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Notiziario Marketpress di
Lunedì 11 Giugno 2012 |
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GIUSTIZIA EUROPEA: LA CORTE CONFERMA L’ANNULLAMENTO, GIÀ DISPOSTO DAL TRIBUNALE, DELLA DECISIONE DELLA COMMISSIONE CON CUI UNA MISURA FISCALE, ADOTTATA DALLA FRANCIA A FAVORE DELL’EDF, È STATA DICHIARATA COSTITUTIVA DI UN AIUTO DI STATO
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La Commissione è incorsa in un errore di diritto per aver rifiutato, in considerazione della natura fiscale della misura, di esaminare se lo Stato francese si fosse comportato come un investitore privato. L’électricité de France (Edf) produce, trasporta e distribuisce elettricità, in particolare sul territorio francese. All’epoca dei fatti, essa era un’impresa pubblica interamente detenuta dallo Stato francese. Nell’ambito dell’apertura del mercato interno dell’energia elettrica, lo Stato francese ha modificato, nel 1997, la propria normativa al fine di chiarire lo status patrimoniale dell’impresa, di ristrutturare il bilancio contabile dell’Edf e di aumentarne il capitale. Il 16 dicembre 2003 la Commissione ha adottato una decisione con cui ha accertato che lo Stato francese aveva rinunciato, nell’ambito della menzionata operazione di ristrutturazione del bilancio e di aumento del capitale dell’Edf, ad un credito fiscale valutato in Eur 888,89 milioni, corrispondente all’imposta sulle società dovuta dall’Edf. La Commissione ha ritenuto che tale rinuncia avesse prodotto l’effetto di rafforzare la posizione concorrenziale dell’Edf nei confronti dei suoi concorrenti e che essa costituisse un aiuto di Stato incompatibile con il mercato comune. Ha quindi determinato l’importo totale dell’aiuto da restituire da parte dell’Edf in Eur 1,217 miliardi, interessi inclusi. L’edf ha rimborsato tale somma allo Stato francese. L’edf, sostenuta dalla Francia, ha quindi chiesto al Tribunale l´annullamento parziale di detta decisione. Con sentenza del 15 dicembre 2009, il Tribunale ne ha effettivamente disposto l’annullamento, ritenendo che la Commissione avesse illegittimamente rifiutato, in considerazione della natura fiscale della misura adottata, di esaminare se lo Stato francese si fosse comportato come un «investitore privato operante in economia di mercato». Il criterio dell’investitore privato è volto ad accertare se la partecipazione o l’intervento pubblico nel capitale dell’impresa beneficiaria persegua un interesse economico che possa essere parimenti perseguito da un investitore privato e sia dunque effettuato dallo Stato quale operatore economico, al pari di un operatore privato. La Commissione ha quindi impugnato tale sentenza dinanzi alla Corte di giustizia al fine di ottenerne l’annullamento. A suo parere, la natura fiscale della misura si oppone all’applicabilità del criterio dell’investitore privato, considerato che una misura di tal genere non è alla portata di un investitore privato. Inoltre, essendo la nozione di aiuto oggettiva, il Tribunale avrebbe erroneamente preso in considerazione gli obiettivi perseguiti dallo Stato francese. Con la sentenza odierna, la Corte respinge l’impugnazione della Commissione rilevando che la sentenza del Tribunale non è viziata da alcun errore di diritto. La Corte esamina la questione se uno Stato membro, che sia creditore fiscale di un’impresa pubblica e, al tempo stesso, suo unico azionista, possa invocare l’applicazione del criterio dell’investitore privato qualora proceda ad un aumento di capitale di detta impresa, rinunciando al credito fiscale, ovvero se occorra discostarsi da tale criterio, come ha fatto la Commissione nella specie, in considerazione della natura fiscale del credito nonché del fatto che lo Stato, rinunciando al credito, fa uso delle proprie prerogative di autorità pubblica. La Corte ricorda che il diritto dell’Unione in materia di aiuti di Stato non opera distinzioni a seconda dei motivi o degli obiettivi degli interventi statali, definendoli in funzione dei loro effetti. Il diritto dell’Unione mira, infatti, ad evitare che aiuti concessi sotto qualsivoglia forma, per mezzo di risorse statali, falsino, in funzione dei loro effetti, la concorrenza, consentendo in particolare all’impresa pubblica beneficiaria di disporre di una situazione finanziaria più favorevole rispetto a quella dei suoi concorrenti. Conseguentemente, la Corte ha parimenti affermato che i requisiti insiti nella nozione di aiuto di Stato non ricorrono qualora l’impresa pubblica beneficiaria potesse ottenere lo stesso vantaggio concessole per mezzo di risorse statali in circostanze corrispondenti alle normali condizioni di mercato. Al fine di valutare se lo stesso vantaggio sarebbe stato concesso, in normali condizioni di mercato, da un investitore privato che si trovasse nella situazione più simile possibile a quella dello Stato, la Corte ha avuto modo di precisare che devono essere presi in considerazione unicamente i benefici e gli obblighi connessi alla posizione dello Stato in qualità di azionista, ad esclusione di quelli connessi alla sua qualità di potere pubblico. La Corte rileva, pertanto, che i ruoli dello Stato, da un lato, nella sua veste di azionista di un’impresa e dall’altro, nella sua funzione di potere pubblico, devono essere distinti e che l’applicabilità del criterio dell’investitore privato dipende, in definitiva, dal fatto che lo Stato conceda nella sua qualità di azionista e non nella sua qualità di potere pubblico, un vantaggio economico ad un’impresa ad esso appartenente. Inoltre, la Corte sottolinea che la situazione finanziaria dell’impresa pubblica beneficiaria dipende non dalla forma della messa a disposizione di tale vantaggio, quale che ne sia la natura, bensì dall’entità dell’aiuto di cui essa beneficia in definitiva. Pertanto il Tribunale, ritenendo che il criterio dell’investitore privato possa risultare applicabile anche nel caso in cui siano stati impiegati mezzi di natura fiscale, non è incorso in errori di diritto. La Corte precisa tuttavia che, qualora uno Stato membro invochi l’applicabilità del criterio dell’investitore privato, incombe al medesimo dimostrare, inequivocabilmente e sulla base di elementi oggettivi e verificabili, di aver posto in essere la misura nella sua qualità di azionista. In particolare, tali elementi devono far chiaramente apparire che lo Stato membro interessato ha preso, preliminarmente o simultaneamente alla concessione del beneficio economico, la decisione di procedere, con la misura effettivamente posta in essere, ad un investimento nell’impresa pubblica controllata. Qualora lo Stato membro interessato produca tali elementi, spetta alla Commissione procedere ad una valutazione globale, tenendo conto di tutti gli elementi che le consentano di accertare se la misura sia riconducibile alla qualità di azionista o a quella di potere pubblico dello Stato membro medesimo. Conseguentemente, correttamente il Tribunale ha ritenuto che l’obiettivo perseguito dallo Stato francese potesse essere preso in considerazione al fine di accertare se lo Stato stesso avesse agito in qualità di azionista. (Corte di giustizia dell’Unione europea, Lussemburgo, 5 giugno 2012, Sentenza nella causa C-124/10 Commissione / Électricité de France (Edf) |
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