazione con il sistema bancario. Ma bisogna fare presto, anche considerato che da noi, in controtendenza con il resto dell´Ue, i tempi di pagamento si stanno allungando ulteriormente passando da una media di 120 giorni nel 2009 agli attuali 180. Questi debiti esistono. E non è sacrificando le imprese che si risolve il problema dei conti. Il rischio è invece di ottenere il risultato opposto. Far mancare questi capitali, adesso, alle Pmi, significa aumentarne la mortalità, costringerle a licenziare o, comunque, a non crescere. Con danno per l´economia italiana e rischio di aggravare la recessione.  
   
 

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