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Notiziario Marketpress di Lunedì 18 Giugno 2012
 
   
  GIUSTIZIA EUROPEA: IL GIUDICE NAZIONALE NON PUÒ RIFORMULARE IL CONTENUTO DI UNA CLAUSOLA ABUSIVA INSERITA IN UN CONTRATTO STIPULATO TRA UN PROFESSIONISTA ED UN CONSUMATORE. QUALORA NE ACCERTI L’ESISTENZA, EGLI È SEMPLICEMENTE TENUTO AD ESCLUDERNE L’APPLICAZIONE

 
   
  In Spagna, le autorità giurisdizionali possono essere investite di domande dirette ad ottenere l’ingiunzione di pagamento di un debito pecuniario, scaduto, esigibile e non superiore ad Eur 30 000, purché l’ammontare di tale debito venga debitamente provato. Se una domanda è introdotta conformemente a tali requisiti, il debitore deve pagare il suo debito o può opporsi al pagamento entro un termine di 20 giorni ed attendere che la causa sia giudicata nel contesto di un procedimento civile ordinario. Nondimeno, la legislazione spagnola non autorizza i giudici investiti di una domanda d’ingiunzione di pagamento a dichiarare, d’ufficio, la nullità delle clausole abusive inserite in un contratto stipulato tra un professionista ed un consumatore. Pertanto, l’accertamento del carattere abusivo delle clausole di un simile contratto è ammesso soltanto nel caso di opposizione al pagamento proposta dal consumatore. Inoltre, quando un giudice spagnolo è autorizzato a dichiarare la nullità di una clausola abusiva inserita in un contratto stipulato con un consumatore, la normativa nazionale gli consente di integrare il contratto rivedendo il contenuto della clausola, in modo tale da eliminare il suo carattere abusivo. Nel maggio 2007, il sig. Calderón Camino stipulava un contratto di mutuo per un ammontare di Eur 30 000 con la banca spagnola Banesto per l’acquisto di un autoveicolo. Il tasso di interesse era fissato al 7,950%, il Taeg (tasso annuo effettivo globale) all’8,890% e il tasso degli interessi moratori al 29%. Sebbene la scadenza del contratto fosse stata fissata al 5 giugno 2014, la Banesto riteneva che quest’ultimo avesse avuto termine precedentemente, dal momento che, al mese di settembre 2008, i pagamenti corrispondenti a sette mensilità non erano ancora stati effettuati. Pertanto, l’8 gennaio 2009 la banca introduceva dinanzi al Juzgado de Primera Instancia n. 2 de Sabadell (Spagna) una domanda d’ingiunzione di pagamento della somma di Eur 29 381,95, pari alle mensilità rimaste insolute, maggiorate degli interessi convenzionali e delle spese. Tale giudice emetteva un’ordinanza con la quale dichiarava d’ufficio la nullità della clausola sugli interessi moratori, in quanto abusiva. Esso abbassava inoltre il tasso degli interessi moratori dal 29% al 19% ed ordinava alla Banesto di effettuare un nuovo calcolo dell’ammontare degli interessi. L’audiencia Provincial de Barcelona (Spagna), adìta nell’ambito dell’appello proposto avverso tale ordinanza, chiede alla Corte di giustizia, da un lato, se la direttiva sulle clausole abusive osti ad una normativa di uno Stato membro, quale quella del procedimento principale, che non consente al giudice investito di una domanda d’ingiunzione di pagamento di esaminare d’ufficio la natura abusiva di una clausola inserita in un contratto stipulato con un consumatore. Dall’altro, il giudice spagnolo intenderebbe accertare se la normativa spagnola che consente ai giudici non solo di disapplicare, ma altresì di rivedere il contenuto delle clausole abusive sia compatibile con la direttiva. Nella sentenza odierna, in primo luogo, la Corte dichiara che il giudice nazionale è tenuto ad esaminare d’ufficio la natura abusiva di una clausola contrattuale di un contratto stipulato con un consumatore, a partire dal momento in cui dispone degli elementi di diritto e di fatto necessari. Orbene, la Corte rileva che la normativa spagnola non consente al giudice