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Notiziario Marketpress di Giovedì 08 Febbraio 2007
 
   
  RADIO 1 RAI: ROBERTO CAVALLI AL COMUNICATTIVO DI IGOR RIGHETTI “FAREI INDOSSARE INTIMO PITONATO A BERLUSCONI PERCHÉ È UN UOMO IRONICO” “SONO DIVENTATO STILISTA PER CONOSCERE LE BELLE RAGAZZE”

 
   
   Venerdì 2 febbraio su Radio 1 lo stilista Roberto Cavalli è stato l’ospite del “Confessionale del Comunicattivo”, programma dei linguaggi della comunicazione ideato e condotto da Igor Righetti. Ecco un estratto dell´intervista. Da bambino che cosa sognavi di fare da grande? Non ho mai avuto un sogno da bambino. Sono entrato nella moda per puro caso, non l’avrei mai pensato anche perché ero negato da un punto di vista scolastico. Non era neanche nei miei pensieri. Mi ricordo che mia madre piangeva tanto per me e credo che questa sua disperazione mi entrasse da una parte e mi uscisse dall’altra. Poi mi è rimasta nel tempo perché tutto ciò che si crede di trascurare rimane dentro di noi e oggi effettivamente in tante occasioni vorrei che ci fosse ancora mia mamma per farle vedere che forse sono stato all’altezza della situazione. Hai frequentato l’accademia d’arte perchè volevi seguire le orme di tuo nonno, un pittore macchiaiolo? No, assolutamente no. Mio nonno era pittore macchiaiolo principalmente ritrattista. È morto quando avevo undici anni, l’ho vissuto poco, molto poco, l’ho seguito, sapevo che cosa faceva, passava da una famiglia nobile italiana all’altra a fare le famose “gallerie di famiglia”. Mia madre ha tentato di farmi frequentare tantissime scuole. Da ultimo mi ha detto “vai a lavorare, trovati un lavoro tanto non farai mai niente”. Effettivamente stare a scuola quando non hai voglia di fare niente è meraviglioso. Allora dissi: “La scuola la scelgo da me, mamma” e scelsi la scuola d’arte di Firenze che, sinceramente, era una grande scuola allora. Ho avuto dei compagni di classe che sono diventati famosi come Gabriella Pescucci, premio Nobel per il costumismo e il grande fotografo Aldo Fallai. Quella scuola era fatta per il mio piede come si suol dire. E da lì ho cominciato. Forse perché iniziavo a maturare e perché trovai una ragazzina alla quale cominciai a volere bene. Capii che forse passare da una sala di biliardi a un’altra era tempo perso. Anche perché i genitori di lei non mi volevano, anzi avevano proprio un accanimento incredibile nei miei confronti. Forse questa fu una forma di orgoglio per cercare di dimostrare che in fondo in fondo valevo qualcosa. E lì poi un colpo di fortuna: ho cominciato a conoscere le persone giuste, a disegnare e dipingere t-shirt per gli amici. E da una bella t-shirt dipinta è nato il mio ingresso nel mondo della moda. Quindi da una t-shirt è cominciata l’avventura della Maison Cavalli… Non ho fatto scuole di moda, non sono il classico designer. A volte ho tanta voglia di scrivere un libro rivolto ai giovani per dire loro “credete in voi stessi, credete in qualcosa, però metteteci tanta volontà”. Naturalmente credo di aver perso un po’ di gioventù perché a un certo punto ho cominciato a lavorare venti ore al giorno, avevo vent’anni, non potevo passare le notti in discoteca. Ero un grandissimo appassionato di musica, suonavo la batteria con gli amici, ma le mie ore di lavoro erano venti perché volevo arrivare. E volere, volere, volere… Se volete arrivare ci sono tanti sacrifici. Che cosa ti emoziona? Emozioni ne provo tante. Quando vedo e ammiro qualcuno provo un’emozione e anche un po’ di gelosia. Quando vedo un film bellissimo, di quelli giusti, di una volta, no questi Jurassic park che purtroppo sono sempre nelle nostre sale. Per me sono tutti Jurassic park, film grandiosi, costati miliardi che non valgono niente. Invece quei meravigliosi film artistici, in quel momento provo delle emozioni, provo invidia per il regista che li ha partoriti. Quelle sono le grandi emozioni. E passo le settimane, i week end a New York, perché vivo molto a New York, nelle gallerie d’arte. Provo emozioni anche quando trovo una meravigliosa ragazza che mi fa battere il cuore. Provo emozione quando riesco ad andare con la mia macchinona da corsa veramente forte, anzi provo quasi paura in quei momenti per cui la paura ti dà un’emozione. La stessa paura ed emozione la provo ogni tanto guidando il mio elicottero. I miei sogni oggi non sono nel lavoro, sono sempre in quelle grandissime forme di libertà. Il mio sogno sarebbe avere la possibilità e la forza di fare con una barchettina di dieci metri a vela la traversata dell’Atlantico. Sogno ancora queste cose però ormai non ho più il tempo né l’età. Che cosa ti fa irritare? Gli ignoranti che non capiscono niente, che sono dei maleducati, ma non maleducati che non hanno avuto l’educazione, quelli che hanno avuto tanta educazione e riescono a superare il massimo della maleducazione. Quelli che si danno arie e non valgono niente. Mi fa irritare la televisione italiana che è fatta di artisti che non valgono niente e che sono diventati tali solo per una forma estetica. Sono un esteta e amo le persone belle, però l’estetica deve avere