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Notiziario Marketpress di Martedì 08 Maggio 2012
 
   
  PARI OPPORTUNITÀ, LIGURIA: CENTOTRENTAMILA EURO AI CENTRI ANTI-VIOLENZA. SERVE NON SMANTELLARE LA RETE DEI SERVIZI

 
   
  Genova, 8 Maggio 2012 - “In un momento come questo in cui assistiamo ad una recrudescenza di abusi e violenze nei confronti delle donne serve garantire il funzionamento dei quattro centri anti-violenza presenti nelle province liguri attraverso lo stanziamento nel bilancio regionale di 130.000 euro”. Lo ha comunicato l’assessore regionale alle politiche sociali e pari opportunità Lorena Rambaudi il 4 maggio in Giunta ribadendo l’importanza di continuare ad avere “una rete di centri di ascolto e primo contatto che si aggiungono ai servizi pubblici”. “Le risorse stanziate oggi dalla Giunta regionale – ha spiegato Rambaudi – sono solo una piccola parte di quelle che servono per dare linfa al sistema integrato di tutte le strutture che a livello regionale hanno il compito di sostenere ed accogliere le donne e i minori che subiscono violenze. Ma anche se limitate crediamo possano fare la differenza ed evitare lo smantellamento del sistema”. Nati nel 2007 su input della legge regionale contro la violenza sulle donne i centri anti-violenza in Liguria hanno rappresentato in questi anni un servizio di ascolto e di sostegno per le donne vittime di abusi e un’opportunità per dare il via a campagne di sensibilizzazione a cominciare dai percorsi educativi già nelle scuole. Sono 4 i centri anti-violenza in Liguria, uno per provincia a cui si aggiungono 3 centri di ascolto, 14 strutture di secondo livello che ospitano le donne vittime di violenza per aiutarle nei percorsi di autonomia e cinque case rifugio. Complessivamente le donne in carico ai centri sono 344 di cui 239 a Genova, 12 a Imperia, 20 alla Spezia e 73 a Savona. La maggior parte delle donne prese in carico dai 4 centri anti-violenza (111) ha un diploma di scuola media superiore, 91 di scuole media inferiore, seguite da 19 donne laureate, 9 con la scuola elementare, 1 analfabeta e 112 non classificate. Tra le donne che si sono rivolte ai centri anti-violenza 131 sono risultate in coppia con figli, 58 sole con figli, 44, sole senza figli, 41 in coppia senza figli, 31 ancora presso la famiglia di origine, 5 conviventi con altri nuclei familiari e 34 non classificate. Per quanto riguarda la situazione economica 118 donne sono risultate autonome e in equilibrio finanziario, 88 aiutate da parenti, 65 in condizioni disagiate e senza aiuti e 73 non classificate. Il 74,71% delle donne accolte non ha indicato alcuna problematica personale e il 25,29% ha invece indicato una o più problematiche tra disagio psicologico, disturbi mentali, alcolismo, tossicodipendenza, maltrattamenti nella famiglia di origine. La maggior parte delle donne che si rivolgono ai centri anti-violenza ha tra i 31 e i 40 anni (81), seguite dalla fascia di età tra i 41 e i 50 (70), da quella dai 51 ai 60 (55) e dai 21 ai 30 (45). La maggior parte delle donne che si rivolgono ai centri sono italiane (221), seguite da ecuadoriane (29), marocchine (15). “Nonostante il lavoro svolto dai centri in questi anni – conclude Rambaudi - nella nostra regione assistiamo a casi di violenza estrema che non colpisce solo donne prive di un titolo di studio o in condizioni di forte povertà. Il fenomeno della violenza colpisce tutte le donne e risulta sempre più ripetuto e perpetrato soprattutto da persone conosciute. Contro questa deriva bisogna ripartire dall’educazione e sensibilizzare anche le ragazze più giovani rispetto ad alcuni segnali da cui si può capire il partner potenzialmente violento”.  
   
 

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