investito di una domanda d’ingiunzione di pagamento di esaminare d’ufficio – anche allorché disponga già di tutti gli elementi di diritto e di fatto necessari a tal fine – la natura abusiva delle clausole inserite in un contratto stipulato tra un professionista e un consumatore. In tali circostanze, la Corte ritiene che un simile regime procedurale possa compromettere l’effettività della tutela che la direttiva sulle clausole abusive ha inteso conferire ai consumatori. Infatti, tenuto conto dello svolgimento complessivo e delle peculiarità del procedimento d’ingiunzione di pagamento, sussiste un rischio non trascurabile che i consumatori interessati non propongano l’opposizione richiesta per dichiarare la nullità di una clausola abusiva. Invero, taluni fattori potrebbero scoraggiare i consumatori dal proporre opposizione (il termine particolarmente breve previsto per tale opposizione, le spese connesse ad un’azione giudiziaria rispetto all’importo del debito contestato, la mancata conoscenza dei loro diritti, l’incompletezza delle informazioni delle quali dispongono in ragione del contenuto succinto della domanda d’ingiunzione introdotta dai professionisti). Pertanto, sarebbe sufficiente che i professionisti avviassero un procedimento d’ingiunzione di pagamento invece di un procedimento civile ordinario per privare i consumatori della tutela perseguita dalla direttiva. In tali condizioni, la Corte conclude che la normativa processuale spagnola non è conforme alla direttiva, in quanto rende impossibile o eccessivamente difficile, nei procedimenti instaurati dai professionisti avverso i consumatori, l’applicazione della tutela che la direttiva intende conferire a questi ultimi. Ciò precisato, in secondo luogo, la Corte rammenta che, secondo la direttiva, una clausola abusiva inserita in un contratto stipulato tra un professionista ed un consumatore non vincola quest’ultimo e che il contratto contenente una clausola siffatta resta vincolante per le parti secondo i medesimi termini, qualora esso possa sussistere senza la clausola abusiva. Di conseguenza, la Corte dichiara che la direttiva osta alla normativa spagnola, laddove quest’ultima consente al giudice nazionale, qualora accerti la nullità di una clausola abusiva, di rivedere il contenuto di tale clausola. La Corte ritiene che il riconoscimento di una facoltà siffatta al giudice nazionale potrebbe eliminare l’effetto dissuasivo esercitato sui professionisti dalla pura e semplice non applicazione nei confronti dei consumatori delle clausole abusive. Ne consegue che tale facoltà conferirebbe ai consumatori una tutela meno efficace di quella risultante dalla non applicazione di tali clausole. Infatti, se il giudice nazionale potesse rivedere il contenuto delle clausole abusive, i professionisti rimarrebbero tentati di utilizzare tali clausole, consapevoli che, quand’anche esse fossero invalidate, il contratto potrebbe nondimeno essere integrato dal giudice, in modo tale da garantire così i loro interessi. Di conseguenza, qualora accertino l’esistenza di una clausola abusiva, i giudici nazionali sono tenuti unicamente ad escluderne l’applicazione affinché non produca effetti vincolanti nei confronti del consumatore, senza essere autorizzati a rivedere il contenuto della medesima. Infatti, il contratto in cui s’inserisce la clausola deve sussistere, in linea di principio, senz’altra modifica che non sia quella risultante dalla soppressione delle clausole abusive, purché, conformemente alle norme di diritto interno, una simile sopravvivenza del contratto sia giuridicamente possibile. (Corte di giustizia dell’Unione europea, Lussemburgo, 14 giugno 2012, Sentenza nella causa C‑618/10 Banco Español de Crédito Sa / Joaquín Calderón Camino)  
   
 

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