un’importanza anche relativa. Detesti il verbo “vendere, forse per non mortificare la tua creatività. Ma allora, come fai a trovare un equilibrio tra la tua vena artistica e le esigenze di mercato? Per carità, insegno ai miei figli tre parole: lavorare, guadagnare e spendere. È un trittico sulla quale ci sono tutte e tre, una delle tre non la puoi togliere, devono marciare sempre insieme. Per cui adoro spendere, mi piace lavorare e naturalmente guadagnare è il risultato di quello che stai facendo, è giusto tutto. Il mercato fa parte del nostro mondo, anzi. Sono bravo anche in questo: ho inventato quasi una nuova forma di comunicazione nella moda, bisogna sapere anche vendere noi stessi. Sono diventato bravissimo, mi piace partecipare al mondo delle celebrità. E quelle sono altre emozioni. Per esempio, non avrei mai pensato qualche anno fa di conoscere tutte le persone che ho conosciuto, di poter essere così ammirato da tante persone importanti, famose, ma quel famoso giusto non quel famoso di chi lo diventa senza valere niente. Sei stato uno dei primi stilisti a creare collezioni innovative con l’utilizzo del patchwork e di stampe originali. Quali strategie hai elaborato per imporre questa esplosione di creatività sul mercato maschile dominato da uomini che non amano azzardare? Questa è stata un’esigenza. Mi ricordo che i primi anni che facevo moda non vendevo, non riuscivo a vendere. Ero ammirato molto dalla stampa, ma non a livello di vendita. Anzi allora avevo una stamperia tessile per le famose magliette. Poi passai alla moda perché ebbi un’idea sulla pelle stampata e dissi: “Voglio cominciare a fare lo stilista”. Forse per avere più chance di conoscere belle ragazze, modelle. Credo di essere l’unico al mondo che è diventato stilista per questo. Di solito si diventa fotografi, si mettono agenzie di modelle e io ho deciso di fare lo stilista. A quel punto quando mi trovai tanto tessuto e tanta pelle in casa che non riuscivo a utilizzare mi venne in mente di metterli assieme. Fu lì l’inizio del mio successo. Sei uno dei pochi stilisti eterosessuali. Le tendenze sessuali influenzano la creatività? È una domanda alla quale non so rispondere perché non conosco assolutamente l’altra parte. Per me persone normalissime. Perché tutte le persone che lavorano con me effettivamente non sono come me. Mi piace creare e adoro le belle donne e le prime volte che creavo un abito fantastico, sensuale, effettivamente lo creavo pensando a una moglie, anche a mia moglie dopo, a una donna come avrebbe dovuto essere accanto a me. Questo mi ha aiutato spesso. Non riuscirei a creare se non amassi la donna questo è vero, lo dico e lo penso. Infatti molto spesso i creatori miei colleghi sono più freddi di me nelle loro creazioni, forse non ci mettono quel pizzico di amore che ci metto io nell’illusione di poter avere quella fanciulla con me. Tra i personaggi della politica chi ti piacerebbe vestire? Non saprei. Se mi chiedessi chi mi piace, come si veste, che ha una sua personalità ti potrei dire Bertinotti. Chi meno? Tanti, oserei dire Berlusconi con quel doppiopetto ridicolo e quelle cravatte blu e rosse. Mi piacerebbe vestire lui, gli darei una personalità molto più divertente e allegra come è il suo carattere perché è un uomo di un’allegria straordinaria, di una simpatia unica. Credo che riuscirei a vestirlo in maniera più consona al suo carattere. Useresti anche il pitonato? No, assolutamente no. Forse per l’intimo sì, credo che potrebbe essere divertente. Nelle tue collezioni spiccano le stampe leopardate, zebrate e pitonate. Qual è il tuo rapporto con gli animali? E’ stupendo. Ho tre gattini, uno è nato da poco, dorme accanto a me, per me è come un mio bambino. Sarà terribile il giorno che al mio gattino dovrò dirgli che è un gatto, lui crede di essere umano perché lo tratto come un umano. Quando scoprirà di essere un gatto non ci crederà. Amo tantissimo i pappagalli, ne ho due da oltre trentacinque anni. Amano solo me, parlo con loro ed è stupendo. Ho un’iguana, una scimmietta di quindici centimetri che mi ha regalato Ambra Orfei e tutte le volte le dico “Ambra mi devi regalare anche la femmina perché questo maschietto sta dalla mattina alla sera a farsi”. Si chiama Gino. Sono conosciuto anche nel campo dell’ippica perché ho diversi cavalli. La mia è la famosa “Scuderia degli dei” capitanata e diretta da mio figlio Tommaso. Lui è stato anche un guidatore di trotto. Adoravo andare a cavallo, ero un piccolo cowboy con il mio cane lupo che mi seguiva in tutte le campagne toscane. Poi amo la bellezza e le belle donne. Magari fossi un po’ meno etero! Sono nella moda dal ’69: da allora a oggi dentro questa massoneria ne sono entrati e usciti tanti. Perché massoneria? Perché la moda è la massoneria, faccio di tutto per restarne fuori con la mia moda. Questo è quello che penso di questo pianeta, io lo chiamo pianeta, ma è un baraccone. Progetti? Tantissimi, mi avvicino molto al discorso alberghiero, mi piacerebbe molto dare il mio nome a un life style alberghiero. .  
   
 

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